La Mimo Daniela Carrasco, artista di strada e attivista cilena, è stata trovata impiccata in un parco di Santiago. Se la polizia ha liquidata la vicenda sostenendo l’ipotesi del suicidio, i vicini di casa e altri testimoni riportano una versione differente. Le attiviste femministe stanno così indagando la pista dell’omicidio politico.
Se veramente la morte di Daniela Carrasco, la Mimo di Santiago, è stato un messaggio che la polizia cilena ha voluto mandare ai manifestanti, l’unica consolazione è che allo stesso modo possa essere elevata a simbolo della resistenza popolare.
Questa, in breve, la sorte che ha colpito la giovane di 36 anni, artista di strada sempre in prima linea durante le manifestazioni esplose a causa dell’aumento dei costi del servizio pubblico. Una sommossa popolare che non accenna a placarsi, nemmeno dopo che il presidente Sebastian Piñera ha promesso un referendum per la riforma della Costituzione da tenersi nella primavera 2020. La Mimo, così soprannominata per il costume clownesco che era solita indossare durante le manifestazioni, è sempre scesa in piazza per manifestare il suo dissenso. Forse l’ultimo episodio di guerriglia urbana che l’ha vista partecipante è stato il passo decisivo che l’ha condotta alla morte.
Quando la mattina del 20 ottobre è stata trovata impiccata a una recinzione, in un parco in un quartiere periferico della capitale Santiago, la polizia ha inizialmente liquidato la morte della ragazza come un suicidio. I primi a muoversi per appurare la veridicità della questione è stato il coordinamento locale di NiUnaMenos – corrispondente cileno di «Non una di Meno» -, che su Facebook hanno scritto che il corpo della Mimo presentava segni evidenti di percosse e violenza sessuale. Questa si unisce ad alcune testimonianze che affermano di aver visto Daniela essere stata fermata e seviziata a morte dai carabineros.
Questi, secondo i collettivi femministi cileni, potrebbero essere responsabili di altre dodici denunce per violenza sessuale. Anche se il medico legale (che ha consegnato alla famiglia il suo referto il 20 novembre) e la Procura hanno affermato che la morte sarebbe avvenuta per «soffocamento da impiccagione», escludendo così lesioni fisiche attribuibili a violenze sessuali, i vicini di casa sostengono che Daniela sia stata rapita dalle forze militari nella protesta del 19 ottobre e averne trovato il corpo appeso il giorno dopo, esanime, con evidenti tracce di stupro e percosse.
Lo stesso Piñera, in una conferenza stampa, ha ammesso errori e violenze commessi dalla polizia nella gestione dell’ordine pubblico. Per questo ora le associazioni femministe parlano di omicidio di Stato e chiedono giustizia per la Mimo. Al momento però il National Institute of Human Rights (NHRI) non ha ricevuto un reclamo formale per questo caso, che è ancora sotto indagine.
Ad ogni modo la vicenda ha le caratteristiche per rendere (giustamente) la Mimo un simbolo di resistenza, manifesto tragico della lotta interna che il Cile sta faticosamente combattendo.