Pneuma: dal latino tardo pneuma, gr. πνεῦμα, «soffio». Christian Fogarolli riflette sull’intangibilità della malattia mentale e dà il titolo al progetto vincitore dell’ Italian Council Prize, il premio promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie urbane del MiBACT.
Lo abbiamo incontrato ad Artissima questo week-end, rappresentato da Galerie Mazzoli (Modena-Berlino-Dusseldorf) e gli abbiamo rivolto un paio di domande.
Attraverso il Progetto PNEUMA, che vedrà la sua collaborazione con centri nazionali e internazionali di cura mentale, Christian Fogarolli punterà i riflettori sul tema del disagio psichico, contribuendo a sdoganare i tabù clinici e gli stigmi sociali legati a questo fenomeno.
Il progetto è complesso e strutturato e prevede l’esperienza diretta dell’artista in diversi paesi europei: qui potrà cooperare con istituti di cura psichiatrica, oltre che con i pazienti stessi che vi risiedono, i quali saranno coinvolti in modi differenti in base al contesto sociale e culturale considerato. Saranno proprio loro infatti a ricoprire il ruolo di “attivatori” del processo creativo di Fogarolli.
Il lavoro finale si costituirà di opere di diversa natura ed esecuzione: sculture in vetro soffiato (e questo ci rimanda al titolo del progetto), una proiezione video che documenta il lavoro di ricerca nei diversi paesi, un lavoro sonoro e delle opere fotografiche. Questa produzione entrerà poi a far parte della collezione permanente del Museo di Arte Moderna di Bologna (MAMBo).
Il progetto sarà inoltre presentato attraverso delle mostre personali, interventi artistici, conferenze, presentazioni e attività in diverse realtà internazionali coinvolgendo musei, fondazioni, Istituti Italiani di Cultura, Università, centri di ricerca, associazioni, radio e film production.
“Pneuma è un progetto artistico e di ricerca che si basa su due importanti snodi legislativi in riferimento alla cura mentale”, ci spiega Fogarolli, “la Legge 180, che riformò il sistema psichiatrico in Italia nel 1978 e la dichiarazione europea di Helsinki del 2005. Il progetto si sviluppa prendendo come linee guida alcuni dei punti base di queste due riforme: la promozione del benessere mentale, la lotta contro lo stigma e la discriminazione, l’assistenza e il reinserimento nella società.” Così, muovendo da tale premessa, l’artista presenta un progetto unico su scala internazionale, atto a promuovere una partecipazione particolarmente attiva nell’arte contemporanea dei pazienti in cura presso istituti psichiatrici e, grazie al loro contributo, a favorire una conoscenza condivisa sul disagio mentale.
-I.C: “A proposito di questo, sappiamo che la ricerca di materiale in archivi, depositi e istituzioni psichiatriche è il primo passo che muovi verso ogni tuo progetto. Hai incontrato difficoltà nel far confluire due rami disciplinari così diversi tra di loro?”
-C.F: “Molto spesso in effetti, quando si osserva un’opera in uno spazio, non si pensa a quanti sforzi o quali dinamiche siano necessari per poterla portare alla luce. Uno degli aspetti sicuramente più complessi della mia ricerca è l’approccio a questo tipo di contesti e di persone, immergersi in ambienti che si occupano di cura mentale e fisica mi costringe a pensare alle mie azioni sempre in primo luogo come persona e non come artista. Le collaborazioni con diversi paesi e aree geografiche nel settore medico, scientifico e psichiatrico permettono di avere una visione diversa e più globale di come certe tematiche vengono affrontate e di come le proposte sono accolte. L’arte è uno strumento incredibilmente utile nella cura di problemi psicologici e psichiatrici da un lato e dall’altro si erge come un mezzo potentissimo a livello collettivo per la diffusione di una conoscenza sulle problematiche esistenti nella società contemporanea.”
-I.C: “I tuoi progetti mirano a fare delle deviazioni mentali una forma d’arte: fino a che punto il tuo lavoro è enciclopedico? Dove finisce la ricerca e dove inizia il momento creativo?”
– C.F: “Ogni progetto e ogni ricerca hanno una propria vita e una propria storia, non esistono mai delle linee prestabilite e spesso le intenzioni primarie vengono sconvolte dalle successioni degli eventi e dallo sviluppo del lavoro. Credo sia importante lasciarsi trascinare dai diversi contesti e dalle fonti che emergono. Proprio per questi motivi non esiste una linea netta di demarcazione tra ricerca e creazione, la seconda ha radici nella prima, ma i due diversi momenti non possono essere scissi. Se la scienza agisce per prove e cause che si ripetono per uno stesso fenomeno e valgono per tutti, l’arte agisce per istinto, inconscio e totale soggettività.”