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Le meraviglie neon spaziali di Lucio Fontana a Los Angeles, gli Ambienti da Hauser & Wirth

Lucio Fontana Ambienti Spaziali Lucio Fontana Ambienti Spaziali
Lucio Fontana Ambienti Spaziali
Lucio Fontana Ambienti Spaziali

Gli Ambienti Spaziali di Lucio Fontana sbarcano a Los Angeles. Dal 13 febbraio, ‘Lucio Fontana. Walking the Space: Ambienti Spaziali, 1948 – 1968’ sarà la prima e più completa presentazione negli Stati Uniti dei pioneristici ‘Ambienti Spaziali’ del maestro italiano.

Curata da Luca Massimo Barbero in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana di Milano, questa mostra di importanza storica evidenzierà il contributo cruciale di Fontana all’evoluzione dell’arte concettuale e alla convergenza di arte, scienza e tecnologia come mezzi per indagare l’esperienza percettiva umana. Fontana, artista visionario la cui pratica rivoluzionaria non cessa di influenzare artisti di tutto il mondo, concepì il primo Ambiente nel 1948, anticipando e precorrendo di molto le ricerche spaziali, concettuali e immersive di figure come Piero Manzoni, Yayoi Kusama e James Turrell.

In un percorso cronologico che inizia con il primissimo lavoro spaziale di Fontana, l’esposizione presenterà nove Ambienti, datati fra il 1948 e il 1968. Grazie a una ricerca rigorosa condotta tra i materiali d’archivio della Fondazione Lucio Fontana, istituzione che tra le altre attività si dedica all’approfondimento e alla documentazione della carriera dell’artista, la mostra di Los Angeles espone le fedeli ricostruzioni degli Ambienti Spaziali originali, che furono smantellati e distrutti al termine di ogni mostra. Insieme, questi lavori effimeri rivelano l’approccio rivoluzionario di Fontana al fare arte per “aprire lo spazio, creare per l’arte una nuova dimensione, collegarla al cosmo, come lo si intende, infinito, al di là della superficie piatta dell’immagine”. Gli Ambienti Spaziali, che sono la parte più radicale eppure meno conosciuta della sua opera, vedono Fontana muoversi al di là di ogni convenzione pittorica, eliminando la tela per usare nuove tecnologie, come il neon, per dipingere lo spazio di pura luce, mettendo l’osservatore al centro della composizione.

‘Walking the Space’ è la prima di una trilogia di mostre che Hauser & Wirth presenta in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e con Luca Massimo Barbero, eminente studioso italiano di Fontana, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, curatore del Catalogo Ragionato delle opere su carta di Fontana e del Catalogo Ragionato delle ceramiche di Fontana (attualmente in lavorazione). La mostra di Los Angeles sarà seguita nella primavera del 2021 da una mostra a New York, dedicata alle sculture in terracotta. Infine, una importante rassegna che ripercorre la carriera dell’artista andrà in scena da Hauser & Wirth Hong Kong nell’autunno 2021.

‘Walking the Space’ sarà accompagnata da un nuovo volume pubblicato da Hauser & Wirth Publishers, e da una presentazione di disegni e materiali d’archivio che contestualizzeranno storicamente le opere d’arte esposte.

Lucio-Fontana-Ambiente-spaziale-con-neon-19672017-installation-view-at-Pirelli-HangarBicocca-Milan-2017.-Courtesy-Pirelli-HangarBicocca-Milan.-©Fondazione-Lucio-Fontana-Photo-Agostino-Osio
Lucio-Fontana-Ambiente-spaziale-con-neon-19672017-installation-view-at-Pirelli-HangarBicocca-Milan-2017.-Courtesy-Pirelli-HangarBicocca-Milan.-©Fondazione-Lucio-Fontana-Photo-Agostino-Osio

La mostra

La mostra inizia con il primo lavoro spaziale di Fontana, ‘Ambiente spaziale a luce nera’ (1949), una installazione fondamentale che anticipò alcuni tra i più importanti movimenti concettuali del Novecento, tra cui Light & Space, Op Art e Minimalismo. Concepita nel 1948 e esposta per la prima volta nel 1949, questa stanza buia illuminata solo da Luci di Wood (che emettono luce nera) contiene una serie di forme in cartapesta appese al soffitto e dipinte con colori fluorescenti. L’installazione si propone di disorientare lo spettatore, che camminando intorno e sotto alle forme immerse nel buio sperimenta un senso di sospensione tra il finito e l’infinito. Influenzato dalle scoperte della ricerca aerospaziale del suo tempo, e dall’interesse personale di Fontana per la scienza, questo lavoro ha un impatto estetico quasi ultraterreno, e preveggente nelle sue implicazioni concettuali. L’opera sfugge alla categoria di “oggetto” dando forma all’informe, e trasporta i visitatori dentro un’esperienza artistica multisensoriale. Con questo primo lavoro, Fontana realizza i princìpi chiave tracciati nel suo Manifesto Spaziale, un testo programmatico redatto nel dopoguerra che auspicava la sinergia di arte e tecnologia al fine di scoprire nuove forme. Abolendo i vincoli imposti dai materiali artistici convenzionali, questo ambiente incarna la visione di Fontana preconizzata nel Manifesto: “Con le risorse della tecnica moderna, faremo apparire nel cielo forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose”.

Per la Triennale di Milano del 1951 Fontana mise in scena l’impatto luminoso del neon – al di là della sua funzione utilitaristica – creando ‘Struttura al neon per la IX Triennale di Milano’, un movimento tortuoso fatto di oltre 100 metri di tubi al neon bianchi. Tra i primissimi a usare il neon in un’applicazione ambientale, Fontana mostra il dinamismo plastico di questo materiale, come se stesse scrivendo con la luce, e integra le idee di spazio, tempo e movimento in una forma unica.

Proseguendo in questo approfondimento della pratica spaziale di Fontana, la mostra porta poi i visitatori attraverso due ambienti, intitolati entrambi ‘Ambiente Spaziale: “Utopie” nella XIII Triennale di Milano’, ed entrambi esposti originariamente alla tredicesima edizione della Triennale di Milano nel 1964. Fontana collaborò con l’artista e architetto Nanda Vigo per creare questi due lavori, il primo dei quali accoglie i visitatori in un corridoio buio dai muri ricurvi, forati da piccoli buchi. Avvolti dalle tenebre, gli osservatori sono guidati da luci verdi che sembrano emanare dal nero profondo. Nel secondo ambiente ‘Utopie’, il pavimento ondulato e un soffice tappeto rosso accolgono i passi dei visitatori, e sulla parete specchiante di fondo color rubino sono inseriti tubi al neon rossi nascosti da vetro Quadrionda – un materiale industriale progettato specificamente per questo ambiente; il tutto contribuisce ad un effetto di luminescenza ambientale color rosso intenso. In ciascun lavoro, Fontana inventa nuovi metodi per applicare i concetti dello Spazialismo, liberandosi dai confini dell’oggetto per espandere la sua ricerca sulle modalità di espressione e di percezione. Le teorie spaziali di Fontana espresse in questa coppia di ambienti attirarono immediata attenzione, influenzando il gruppo Düsseldorf Zero che presentò a Documenta 3 a Kassel nel 1964 un ‘Omaggio a Fontana’.

Mentre si affermava come innovatore esplorando la quarta dimensione nell’arte, le istituzioni pubbliche invitavano Fontana a creare lavori spaziali su commissione. La sua prima presentazione esaustiva in America ebbe luogo nel 1966 al Walker Art Center di Minneapolis, Minnesota, dove espose ‘Ambiente Spaziale’ (1966). Questo ambiente è costituito da un corridoio inclinato con un soffitto molto basso che si apre poi su una stanza in cui il pavimento torna orizzontale. Dentro questo spazio, fori luminosi disegnano una linea che taglia il pavimento, il soffitto e due muri, formando i contorni di un quadrato.

Nei tre ambienti successivi, costruiti originariamente per lo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1967, Fontana reinventa elementi che ricorrono nei suoi lavori spaziali più radicali: neon, perforazioni, tagli e atmosfere sospese. Nella prima delle tre installazioni, ‘Ambiente spaziale’ (1967), Fontana incluse una forma ricurva sospesa in una stanza piena di puntini fluorescenti. Grazie all’uso ingegnoso della luce nera, silhouettes bidimensionali sembrano sfidare la gravità e assumere attributi tridimensionali. Nell’ambiente successivo, i visitatori trovano Fontana alle prese con la reinvenzione della sua scultura luminosa del 1951: ‘Ambiente spaziale con neon’ (1967), è una stanza di tessuto rosa dal cui soffitto si incurva verso il basso una linea ondulata di tubi al neon – un’esecuzione minimalista dal forte impatto sensoriale. Fontana continuò a lavorare con ambienti monocromatici come questo, per esempio in ‘Ambiente spaziale a luce rossa’ (1967), dove la luce rossa pervade una stanza suddivisa in corridoi paralleli da una serie di muri.

L’ambiente conclusivo della mostra, ‘Ambiente spaziale in Documenta 4, a Kassel’ (1968), fu creato su richiesta dello storico dell’arte Arnold Bode, chè invitò Fontana a concepire una stanza “fredda e minimalista”. Qui, i visitatori affrontano un ambiente labirintico fatto di corridoi stretti che portano ad un grande taglio bianco nel muro, allusione al gesto distintivo di questo artista radicale e audacissimo.

Lucio Fontana Walking the Space: Ambienti Spaziali, 1948 – 1968

13 febbraio – 12 aprile 2020
Apertura pubblica: sabato 15 febbraio, dalle 15 alle 19
Hauser & Wirth Los Angeles
Gallerie del Nord A, B, e galleria del est

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