Basta un niente, alle volte, per far riemergere il nome di un artista. Una moneta, o un francobollo.
E’ quello che sta succedendo intorno a Cesare Maccari (1840-1919), il quale certamente annovera estimatori nei Palazzi. Ha cominciato la Zecca con una moneta in argento da 5 euro, plasmata da Luciana De Simoni e che al diritto ha raffigura la facciata di Palazzo Madama, in Roma, sede del Senato della Repubblica, e al rovescio “Cicerone che denuncia Catilina”, preso dal dipinto di Cesare Maccari che si trova nella Sala Gialla (nel frattempo rinominata Sala Maccari) del Senato.
Impossibile, tuttavia, procurarsi la moneta singola. Per averla si è costretti ad acquistare, con 45 euro, una delle 10.000 confezioni predisposte dalla Zecca e nelle quali sono inseriti gli spiccioli (da 1c a 2 euro) targati 2019. Con 115 euro i più raffinati possono acquistare l’astuccio con le stesse identiche monete battute però con un procedimento che rende luccicante lo sfondo. Di qui il loro nome: fondo a specchio.
In questa loro iniziativa tesa a riabilitare il pittore senese, città nella quale nacque nel 1840 e che a Roma conobbe il successo e la fama, in parte legata alle grandi opere, la Zecca ha trovato il supporto del ministero dello Sviluppo economico il quale ha decretato un’apposita emissione.
Il consueto francobollo da 1.10 euro – il valore è rimpiazzato dalla tradizionale lettera “B” – e , già che c’era, anche un foglietto contenente due esemplari dello stesso dentello con, in aggiunta, un simil francobollo (un trattamento neppure riservato al ricordo di Leonardo!). Fissando la produzione dello stesso in 50.000 esemplari. Non tanti, ma neppure pochi.
Anche in questo specifico caso l’opera presa a base dell’illustrazione è “Cicerone che denuncia Catilina”, con il povero Catilina rappresentato nel simil francobollo nell’atteggiamento del perdente bastonato, tratto dalla decorazione senatoriale. Che Cesare Maccari poté realizzare per aver vinto il concorso del 1880, appositamente bandito dal ministero della Pubblica Istruzione “per la pittura a buon fresco”, di una Sala del Senato.
Con l’obiettivo di richiamare i fatti più rappresentativi dell’antico Senato di Roma. I suoi progetti “furono selezionati soprattutto per l’intonazione chiara delle scene e la sobrietà dei colori, in perfetta armonia con la luce della sala”. Così che la “sua pittura evocativa e scenografica consente al visitatore di dialogare con lo spazio che lo circonda e con le antiche nobili origini del Senato. Sulle pareti sono raffigurati i cinque celebri episodi della storia del Senato romano, a simboleggiare le virtù dei senatori: rispetto della parola data, oratoria, coraggio, onestà, eloquenza. Tra le più famose personalità dell’antica Roma – da descrizione è presa dal sito del Senato -, il primo affresco a destra, rappresenta Appio Claudio il Censore mentre viene condotto in Senato per esortare i Romani a non accettare le umilianti condizioni di pace imposte da Cinea, ambasciatore di Pirro; sulla parete di fronte, tra le finestre, sono descritti gli episodi di Marco Papirio, rimasto immobile sul suo scanno dinanzi all’invasione dei Galli e quello dei Sanniti che tentano di corrompere Curio Dentato perché convinca il Senato alla pace; sull’altro lato corto, è l’affresco che rappresenta Cicerone mentre pronuncia la sua requisitoria contro Catilina, che ascolta, isolato, dal proprio seggio; nell’ultimo affresco, infine, è descritto Attilio Regolo, nel momento della partenza da Roma, per rientrare da prigioniero a Cartagine, adempiendo al giuramento e dopo aver persuaso la curia romana a non negoziare con il nemico.
Il Senato lo ascolta, mentre la folla osserva, il cielo è di un azzurro luminoso e cambia tonalità incurvandosi al tramonto. Il soffitto racchiude quattro medaglioni con figure allegoriche – che rappresentano il commercio, l’agricoltura, le armi, le scienze, le lettere e le arti – disposte intorno a un motivo centrale, che simboleggia l’Italia trionfante e che riporta la scritta ‘Sei libera. Sii grande’. Ai quattro angoli lo stemma di Casa Savoia e lungo il fregio una frase di Guicciardini: ‘Osservate con diligenza le cose dei tempi passati perché fanno lume alle future e quello che è e sarà, è stato in altro tempo’ e una di Machiavelli: ‘Nessuna cattiva sorte li fece mai diventare abietti e nessuna buona fortuna li fece mai essere insolenti’ “.
A complicare maledettamente le cose, nel caso del (dei) francobolli ci si è messa di buzzo buono Filatelia di Poste Italiane la quale ha deciso di prendere 30.000 dei 50.000 foglietti, numerarli e pinzarli all’interno di un libretto venduto a 10 euro, a fronte di un contenuto di 2,20 euro. E utilizzando la più parte dei rimanenti 20.000 foglietti intonsi per distribuirli a caro prezzo attraverso pubblicazioni varie. Ponendo, di fatto, “limitazioni alla libera vendita di carte valori – some sottolinea il senatore Gaetano Quagliariello in una interrogazione al ministro dello Sviluppo economico -, subordinandola all’acquisto di altri prodotti”. Un “abbinamento”, definito “Forzoso” e dal “costo elevato”. Tra i svariati, prodotti, il più economico (e proprio per questo si è subito esaurito) il cofanetto- folder. 1.200 esemplari, ceduti a 89 euro, con il foglietto, la busta e la cartolina Giorno di emissione, la tessera filatelica, il bollettino e la confezione di monete in tema che la Zecca vende a 45 euro.
C’è, poi, con copertina rossa, il “Libro dei francobolli 2019” con l’intera produzione filatelica dell’annata con il foglietto fornito a parte in una confezione a cartonata e plastificata a lingotto, e questo per una “svista” del responsabili filatelici del ministero dello Sviluppo economico che non hanno tenuto in nessun conto (possibile che non la sapessero, e se non lo sapevano perché non lo hanno chiesto a chi sapeva, che la misura scelta di 32,4 x 11 centimetri non entra nei normali fogli d’album?). Prezzo di vendita dei 13.000 “Libri”, molti dei quali comprati solo per avere il foglietto, mentre il contenuto non interessa specialmente ai molti che comprano le emissioni di volta in volta che approdano allo sportello postale: 180 euro. Dulcis in fundo, si fa per dire visto il costo di 500 euro, l’ “Album dei francobolli Emissioni 2019”, tre volumoni, tutti blu.
L’improvvida iniziativa di Filatelia di Poste Italiane non ha mancato di suscitare giuste proteste delle quali si è fatto portavoce il senatore Quagliariello il quale chiede al Ministro se “non ritenga opportuna una maggiore trasparenza nella vendita dei francobolli commemorativi, garantendone a tutti l’approvvigionamento ed evitando facili speculazioni”. Alla ricerca, magari, di un improbabile Gronchi rosa, dimenticando che fu frutto di un “incidente” e non pianificato a tavolino come da decenni si tenta di fare. Senza esito. Anche perché in sessant’anni, tanti ne sono passati dal giorno di Pasquetta del 1961, giorno in cui vide la luce il famoso (o famigerato) Gronchi rosa, tutto è cambiato. Anche il collezionismo filatelico che non mostra di interessarsi più di tanto per le piccole o grandi speculazioni. E spesso, chi le ha fatte si è trovato col cerino in mano.