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Il cambiamento climatico tra sublime e antropocene. Julian Charrière al LAC

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
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Dal 27 ottobre 2019 al 15 marzo 2020, il LAC-Lugano Arte e Cultura ospiterà l’ultima tappa della programmazione del MASI-Museo d’Arte della Svizzera Italiana: Towards No Earthly Pole, la personale di Julian Charrière (Morges, 1987). Il progetto dell’artista svizzero, a cura di Francesca Benini, ristabilisce, oltre il senso romantico, il rapporto tra uomo e ambiente.

“The ice was here, the ice was there,
The ice was all around:
It cracked and growled, and roared and howled,
Like noises in a swound”!

Così Samuel Taylor Coleridge (1772-1834) evocava le pareti senza fine del ghiaccio antartico in una ballata tanto popolare da diventare uno dei manifesti del romanticismo inglese: The Rime of Ancient Mariner (1798). La corsa alla conquista delle delle regioni polari tra il IXX e il XX secolo proiettava nell’immaginario collettivo l’esistenza di luoghi fantasmagorici e terribilmente pericolosi, narrazioni che contribuivano a giustificare il potere colonialista. Dello stesso periodo risalgono anche gli scatti pionieristici di Frank Hurley (1885-1962) Herbert Ponting (1970-1935), che rafforzavano il valore scientifico delle imprese e alimentavano lo status di “eroe” attribuito ai missionari dei governi occidentali. Proprio a metà tra l’artista e il ricercatore scientifico, si colloca il ruolo che Julian Charrière ha ricoperto per realizzare il progetto Towards No Earthly Pole. Questa volta, però, il “missionario” si spoglia delle vesti di conquistatore e, famelico di verità, denuncia il cambiamento climatico del paesaggio polare, evidenziando le tracce storiche del relativo sfruttamento territoriale.

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

Il progetto Towards No Earthly Pole nasce nel 2017 quando Charrière, invitato su una nave di ricercatori russi per la prima Biennale Antartica, percorre il canale di Drake, tra capo Horn e le isole Shetland Meridionali. Da un lato la ricerca scientifica tramite librerie, archivi e documentari, dall’altro l’impatto diretto sui ghiacciai svizzeri del Rodano e dell’Aletsch, sul Monte Bianco, in Islanda e in Groenlandia. L’inaccessibilità dei luoghi ha spinto l’artista a lavorare con una équipe scientifica, confrontandosi quotidianamente con i “limiti glaciali”, fino a inventare strumenti su misura, cinematografici e non, per le sue missioni. Nel paesaggio filmato da Charrière sembra riecheggiare la sensazione Romantica di Sublime, come se la natura, ferita da sfruttamento e interventi militari, volesse ribadire la sua grandezza. Per questo la mostra si apre, nei sotterranei dell’istituzione svizzera, con una video-installazione che vede una fontana di Lugano ardere incessantemente (And Beneath it All, Flows Liquid Fire, 2017). L’acqua è sostituita dalle fiamme, che aprono immediatamente un’immaginario infernale di distruzione, lo stesso da cui il vecchio marinaio della ballata inglese fu allucinato dopo aver ucciso l’Albatro.

“About, About, in reel and rout
The death-fires danced at night;
The water, like a witch’s oils,
Burnt green, and blue, and white”.

È l’elemento naturale che si trasforma, vendicativo, per protestare contro i supplizi inflitti dalla società umana.

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

Nella seconda sala le colpe storiche e politiche si svelano allo spettatore e l’artista posiziona a terra noci di cocco radioattive recuperate nell’isola Bikini, rivestite in piombo per sottolinearne la potenzialità distruttiva. Si tratta del lascito degli esperimenti nucleari intrapresi settant’anni fa dal governo americano nell’Atollo del Pacifico, uno dei simboli dello sfruttamento di risorse naturali in chiave di supremazia economica. Le noci di piombo affiancano un enorme cannone rivestito di corda e una sorta di panno biancastro, che viene impiegato nel settore ambientale per la preservazione dei ghiacciai. Ma nell’installazione il tessuto perde ogni sua intenzione salvifica e nasconde una storica arma da fuoco, nonché citazione del libro Il mondo sottosopra (1889). Nel romanzo gli eroi si propongono di raddrizzare l’asse terrestre tramite una grande esplosione, sciogliendo i ghiacciai polari al fine di sfruttarne i giacimenti minerari sottostanti.

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

La terza sala è completamente immersiva: Charrière trasforma lo spazio espositivo in uno scenario cosmico che avvolge quasi tutti i cinque sensi. Lo strato di bitume e ghiaia che ricopre il pavimento scricchiola al passaggio dello spettatore, rilasciando un odore acre e persistente, come la denuncia che porta con sé. Proveniente dalla raffinazione del greggio, il bitume artificiale rimanda alla presenza di numerosi giacimenti di petrolio sotto all’isola Artica, che da anni animano gli appetiti delle super potenze planetarie. Oltre a celare riserve petrolifere e auree, i ghiacciai sono in grado di smuovere sassi molto pesanti depositandoli a grandi distanze dal luogo d’origine. Questi massi sono detti “erratici” perché in seguito al ritiro del ghiacciaio giacciono in posizioni insolite nel mezzo di valli e pianure. L’artista li ha raccolti, forati ed esposti al di sopra di alcuni carotaggi, che rimandano ancora una volta a processi di estrazione e sfruttamento del suolo. Queste sculture grigiastre, illuminate da faretti nel buio, accecano lo spettatore e l’impressione è quella di esplorare le carcasse di un pianeta anomalo.

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

L’installazione video, dall’omonimo titolo della mostra, riesce a essere comunque l’opera più monumentale, sia per la grandezza, sia per l’impatto. Per la prima volta il paesaggio artico che la memoria collettiva ha registrato alla luce del giorno, viene capovolto e si presenta nella veste notturna. Pareti di ghiaccio più alte di grattaceli scorrono orizzontalmente sui tre schermi, alternandosi ad alcune inquadrature aeree, e altre realizzate con l’ausilio di droni. Misteriose presenze umane riaffiorano saltuariamente e rendono ancora più difficile afferrare la situazione nel suo insieme. Il suono, registrato sul luogo e post-prodotto, conferisce all’ambiente vita propria.

Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video
Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

La mancanza di luce e l’orizzontalità delle riprese sacrificano la scientificità dell’immagine chiara e limpida, per restituire una visione inedita, poetica e spaventosa del cambiamento climatico. Qual è, dunque, la posizione dell’artista davanti a tali problemi globali?

 

Scheda Tecnica

Towards No Earthly Pole

Julian Charrière

27 ottobre-15 marzo 2019

LAC Museum, Lugano

http://www.masilugano.ch/it/809/juliancharriere

*Julian Charrière, Towards No Earthly Pole, 2019, video

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