Intellettuale indipendente, scomodo e spesso caustico, Arbasino fu tra i protagonisti del “Gruppo 63”, assieme a Eco, Sanguineti, Manganelli
“Si è spento ieri serenamente, dopo una lunga malattia”. Con queste poche parole la famiglia ha comunicato la scomparsa, all’età di 90 anni, nella sua Voghera, di Alberto Arbasino, fra i maggiori scrittori, giornalisti, docenti universitari, poeti e critici teatrali italiani del dopoguerra. “Sono nato nel ’30, quindi ho fatto in tempo a vivere gli ultimi anni del fascismo e poi tutta quanta la guerra perché eravamo sfollati in campagna ed eravamo in difficoltà gravi perché si era in una zona dominata dalle brigate nere e da una Sichereit tedesca”, raccontava lui stesso in un’intervista del 2012.
Era nato appunto a Voghera il 22 gennaio 1930. Dopo la laurea in Giurisprudenza, si era specializzato in Diritto internazionale all’Università di Milano. Il suo esordio come scrittore risale al 1957, sotto le ali di Italo Calvino, con alcuni racconti pubblicati su riviste e poi raccolti ne “Le piccole vacanze” e “L’anonimo lombardo”.
La sua notorietà cresce quando è tra i protagonisti del “Gruppo 63“: “Gli anni Sessanta hanno portato l’inizio del Gruppo 63…”, ricordava nella citata intervista. “Era una piattaforma generazionale di personaggi diversissimi… Eco, Sanguineti, Manganelli… allora si pensava di utilizzare il boom economico, che sembrava molto più solido e a lunga portata, per cercare di migliorare la qualità letteraria, elevare la qualità perché l’altra strada era approfittare del boom economico per produrre bestseller”.
Nel maggio 1963 esce per Feltrinelli Fratelli d’Italia, la sua opera probabilmente più importante, poi ripubblicata e ampiamente riscritta nel 1993. Collabora con i quotidiani “Il Giorno” e “Corriere della sera”, e con il settimanale “Il Mondo”. Con scritti da Parigi e da Londra, poi raccolti nei libri “Parigi, o cara” e “Lettere da Londra”. Dal 1975 scrive per “La Repubblica”, con brevi lettere di denuncia contro i mali della società italiana. Nel 2009 la consacrazione avviene con l’uscita di due volumi antologici ne «I Meridiani» di Mondadori.
Un personaggio dalle mille sfaccettature, difficile da ricordare in poche righe. Scomodo e spesso caustico, indipendente e a volte un po’ egotico. Per dare la misura del suo approccio a una società culturale sempre messa nel mirino, bastano le parole che pronunciò nel 2011 abbandonando prima della conclusione la cerimonia del premio letterario Boccaccio, a Certaldo: “Sono qui da due giorni a sentire fanfaluche e convenevoli. Io questo premio non lo voglio, tenetevelo, me ne vado”.