Audemars Piguet collabora dal 2013 con Art Basel. La sinergia tra la manifattura orologiaia di lusso e la più importante fiera d’arte al mondo giova a entrambe le dimensioni. Storia, fascino, qualità: questi i tre binari su cui le due realtà si muovono per esaltarsi vicendevolmente.
In principio vi era solo il Massiccio del Giura. Ancora prima del principio, probabilmente, vi erano solo una serie di isole scomposte, disposte disordinatamente sul bordo dell’oceano Tetide: era il Giurassico (che deve il suo nome proprio al Giura, il quale ha iniziato a sedimentarsi in quel periodo) e il mondo come lo conosciamo oggi non era nemmeno lontanamente immaginabile. Però, tra le rocce calcaree che lentamente andavano a formare le pareti, le doline, i campi solcati, i pozzi, le vette, gli altipiani, tutto sembrava introdurre a un ambiente mistico, testimone del tempo che si evolve nelle sue dinamiche più maestose. Quasi 200 milioni di anni dopo il Giura era completamente formato, ma ai suoi piedi ancora si poteva percepire quel sentimento di eternità che mano a mano si fa terrena, rendendosi percepibile, ai nostri occhi e alla nostra mente, come tempo misurabile. Sarà forse seguendo questa suggestione che nel 1875, nei pressi del monte, a Le Brassus, nella Vallée de Joux, Canton Vaud, in Svizzera, è nata una delle aziende produttrici di orologi più celebri al mondo: Audemars Piguet.
Da fine ottocento di strada ne è stata percorsa molta e oggi Audemars Piguet è una delle società più prestigiose del settore, confezionando ogni anno – rigorosamente a mano – quasi 40.000 orologi e distribuendoli in tutto il mondo. Un’eccellenza nel campo dell’orologeria di lusso, in grado di ritagliarsi uno spazio preciso nell’immaginario comune anche grazie alle collaborazioni trasversali con il mondo dello sport e dell’arte. In particolare, le incursioni di Audemars Piguet nel mondo artistico hanno assunto nell’ultimo decennio i crismi di una relazione continuativa e proficua per tutti i soggetti coinvolti.
Il rapporto della più antica manifattura orologiaia tuttora guidata dalle famiglie fondatrici (Audemars e Piguet) con il settore artistico ha inizio nel 2013 con la collaborazione, ancora in atto, con Art Basel. Hong Kong, Basilea, Miami: il sostegno della società all’evento fieristico più importante al mondo si estende in tutte le sue sedi e si è fregiato in questi anni di importanti commissioni artistiche volte a creare originali sinergie tra arte e alta orologeria. In particolare l’attività artistica di Audemars Piguet si muove su due binari paralleli: da una parte il sostegno agli artisti e alle istituzioni coinvolti nelle iniziative, dall’altra la volontà di testimoniare attraverso soluzioni espressive innovative le origini e la storia dell’azienda. In questo verso, potremmo poeticamente intendere l’impegno dell’azienda come un tentativo di portare artisticamente alla luce quei millenni trascorsi dalla nascita del Giura alla nascita di Audemars Piguet. Un periodo estremamente vasto, tanto da non poterne testimoniare le vicende se non procedendo per suggestioni. I diversi progetti intrapresi dalla società si sono dunque indirizzati verso quegli artisti in grado di poter evocare, grazie alla loro creatività, l’atmosfera spirituale in cui nascono e si sviluppano gli orologi della manifattura.
Ogni anno Audemars Piguet si rende protagonista con progetti sempre nuovi nella Collectors Lounge di Art Basel, proponendo spazi curati da artisti, designer e architetti in grado di restituire i valori aziendali. Nel 2019 è stato il designer e artista di Brooklyn Fernando Mastrangelo a ideare lo spazio che ha accompagnato la maison nelle tre tappe della fiera, realizzando una serie di opere che andassero a ricreare la Vallée de Joux: muri di roccia sedimentaria, vetrine e mobilio realizzati con materiali granulari – quali sabbia, salgemma, silice, calcare e frammenti di roccia provenienti dalla Vallée – avvolgevano il visitatore, trascinato all’improvviso lontano dallo spazio fieristico. Al centro dell’architettura semichiusa della struttura – le cui geometrie ottagonali ricordavano la cassa dell’ultima collezione realizzata dalla manifattura – un’abetaia plasmata in silice e sabbia accoglieva i 13 esemplari della collezione Code 11.59 di Audemars Piguet, insieme a una selezione di orologi storici.
Sulla stessa linea nel 2018 il designer Sebastian Errazuriz ha stampato in 3D e sospeso al muro centinaia di pietre, ricollegandosi all’elemento principale che evoca sia le montagne del Giura che la pratica orologiaia: il ferro, con cui si realizza anche l’acciaio. Il progetto era volto a porre l’accento sulla collezione Royal Oak Offshore in occasione della celebrazione del suo 25° anniversario. Un taglio simile era stato scelto anche per il ghiaccio (Ice Cycle, 2016) e il legno (Second Nature, 2017). Nel 2018 ad essere coinvolto nel progetti della Fondazione è stato, tra gli altri, un italiano: Davide Quayola. Quayola ha creato per la maison una serie di stampe ad altissima risoluzione, composte da miliardi di puntini microscopici catturati tramite scansioni ultra precise e grazie a voli con droni effettuati sulle foreste isolate della Vallée de Joux nel Massiccio del Giura.
Ogni anno, inoltre, Audemars Piguet affianca alla realizzazione della Collectors Lounge anche una serie di Commissioni – come viene chiamata l’iniziativa – in grado di creare delle proposte artistiche da presentare parallelamente ad Art Basel. Sotto la supervisione di un curatore ospite, le opere d’arte, selezionate da un comitato internazionale, spaziano da soluzioni poetiche e artigianali ad avanguardistiche sperimentazioni tecnologiche. Per quanto riguarda la prima tipologia è impossibile non ritornare al 2014, quando vennero presentati in concomitanza con Art Basel Miami Beach gli Strandbeests di Theo Jansen: un gruppo di imponenti sculture cinetiche che volteggiavano per la spiaggia, costruite utilizzando delle comuni condutture elettriche. Più avveniristico il progetto del 2019 pensato dal duo britannico Semiconductor, autore di Halo, realizzato in collaborazione con la curatrice ospite di quest’anno Mónica Bello, Direttrice Artistica al CERN (l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare). L’installazione visiva e acustica creava un’esperienza immersiva volta a osservare la formazione della materia all’origine dell’universo, inquadrata attraverso dispositivi scientifici e tecnologici sviluppati proprio dal CERN.
La relazione che Audemars Piguet ha stretto con l’arte si configura dunque come ben strutturata ed estesa nel tempo. Lontano dall’esaurirsi in una semplice sponsorizzazione – come altre aziende hanno invece deciso di fare – la maison francese ha scelto di interagire in modo sistematico e ufficiale con il sistema artistico, allineandosi con i valori che questo porta con sé. Particolarmente interessante anche la soluzione sperimentata: legandosi in modo così solido ad Art Basel, Audemars Piguet non si è solo mossa verso la conquista di autenticità e fascino creativo a cui l’arte dà accesso, ma l’ha fatto posizionandosi all’apice del sistema. Art Basel è la fiera più importante del mondo, in grado di attirare le gallerie più importanti e costose e i collezionisti più facoltosi. Una super potenza che negli anni ha esteso le sue sedi da Basilea a Miami e Hong Kong. Audemars Piguet ha quindi puntato direttamente ad allinearsi con uno dei player più appetibili sul mercato.
In questo modo ha stabilito un contatto saldo e duraturo con una dimensione in grado di fornirgli un asset intangibile in termini di immagine quasi inimitabile. La suggestione della più antica manifattura di orologi di lusso si aggiunge, in modo attivo e partecipe, al più ricco evento fieristico del panorama: qualità che si somma a qualità, elitarismo che alimenta elitarismo. Da una parte i progetti si fanno esclusivi nella Collectors Lounge della fiera, dall’altra attraverso le Commissioni si aprono iniziative collaterali alla portata di tutti. Questa specifica modalità di azione ha permesso di recuperare quell’aura di esclusività e, potremmo dire, rarità, con cui il mondo dell’impresa si affaccia a quello dell’arte. Una relazione che dagli anni novanta in poi ha visto susseguirsi diverse iniziative, spesso votate alla sponsorizzazione di breve durata, che hanno rischiato di inquinare o inflazionare la commistione tra le due realtà.
Crescita intellettuale, apprendimento di competenze, sentimento di apertura, mancanza di pregiudizi, sensibilità al bello e al pensiero creativo: questo complesso di valori, che Audemard Piguet e Art Basel riescono a trasmettere, permette alla maison svizzera di costruire una narrazione solida attorno al proprio fascino intangibile. Può essere considerato un processo attrattivo nei confronti di un nuovo pubblico – e di consolidamento per quello attuale – capace di costruire un coinvolgimento altrimenti non raggiungibile. Attraverso l’arte l’azienda è in grado di raccontarsi, rivelarsi, mostrarsi, comunicare, trasmettere, restringere la distanza che la separa dal mondo, rinnovarsi; e infine anche, ovviamente, giovare di un impatto sulle vendite.
Riprendiamo, in conclusione, l’immagine del massiccio del Giura, tanto caro all’azienda svizzera, e proviamo ad immaginarci l’attività artistica di Audemars Piguet come un percorso lungo le sue pendici. Una lunga salita fino in cima, fino alle origini della sua storia, della sua autenticità, della sua unicità; dopodiché la discesa, in cui sceglie di mostrarsi e donarsi, rinnovata e purificata, nella sua veste di lusso abbagliante.