Tra i trecentoventisei lotti posti all’incanto da Bertolami Fine Art nell’asta autunnale a Roma dell’8 novembre di fashion & luxury tanta storia della moda e una spruzzata di luxury firmata Hermès (produzione anni ’40/50 e’70) e Louis Vuitton (produzione anni ’20, ’30/40, ’90)
Nel Paese del Made in Italy, che crea moda in una riconosciuta posizione di leadership ma in cui i musei della moda scarseggiano, l’incessante lavoro di ricerca svolto dai responsabili dei dipartimenti di fashion, luxury e arti tessili delle case d’asta Bertolami Fine Art acquista un valore di primaria importanza culturale.
“Quando Giuseppe Bertolami mi ha chiesto di costruire per la sua casa d’aste un dipartimento di vintage e luxury fashion, ho intravisto in quell’incarico la possibilità di offrire un contributo alla valorizzazione della cultura della moda in Italia”
Una dichiarazione, quella del capodipartimento Ilaria De Santis, che centra il nocciolo di un’annosa questione: nella nazione della moda stenta ad affermarsi una forte cultura della moda. Per questo si deve guardare con interesse a cataloghi d’asta in cui griffe di grande notorietà e forte appeal commerciale sono affiancate ad altre dimenticate dal grande pubblico ma che sono tasselli importanti della storia della moda.
“Non troverete pezzi clamorosi in ogni asta, ma scoperte e riscoperte di rilievo sì, quelle non mancano mai. Ogni catalogo è una piccola antologia di storia della moda del’900 da compulsare con attenzione, nella certezza di imparare molto e reperire capi di valore sia per un collezionista che per una signora raffinata, interessata a indossare abiti e accessori unici, di qualità ineguagliabile e acquisibili a prezzi assolutamente competitivi”.
L’affermazione di Ilaria De Santis è confermata dal seguito conquistato dalle sue aste presso un pubblico straniero costituito da collezionisti, musei, fondazioni e noti commercianti di vintage fashion, una clientela altamente qualificata che, questa è la notizia, non cerca più solo le leggendarie firme francesi, ma guarda alla storia della moda italiana come a un nuovo prezioso bacino di acquisto ancora largamente inesplorato.
IL CATALOGO:
ABITI, ACCESSORI E BIJOUX DAL XVIII AL XXI SECOLO
EDWARD MOLYNEUX: SOFISTICATI ANNI ‘30
“Negli anni ’20-’30, Edward Molineux era lo stilista al quale una donna alla moda avrebbe dovuto rivolgersi per essere perfetta senza mai risultare prevedibile” (Caroline Milbank in Couture. The Great Designers – 1985)
Jean Dessès, Christian Dior, Pierre Balmain, Fernanda Gattinoni: nei suoi atelier Edward Molineux ha formato i maestri dell’alta moda della seconda metà del ‘900. I ragazzi che nel periodo tra le due guerre aspiravano a imparare il mestiere della moda sognavano di svolgere il loro apprendistato presso di lui, lo stilista dal gusto sofisticato e la tecnica impeccabile, espressione di un mondo tanto raffinato ed elitario, quanto fragile, troppo fragile per poter sopravvivere alla violenza del secondo conflitto mondiale. “Never too thin or too rich”, la lapidaria battuta di Coco Chanel descrive in modo perfetto la cliente ideale di Molyneux: una donna alta e snella, con lunghe gambe sottili e una classe innata. Tra le muse che conobbero il privilegio di essere vestite dal più snob dei couturier si ricordano i nomi di stelle dello spettacolo come Mistinguett, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Vivien Leigh e Gertrude Lawrence, la musa di Gershwin, Cole Porter e Noël Coward.
Nel suo stile essenziale, nemico di ogni decorazione superflua anche i due capi da gran sera proposti da Bertolami Fine Art: una corta cappa completamente rivestita da paillettes color platino e un elegante, fluido mantello in velluto nero.
VERSO UNA MODA ITALIANA: IL CONTRIBUTO DELLA SARTORIA MONTORSI
Roma, Villa Torlonia 24 aprile 1930
“Edda Mussolini, illuminata dalla sua giovinezza, appariva raggiante nel suo abito di raso candidissimo che le inguainava la svelta figura e che rappresentava un nuovo miracolo di eleganza nell’industria nazionale”(In “La Nazione” – Resoconto delle nozze di Edda Mussolini )
All’indomani delle nozze tra la figlia del Duce e il conte Galeazzo Ciano, il vero protagonista dei resoconti mondani è l’abito indossato dalla sposa, un “miracolo di eleganza” firmato dalla sartoria Montorsi. Va da sé che la viziatissima rampolla dell’uomo più potente d’Italia non avrebbe affidato le sorti del giorno più importante della sua vita a un sarto qualsiasi: in quegli anni, Montorsi è, insieme a Ventura, il nome di punta della moda italiana. Uno di quei nomi da cui inizia Il cammino che porterà, nel dopoguerra, alla creazione di una moda italiana svincolata dall’ossequio ai diktat dell’haute couture parigina. Di Montorsi il catalogo Bertolami Fine Art propone una mantella da sera in velluto di seta nero foderata in chiffon rosa shocking, un pezzo straordinario.
CORBELLA: IL GIOIELLO TEATRALE COME OGGETTO D’ARTE
“Noi Corbella siamo milanesi da dodici generazioni e venivamo da Lomazzo”
Angelo Corbella
Più che un’azienda quella dei Corbella fu una dinastia di artigiani-artisti con una rara e capillare specializzazione nella creazione di gioielli da palcoscenico. Non dozzinale bigiotteria teatrale ma preziose creazioni in metallo e paste vitree indossate dalle star della lirica mondiale.
Fondata a Milano nel 1865, la storica Ditta Corbella non tarda a proclamarsi Prima Fabbrica Italiana di Gioielli e Armi per il Teatro. Un titolo non usurpato visto il prestigioso ruolo di fornitore ufficiale del Teatro alla Scala e i contratti firmati con teatri come la Fenice di Venezia, il Costanzi di Roma e il Colón di Buenos Aires. Ai loro prestigiosi clienti Achille Corbella e i suoi eredi, tutti contraddistinti da nomi che iniziano per A, promettono la perfezione, regalando alla storia dell’alto artigianato italiano un capitolo di squisita raffinatezza ben esemplificato dalla preziosa guarnizione per abito proposta da Bertolami.
EMILIO PUCCI: IL GENIALE MARCHESE SARTO PER CASO
“I visitatori delle Alpi riferiscono che le donne più chic sulle piste da sci sono le italiane. Gli abiti da sci su queste pagine sono disegnati da Emilio Pucci, lui stesso sciatore appassionato e provetto, e sono stati fotografati a Zermatt” (In Harper’s Bazaar del 14 dicembre 1948 – Incipit dell’articolo che consegna al successo internazionale la moda disegnata per le amiche da un dilettante di strepitoso talento, il marchese Emilio Pucci)
Campione di sci, eroe di guerra, imprenditore di successo, politico e, naturalmente, stilista geniale: Emilio Pucci, marchese di Barsento, è una delle più versatili e brillanti figure della storia della moda italiana. Romanzesca la sua vita, a partire dall’episodio che segna l’inizio di un’imprevista quanto spettacolare carriera nel mondo della moda. Nel 1947, a Zermatt, la fotografa di moda Toni Frissel è colpita dall’eleganza di un completo da sci indossato da una turista italiana. Interrogata sulla provenienza dell’innovativa creazione, la signora spiega che è stata disegnata per lei da un amico, il marchese Emilio Pucci. Rientrata negli Stati Uniti, Frissel segnala a Diana Vreeland, onnipotente fashion editor di Harper’s Bazaar, il nome del talentuoso dilettante, un perfetto sconosciuto che il magazine decide di celebrare dedicandogli un servizio di grande risalto. La scoperta di una moda sportiva capace di coniugare raffinatezza e praticità elettrizza i grandi buyers americani: sommerso dagli ordini d’acquisto, Pucci si convince a tentare la strada della produzione di moda. Tra il 1949 e il 1950 apre a Capri La Canzone del Mare, una boutique destinata a suscitare scalpore. Jacqueline Kennedy, Marilyn Monroe, Greta Garbo: per le divine del jet set internazionale lo shopping nel negozio del geniale marchese diventa uno dei rituali d’obbligo della vacanza caprese. Appartengono proprio a quel primo leggendario periodo della parabola creativa di Pucci due pezzi di autentica moda Capri: un paio di pantaloni a sigaretta in cotone e lino e una camicia in raso verde smeraldo della Collezione Pietre preziose.
L’INARRIVABILE BRAVURA DI CRISTOBAL BALENCIAGA
“Con l’apparenza della semplicità, ognuno dei suoi tubini neri è un capolavoro di alta sartoria. A esaminarli con attenzione si scopre la finezza e l’originalità del taglio”
(Il Courrier de la Mode – 1939)
Il grande paradosso della storia della moda del ‘900 è che il sarto definito da Christian Dior “il maestro di tutti noi” non era francese e non era nemmeno nato in una grande stimolante città, Cristobal Balenciaga era il figlio di una sartina della più remota provincia spagnola, un bambino timido in cui albergava il tesoro di un talento fuori dal comune. Divenne uno dei più famosi sarti di Spagna confezionando per le signore dell’aristocrazia madrilena e barcelona perfette riproduzioni di modelli francesi
La Guerra civile spagnola diede una mano alla sua fortuna costringendolo a riparare a Parigi. Aveva oramai quarantadue anni quando, nella capitale della moda mondiale, aprì un atelier che portava il suo nome trovando per la prima volta il coraggio di disegnare abiti originali. Il successo, un successo travolgente, arrivò dopo due anni, nel 1939, quando i grandi buyers americani scoprirono l’inarrivabile bravura dello sconosciuto spagnolo: “Responsabili delle ordinazioni e giornalisti si azzuffano come per una partita di calcio per vedere la collezione del giovane spagnolo che sta rivoluzionando la moda” (Daily Express – 1939).
Nell’asta Bertolami Fine Art due esempi della sua moda del dopoguerra: un cappello pillbox anni ’50 e un completo da giorno in seta dei primi anni ’60.
SARTORIA FANUCCHI: TRA ALTA MODA E GRANDE TRADIZIONE ARTIGIANALE
Il raro corpus di abiti prodotti a Roma all’inizio degli anni ’60 dalla sartoria Fanucchi dice molto del debito contratto dai designers della moda italiana con la straordinaria tradizione artigianale del paese. Nell’immediato dopoguerra, l’Alta Moda Italiana, una novità che entusiasma il mercato americano, è una bambina issata sulle spalle di un gigante: l’antico retaggio di una cultura di alto artigianato. I pizzi e i ricami, i tessuti, le passamanerie, la pelletteria e le calzature: tutto ciò che gli artigiani italiani producono nel settore dell’abbigliamento presenta caratteristiche di qualità ineguagliabile. A quegli artigiani la nascente moda italiana si affida per costruire una propria identità affrancata dal dominio del modello francese.
La fiorentina Anna Maria Fanucchi arriva a Roma negli anni ’30. A Firenze lascia un’attività di produzione di corredi d’arte realizzati con l’impiego dei migliori ricamatori del mondo. Nell’ambiziosa capitale d’Italia, Anna Maria si reinventa sarta di abiti da sposa e da cerimonia per le signore del mondo dell’aristocrazia, della politica e della diplomazia. La sua è una sartoria importante, partecipe, nel dopoguerra, del clima di fermento creativo e volontà di rinascita da cui trae origine il fenomeno internazionale dell’Alta Moda Italiana.
Porta la firma di Anna Maria Fanucchi l’abito del debutto in società di Paola Ruffo di Calabria, futura regina del Belgio, cosi come quello di tante spose e debuttanti appartenenti alle famiglie più in vista della capitale. Tra le sue clienti: Anna Maria Mussolini, Edda Ciano, Carla Gronchi, Ernestina Santacatterina Saragat, mamme e figlie delle famiglie Fanfani e Tanassi.
BFA ASTA 69
FASHION & LUXURY
8 novembre 2019
ore 15,30
Esposizione:
Lunedì 4 novembre 18,30-21,30
Dal 5 al 7 novembre 10,30-14,00 / 15,00-19,00
Palazzo Caetani Lovatelli
Piazza Lovatelli, 1 – Roma
Info:
Tel. +39 06 32609795 – 06 3218464
e-mail: info@bertolamifinearts.com
www.bertolamifinearts.com