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Live Museum, Live Change. La nuova anima dei Mercati di Traiano a Roma

Iginio De Luca, Le Voci di dentro, Mercati di Traiano, Roma, © Fabio Caricchia Iginio De Luca, Le Voci di dentro, Mercati di Traiano, Roma, © Fabio Caricchia
Iginio De Luca, Le Voci di dentro, Mercati di Traiano, Roma, © Fabio Caricchia
Iginio De Luca, Le Voci di dentro, Mercati di Traiano, Roma, © Fabio Caricchia

Live Museum, Live Change è un progetto pensato per l’Atelier Museo Abitato dei Mercati di Traiano di Roma, con la volontà di trasformarlo in luogo di nuova narrazione artistica in relazione allo spazio archeologico

Nato come pianificazione di PAV, tra i vincitori del bando ABC – Atelier Arte Bellezza Cultura della Regione Lazio, con la curatela di Francesca Guida la collaborazione di Regione Lazio Musei in Comune Roma, Roma Capitale, PAV Eccom – Idee per la Cultura Melting Pro Visivalab, Live Museum, Live Change da febbraio in avanti vedrà realizzarsi un ampio programma di residenze o Atelier d’artista, volti delineare i Mercati di Traiano come accessibile e corale hub creativo, incentrato sul tema metaforico della “trasformazione”. I primi due protagonisti sono stati Iginio De Luca con “Le Voci di dentro” e Sonia Andresano con “Permesso di sosta e fermata”.

“Veder sonnecchiare questi frammenti di Storia è stata una grande attrazione, una fascinazione magnetica. […] mi ci sono avvicinato con una coscienza ancora più desiderosa di contatto […] Ciò che è venuto fuori, in maniera imprevedibile, è stato il contatto fisico con i reperti, divenuto quasi un rapporto d’amore, tattile e sinergico”

Così, Iginio De Luca, in una videointervista, racconta “Le Voci di Dentro”, l’installazione sonora che ha animato gli antichi Mercati di Traiano dal 10 al 14 febbraio 2020. Una performance che ha trasformato una nicchia archeologica in un antro sonoro, in cui l’artista prima ed il pubblico poi, hanno avuto la possibilità di entrare in contatto percettivo con un passato tangibile, frammenti di storia che si confondono con un quotidiano lontano millenni da noi eppure, d’un tratto, così vicino. Iginio De Luca, in quello che ha definito un legame con tali reperti di matrice “erotica” ha generato una sorta di compendio sonoro, una catalogazione sensoriale ma impalpabile, di presenze storiche, mediante il carezzevole sfregamento epidermico, di cui Egli ha raccolto l’apparente voce del passato. Assenza e presenza si sono affastellate in un luogo sì peculiare, mentre l’artista, munito di sensibili microfoni e cuffie, è entrato in contatto diretto e contemplativo con gli elementi marmorei. Un dialogo empatico e privo di parola: materia e suono, nell’equilibrata distorsione del tempo, ha gemmato un intimo legame in grado di sottrarsi all’oblio della dimenticanza. Iginio De Luca ha scelto di portare ad emersione quanto ha affermato essere “uno scontro frontale tra la mia esistenza e la natura millenaria del contesto pubblico e politico dei Mercati fatta di uffici amministrativi, di ‘voci’ come pratiche schedate di una burocrazia antica che sedimenta documenti, vite archiviate, timbrate e firmate. Un confronto squilibrato, rischioso”. Oggi, come allora, all’assordante silenzio dell’archeologia disposta come accumulo di oggetti numerati secondo burocratiche sequenzialità, De Luca ha scelto di offrire una nuova identità, non più obnubilata in “quel che fu ma più non è” bensì in ciò che ancora può essere, nell’incontro percettivo con l’osservazione della memoria, generando una meta realtà emozionale e cognitiva, del tutto surreale, ove De Luca risponde con la poesia del ricordo, con un sorriso melanconico, tipico della sua ricerca stilistica. “Le voci di dentro”, con la delicatezza sacrale dell’antichità, rappresentano una sorta di inno – ed Iginio sa bene quanto valore abbia un “inno” – al futuro, all’importanza della conoscenza del nostro passato, magister vitae. Il presente, labile, quello degli istanti della performance in situ del 14 febbraio scorso, non è scomparso ma eternato dalle fotografie e dai video che conserveranno il codex di tale nuova memoria.

Sonia Andresano, Permesso di sosta e fermata, Atelier d'artista - Mercati di Traiano, still video 1 - ph courtesy, l’artista
Sonia Andresano, Permesso di sosta e fermata, Atelier d’artista – Mercati di Traiano, still video 1 – ph courtesy, l’artista

Il secondo “Atelier d’artista” ai Mercati di Traiano, ha portato in scena il lavoro di Sonia Andresano “Permesso di sosta e fermata”.

“Tutto inizia sulla terrazza superiore dei Mercati dove l’accesso di solito è vietato ai visitatori. Ora lì vi è permesso sostare e la visione si apre a scorci inaspettati. Sembra di stare fermi su questi giacigli ma dei rumori ci ricordano che il viaggio è iniziato. Siamo immobili ma ci muoviamo lo stesso. Su poi giù, in fondo, dentro e fuori, percorriamo insieme l’area archeologica: è iniziata l’esplorazione. Transitiamo in tutte le direzioni e anche quando ci sediamo qualcosa dentro di noi continua ad andare”

Sonia Andresano, ci accompagna nella lettura della sua opera, raccontata anche nella videointervista progettuale. Dal 17 al 21 febbraio ha proposto un ideale viaggio metafisico, oggettivato attraverso il racconto simbolico che ne caratterizza la ricerca, emblema di riflessione interiore, qui condivida come non mai. “Permesso di sosta e fermata” ha sancito il legame con lo spazio ma anche con il tempo, secondo una interessante rivisitazione della funzione di un apparato effimero. Come suggerito in incipit tutto prende avvio dalla terrazza superiore dei Mercati traianei, luogo raggiunto dall’artista, solitamente vietato, occluso allo sguardo del pubblico che, invece, ne è divenuta inusitata presenza. Sonia Andresano ha focalizzato la propria riflessione sul dialogo tra dimensioni: temporali, spaziali, storiche, culturali ed antropologiche. Conversazione che ha avuto origine sostando su una sedia. L’artista ha ricevuto in dono da amici ed altri artisti – Paolo Assenza, Marco Bernardi, Carlo Alberto Bucci, Simone Cametti, Antonietta Campilongo, Marco Colazzo, Isabella D’Antonio, Iginio De Luca, Cristina Dinello Cobianchi, Gaia Flamigni, Lia Giannotta – delle sedie (od anche poltrone e sgabelli), provenienti da studi, case, luoghi cari ad essi. Tali sedute – allegoria della necessità insita nell’uomo di conquistare lo spazio, pubblico o privato, di transitarvi, abitandolo in ogni sua direzione – sono allegoria dell’azione di ‘entrare’ e quella di “uscire” da un “quì verso un altrove”. In tale tourbillon psicologico oltre che fisico, atavico e primigenio, la Andresano ha scelto l’oggetto “sedia” come emblema d’attesa, ove la commistione di presenza ed assenza vive nell’oggetto, elemento intimo e familiare, inviolabile al di fuori dello spazio già abitato che, al contrario, separandosene, giunge in un luogo pubblico, a cielo aperto. L’azione, reiterata e registrata da video e foto, – come sempre nella produzione site specific della Andresano – ha prodotto una mise en scène delicatamente vivida. Asserisce l’artista: “Ma nonostante siano fermi, questi giacigli simili a sale d’attesa, continuano a spostarsi, ad andare e tornare. Rumori di sedie e poltrone che si spostano, che strusciano sul pavimento, che urtano come durante un trasloco ci conducono in un tempo sospeso, in transito”. Ruolo principe, certamente, dell’intera pratica è stato affidato alla percezione, atta a ‘sentire’ attraverso l’udito, ma anche la vista ed il tatto, gli oggetti e le persone percorrere tragitti altrimenti vietati, spostarsi e abitare per un tempo limitato e definito, aree adibite, in passato, al transito commerciale di merci e di idee – evidentemente –. La sedia, per così dire, scelta da Sonia Andresano, ricercata, ricevuta, condivisa, fermata e spostata, ha gemmato un intrigante viaggio, di cui il “Permesso di sosta e fermata” in una dimensione che è stata ideale, reale, onirica e mnemonica, emersione dell’essenza e la grandezza di un istante universale.

Azzurra Immediato

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