A cent’anni dalla morte si rinnova il mito di Amedeo Modigliani. Qui vita e morte del grande pittore livornese si uniscono in un ricordo che evoca la leggenda di Modì.
Il 24 gennaio 1920 moriva Amedeo Modigliani all’Hôpital de la Charité di Parigi. Ma questo è solo l’inizio. Il seguito è ancora più tragico. Il 25 gennaio, Jeanne Hebuterne, la sua compagna di vita, si butta disperata dal balcone di casa dei genitori. Tiene in grembo una nascitura di otto mesi. La prima figlia Jeanne, che ha solo due anni, viene rifiutata dai nonni materni. Al contrario sono i nonni paterni ad accoglierla amorevolmente nella casa di Livorno. Emanuele Modigliani, fratello di Amedeo non potrà partecipare al funerale; è deputato socialista alla Camera e in seguito sarà presente, come avvocato dell’accusa, al processo contro i sicari di Giacomo Matteotti. Alla notizia della scomparsa del fratello dispone che la tomba, dove anche Jeanne è sepolta, venga ricoperta di fiori. Sarà lui a scegliere le toccanti parole da scolpire sulla lapide: …morte lo colse quando giunse alla gloria e …compagna devota sino all’estremo sacrifizio.
Leopold Zborowski, mercante ed amico di Amedeo aggiorna Emanuele sul funerale, con una lettera datata 31 gennaio 1920. Ecco uno stralcio significativo della lunga e nobile missiva:
Caro Modigliani, da oggi Amedeo, il mio più caro amico riposa al cimitero Père Lachaise, ricoperto di fiori secondo il vostro e il nostro desiderio. Tutta la gioventù artistica ha fatto un funerale commovente e trionfale al nostro più caro amico e il più dotato del nostro tempo. Un mese fa Amedeo aveva un desiderio, di partire per l’Italia con la sua compagna e la loro bambina. Aspettava solo il parto della sua donna: la creatura che doveva nascere, voleva lasciarla in Francia, dalla balia dove attualmente si trova la piccola Jeanne… “
È dunque trascorso un secolo esatto dalla morte dell’artista, e la cronaca lo ha testimoniato in molti modi, citando fatti e aneddoti funzionali a consolidarne il mito. Da bambino aveva avuto la pleurite, poi il tifo con complicazioni polmonari, e una tubercolosi indomabile. Ma è soprattutto emozionante il suo formarsi di artista. A quattordici anni inizia il suo apprendistato nell’atelier dei due Macchiaioli toscani Guglielmo Micheli e Giovanni Fattori. Nel contempo visita le città d’arte italiane; a Venezia respira la Mitteleuropa con la rivelazione di Klimt, ma la sua formazione di base è tutta italiana.
Quando a Parigi esegue i primi lavori che rappresenteranno per sempre la sua sigla espressiva, Modigliani ha definitivamente coagulato nel profondo della sua anima visionaria le forme dei primitivi con le trasparenze di Tiziano, e con la dolcezza dei maestri senesi. A Parigi, prima a Montmartre e poi a Montparnasse, si porta dietro i suoi amori, le sue emozioni, i suoi Botticelli, Pisanello, Cossa e Tura. È un profeta inquieto che, se dei suoi antichi modelli sintetizza radicalmente le forme, attraverso i colori ne celebra la lezione con umiltà e gratitudine.