L’inganno perfetto, in sala il thriller con Helen Mirren e Ian McKellen, ma qualcosa non va come dovrebbe…
Presentato in anteprima al Torino Film Festival, arriva in sala dal 5 dicembre L’inganno Perfetto, thriller pensionistico con Helen Mirren e Ian McKellen.
Va detto subito, L’inganno perfetto è il film delle occasioni sprecate. Non è raro vada a finire così quando l’occasione è quella di avere sullo schermo due giganti, in questo caso Helen Mirren (The Queen, Ella & John, Woman in Gold) e Ian McKellen (Il Signore degli Anelli, Demoni e dei), e un regista di buon mestiere – dietro la macchina da presa c’è Bill Condon, Premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale con Demoni e dei e regista di successo con Kinsey, Dreamgirls eLa bella e la bestia- pensando che questa combinazione possa bastare.
Bill Condon dirige e produce il film da una sceneggiatura di Jeffrey Hatcher (già sceneggiatore di un altro suo film: Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto, sempre con McKellen) tratta dall’omonimo romanzo di Nicholas Searle (edito da Rizzoli). Helen Mirren e Ian McKellen, uniti per la prima volta sul grande schermo, funzionano alla perfezione, hanno tutta la disinvoltura e la malizia delle vecchie volpi che sono. A far loro da spalla l’ottimo Russell Tovey (Looking, Quantico, Pride) e Jim Carter (l’amatissimo Carson di Downton Abbey). Il film però qui e là traballa.
Roy Courtnay (Ian McKellen) è un vero e proprio genio della truffa, non riesce a credere alla propria fortuna quando incontra online Betty McLeish (Helen Mirren) una vedova benestante e, all’apparenza, ingenua. Betty gli apre così le porte di casa e della sua vita, permettendo a Roy di allungare la mani sulla fortuna di una vita. Su di lei vigila il nipote (Russell Tovey) che, sospettoso e guardingo, cerca di metterla in guardia dal vecchio truffatore, ma lei sembra avere le idee chiarissime su cosa fare.
Ovviamente nulla è come sembra, tutto è un gioco di specchi, una partita a scacchi, e man mano che la storia procede vengono svelati parti oscure del passato dei protagonisti, fino all’oscurissima rivelazione finale. L’inganno perfetto inizia con un tono da commedia sardonica (alla Ocean’s), ma le piccole bugie che i due protagonisti si raccontano in chat prima del loro incontro (non fumo, non bevo… Mentre, nascosti dietro i loro computer, bevono e fumano) lasciano già presagire il declivio da spy story con doppi e tripli inganni, torti subiti e vendette da portare a termine. E di volta in volta è il film stesso che ci svela (anticipa) cosa accadrà dopo. E una pellicola in cui tutti i meccanismi e gli ingranaggi sono alla luce del sole, non c’è l’arguzia di un Hitchcock o De Palma nel rendere il thriller un’esperienza visiva dove lo spettatore viene accuratamente “distratto”, condotto in un labirinto di dubbi e domande. Qui ci troviamo in un corridoio. Non c’è seduzione, la trama stride.
L’inganno perfetto, un Marigold Hotel in salsa truffaldina, riesce nel compito di intrattenere lo spettatore senza cadere mai (troppo) nel ridicolo (nemmeno nel momento di una bella scazzottata della terza età), ma ballando sempre sul baratro dell’improbabile perde (purtroppo) l’occasione di essere un gioco di prestigio realmente riuscito (come un vero thriller dovrebbe essere), il trucco è sempre in vista, la suspense quindi scarseggia.