Dopo poco più di un anno dal rapimento della giovane in Kenia, l’unica certezza è la mancanza di qualsiasi certezza. La street artist Cristina Donati Meyer accende un faro, prima che sulla questione cali di nuovo un insopportabile silenzio.
Cosa fa più male? Non conoscere le sorti di una giovane donna volontaria rapita da oltre un anno o certi commenti secondo i quali ‘se l’è andata a cercare’?
Un insopportabile silenzio intercorre ogni volta tra una notizia e l’altra. L’attenzione invece, dovrebbe essere massima, sempre. La street artist -milanese proprio come Silvia- Cristina Donati Meyer, ieri il suo faro lo ha acceso prima che il silenzio calasse di nuovo sulla questione come una fitta coltre di nebbia.
La scorsa notte, in zona Piazza Porta Genova a Milano angolo via Ventimiglia e nella stessa piazza in angolo via Valenza, sono apparse due opere pubbliche di street art, realizzate dalla street artist – o meglio ‘artivista‘ come ama definirsi . Cristina Donati Meyer.
La prima, rappresenta Silvia, tenuta per mano dal Premier, Giuseppe Conte. Titolo dell’opera è “Riportala a casa‘!
“Da oltre un anno, non si hanno notizie della volontaria milanese e uno degli indiziati del rapimento in Kenya, è addirittura stato liberato su cauzione e si è reso irreperibile. “Vorremmo tutti evitare un secondo caso Giulio Regeni e chiediamo al Governo italiano e al Premier Conte di riportare a casa Silvia’, ha dichiarato l’artista.
Cristina, come abbiamo già anticipato, ama definirsi ‘artivista’, convinta che l’arte debba in primo luogo veicolare un messaggio sociale. I suoi ‘artentati’ sono spesso politici e, in passato, il leader della Lega Matteo Salvini è stata la ‘vittima’ preferita dei suoi blitz artistici. Si può essere o meno d’accordo nel merito delle questioni dei suoi ‘artentati’ ma il suo modo genuino e impegnato di intendere l’arte la rende un’ artivista autentica, lontana da una certa mercificazione della street art:: il suo murale con la Banda Bassotti durante la mostra non autorizzata su Banksy al Mudec ne è una chiara testimonianza.
La seconda opera della quale vi avevamo accennato, affissa sempre in zona Porta Genova, rappresenta invece alcune persone intente a fissarsi ed ammirarsi in una serie di specchi infinita. E’ un’opera che ovviamente dialoga in qualche modo con quella dedicata a Silvia (“se l’è andata a cercare, perché non aiutare i bambini qui in Italia?”) ma anche con il senzatetto-Babbo Natale di Banksy.
Come spiega l’artista:
“Indifferenza allo specchio”, rappresenta alcune persone intente a riprodursi e ad ammirarsi all’infinito in una moltitudine di specchi. Incantati e rapiti da sé stessi. Ai piedi, fuori dal campo degli specchi, un mendicante, privato di ogni attenzione e senza specchi nei quali proiettarsi, ma “prigioniero” della vita reale. Il senso dell’opera è nell’autoreferenzialità del cittadino comune e nel dilagare dell’egoismo, dell’esclusione e della riproduzione, all’infinito, di ego, canoni sociali e codici dell’apparire”.