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Il viaggio infinito di Ulisse. 250 opere raccontano 3000 anni di storia, in una grande mostra a Forlì

John W. Waterhouse, Sirena, 1900. Londra, Royal Academy of Arts John W. Waterhouse, Sirena, 1900. Londra, Royal Academy of Arts
John W. Waterhouse, Sirena, 1900. Londra, Royal Academy of Arts
John W. Waterhouse, Sirena, 1900. Londra, Royal Academy of Arts

Nel nome di Ulisse un viaggio nell’arte e dell’arte, in 250 opere che raccontano tremila anni di storia dal VII Secolo a.C. al Duemila. Prestigiosi inediti archeologici e prestiti dai più importanti musei del mondo, dall’Orsay al Metropolitan, fanno da cornice alla mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Forlì, e visitabile ai Musei di San Domenico fino al 21 giugno 2020. www.mostraulisse.it

Forlì. L’uomo è sempre stato un viaggiatore: ha solcato i mari, disceso i fiumi, scalato montagne, percorso pianure, esplorato il cosmo, per conoscere la realtà attorno a sé, per carpire segreti e tesori celati in luoghi inaccessibili, per cercare rifugio o risposte. L’uomo ha persino viaggiato dentro se stesso o attorno alla propria camera, perché le distanze da percorrere non sono soltanto fisiche, ma anche e soprattutto mentali.

Ulisse, I sec. d.C. Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale
Ulisse, I sec. d.C. Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale

Ulisse. L’arte e il mito, è una mostra letteraria e filosofica che, pur nell’eterogeneità delle opere esposte, si sviluppa come una narrazione omogenea, un lungo racconto per immagini che non si occupa di un singolo artista o di una corrente, bensì di un mito ormai storicizzato, avendo avuto ogni epoca l’urgenza di ritrovare in Ulisse la propria contemporaneità. Una mostra che, nella selezione delle opere rivela un lungo e attento lavoro di ricerca, e Ulisse stesso è l’emblema della ricerca, colui che per citare D’Annunzio, “arma la prora e salpa verso il mondo”. E per accompagnare l’immagine del viaggio, la mostra si apre con il suggestivo Relitto Gela I, ovvero i resti di un’imbarcazione greca del V Secolo a.C., rivenuta al largo di Gela e mai esposti sinora, assieme ad alcuni oggetti che facevano parte del carico. Il racconto del mondo leggendario di Ulisse, fatto di dèi ed eroi, prosegue nelle pitture di vasi e coppe istoriati con gli episodi dell’Odissea, e affascina ancora oggi la sorprendete modernità di quei disegni arcaici, così come la perfetta bellezza delle statue greco-romane che eternano nel loro marmo dèi ed eroi. Greci, etruschi, romani, furono i primi a costruire l’iconografia di Ulisse, eroe “multiforme”, come lo definì lo stesso Omero in apertura d’Odissea, discendente da un padre guerriero e da un nonno leggendario ladro; un eroe che rompe la tradizione, essendo sì coraggioso ma anche scaltro e astuto (che preferisce usare il raziocinio piuttosto che i muscoli (per questo Euripide lo taccerà di viltà), e che di fatto risolse la guerra di Troia con lo stratagemma del cavallo, dopo che i lunghi assedi militari erano stati vani, così come con un inganno riuscì a sfuggire al ciclope Polifemo dopo averlo accecato.

È ancora in epoca antica che nasce l’idea della Sirena come creatura a metà fra la donna e l’uccello, secondo la fantasia di quei lontani artisti, non avendo Omero lasciato descrizione alcuna di queste magiche creature. Figure che nella tradizione medievale saranno rilette come donne-pesce, con i capelli sciolti e la doppia coda aperta, in atteggiamento sensuale e lascivo. La dottrina cristiana le vede infatti come il simbolo della rovina e del peccato. Mosaici e sculture medievali raccontano come il mito di Ulisse trovasse interpretazioni anche nella religione cristiana. Ma il Medioevo fu anche l’età di Dante, che gettò le basi dell’Ulisse come lo concepirà l’Umanesimo, ovvero ne fece un individuo capace di viaggiare senza ritornare nei luoghi natii, perché perennemente assetato di nuove scoperte, secondo un percorso lineare e non ciclico.

Johann Heinrich Füssli, Tiresia predice il futuro a Ulisse, 1804. Cardiff, National Museum of Wales
Johann Heinrich Füssli, Tiresia predice il futuro a Ulisse, 1804. Cardiff, National Museum of Wales

Dante stesso fu un novello Ulisse, che le vicende dell’esilio portarono lontano dalla Firenze natia, fino alla morte a Ravenna. E ancora, Dante celebra nell’eroe omerico la potenza della ragione, il riconoscimento dei propri mezzi, dei propri limiti e dei propri peccati, e il viaggio è un mezzo per avvicinarsi a Dio. La mostra forlivese racconta questa importante fase del pensiero europeo per tramite delle miniature e incisioni che hanno illustrato o interpretato la Commedia, da Guglielmo Giraldi a Baccio Bandini, immagini di un umanesimo cristiano che però nel Cinquecento sarà soppiantato dall’identificazione di Ulisse con il principe machiavelliano, forte delle sue virtù di prudenza, scaltrezza, audacia e tanti cicli di affreschi ne riportano le imprese. Se l’Età Barocca fu interessata in particolare all’aspetto favoloso del viaggio di Ulisse (sulla scorta dell’epica dell’Ariosto e del Tasso), e alla figura della maga Circe, con il Settecento, il Neoclassicismo cambiò la visione dell’antico, ma soprattutto per la prima volta da secoli, l’Odissea venne finalmente letta nei suoi particolari anche storici, e ci si interrogò sulla figura di Omero. Fu in quest’epoca che il mito di Ulisse divenne oggetto di studi approfonditi, in clima prettamente illuminista: in particolare, la tematica del ritorno e della memoria suscita l’interesse di studiosi e pensatori; di fatto, Ulisse entra nella modernità.

Un percorso che proseguirà nel secolo successivo, intriso di romantica malinconia: Johann Heinrich Füssli ritrae un angosciato Ulisse nell’Ade mentre interroga Tiresia sul suo destino, ma anche la poetica degli affetti, con la descrizione dell’ambiente e dei costumi. Nel clima decadente di fine secolo, tornano d’attualità le figure della Sirena e di Circe, simboli di un femminilità inquieta e inquietante, ma anche di una condizione umana stretta nell’angoscia dell’incertezza, con l’irrompere drammatico della modernità, a stravolgere una millenaria civiltà rurale. Ulisse è adesso alla ricerca di un’identità, ricerca che proseguirà per tutto il Novecento: Sironi, Savinio, De Chirico, Carrà, sono artisti che pongono in discussione il mito e indagano le fragilità dell’eroe: venuta meno la fede nella scienza, la modernità si annuncia in tutto il suo orrore, e il viaggio immaginato da Omero si trasforma in un’oscura peregrinazione fra i recessi dell’anima e dell’inconscio. De Chirico cala Ulisse nelle atmosfere della Metafisica, Sironi lo ammanta di solitudine, Funi rievoca nel Parnaso una perduta età del’oro, precedente alla modernità, e su questi presupposti la mostra si chiude con il video della performance di Bill Viola, The Encounter (2012), che vede le protagoniste femminili perdersi lungo la sterminata valle della conoscenza, con tutti i rischi del caso.

A Forlì va in scena un lungo e complesso racconto, che alla bellezza delle opere d’arte affianca la riflessione su un tema cruciale per lo sviluppo civile dell’umanità, la conoscenza appunto, di cui il viaggio è strumento e metafora; passeggiando fra marmi e tele dipinte, nelle sale dei Musei di San Domenico si ripercorrono tre millenni di domande, timori, entusiasmi dell’umanità, che ha in Ulisse uno dei suoi eroi più intensi e universali.

frodite-Callipige-I-sec.-d.C.-Napoli-Museo-Archeologico-Nazionale
Afrodite-Callipige-I-sec.-d.C.-Napoli-Museo-Archeologico-Nazionale

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