Nel 1630, a Milano, moriva di peste Daniele Crespi, uno tra i maggiori pittori lombardi di area manierista. È stato allievo del Cerano e del Procaccini, di cui eredita lo studio. Ma secondo Roberto Longhi è più vicino al Cerano per il linguaggio espressivo splendente di luce e di bellezza nei panneggi.
Risulta nativo di Busto Arsizio, probabilmente nel 1598, ed è membro di una famiglia di pittori. L’epidemia che lo ha ucciso è quella narrata da Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Il Granducato di Milano era sotto il giogo spagnolo e quasi sicuramente è stato il Cardinale Federico Borromeo a commissionare a Crespi il suo ultimo lavoro di eccezionale fattura, dal titolo Fulgore e meteora della peste; si conosce inoltre l’esistenza di un altro dipinto iniziato, ma non terminato a tempo. Aveva solo 22 anni.
Il virus che in questi giorni minaccia Milano e dintorni è poca cosa rispetto a quei lontani accadimenti. In questi giorni, qui a Milano, al posto del pittore Crespi, abbiamo troupe di fotografi e cineoperatori. Per non dire delle inquietanti apparizioni di soccorritori in tuta integrale bianca. Sempre meglio, direi, dei “monatti” del buon Alessandro.
In compenso circolano in rete vignette e battute. La più bella in assoluto rappresenta il solo sfondo dell’Ultima Cena di Leonardo… ma senza i Sacri Commensali, qualche volta con sovrascritta: “Qui a Milano stiamo esagerando…”
I cineoperatori intanto non hanno più bisogno di riprendere le code ai supermercati, perché sono stati svuotati dai clienti per affrontare chiusi in casa il prossimo assedio.
Rimane però ancora godibile a Brera un’Ultima Cena del nostro sfortunato pittore appestato del tempo che fu. Consigliabile la visita, quando riapriranno i musei. A futura memoria e per scaramanzia.