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Il diario della quarantena di Tracey Emin, un racconto di vita di 7 giorni

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Tracey Emin, My Bed, 1999

“Abbiamo bisogno dell’arte, di tutti i tipi di arte. Dobbiamo incoraggiare i musei e le gallerie a realizzare il maggior numero possibile di progetti e interventi. Questa potrebbe essere un’opportunità per saperne di più sugli artisti e sulla loro pratica” (Tracey Emin).

I 7 giorni di quarantena su White Cube di Tracey Emin qui

Tracey Emin ha condiviso su Instagram il diario quotidiano della propria vita durante la quarantena. La Emin, abituata a condividere col pubblico la sua intimità, ha accettato volentieri la proposta di White Cube di tenere un diario quotidiano (la settimana successiva è toccato a Gormley).

Sette appuntamenti, il primo dei quali (26 marzo) si è aperto con un video della Emin in vasca da bagno e di fronte a lei un vassoio di hot-cross buns (i panini speziati pasquali tipici del Regno Unito) e caffè. Un cielo azzurro brillante risplende dalla finestra. “Oggi sarei felice, oggi festeggerei la mia solitudine se non fossi pervasa da un enorme sentimento di paura, un’oscurità che mi fa desiderare di continuare a vivere più che mai. Voglio continuare a vivere, urlare, amare, voglio andare dritta verso il sole così da poterne sentire il calore” scrive la Emin.

Il 27 marzo la Emin registra sul suo diario online i cambiamenti del proprio umore e pubblica la fotografia della chiesa Christ Church Spitalfields nella zona est di Londra all’alba, con la didascalia: “Oggi non ci sono uccelli che cantano, non sento nulla, il corpo intorpidito, mi sento morta dentro”.

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Il giorno seguente, il 28 marzo, un selfie dell’artista accompagnato dalle parole “Oggi c’è qualcosa che non va in me, sono arrabbiata ma non ho le forze di mostrarlo, questo sentimento si sta impossessando della mia anima”.

L’ultimo post di Tracey Emin è il video di un dipinto a cui ha lavorato per quasi 6 mesi. “Non è mai finito, ci ho dipinto cinque volte sopra, su di esso ci sono sei diversi dipinti stratificati. Ma non scenderò a compromessi, non su chi sono e ciò che faccio”.

L’artista, in un’intervista a The Art Newspaper confessa di essere molto spaventata dagli eventi delle ultime settimane. Trascorre molto tempo da sola e teme questi tempi oscuri e spaventosi. Conosce gente gravemente ammalata, alcuni sono in terapia intensiva e pensa che sia solo l’inizio.

Emin ha lasciato il suo studio e lavora da casa come tutti. Dipinge spesso la sua casa, dice, ma resta terrorizzata dall’enorme quantitativo di gente che sta sottovalutando l’emergenza da Covid-19 e che non presta attenzione alle misure restrittive che ogni cittadino è chiamato ad osservare. “E’ un killer questo virus, dice, e nessuno lo conosce ancora”. Racconta di aver chiamato un’ambulanza per un vicino di casa pochi giorni fa, per una sospetta appendicite. Ci è voluta un’ora e mezza prima che i soccorsi arrivassero. L’operatore che ha risposto al telefono ha detto all’artista che stava facendo un turno di 14 ore e che non potevano tenere il passo con le numerose chiamate.

Ad oggi sono state rinviate 3 mostre della Emin. “I Lay Here For You” che si sarebbe dovuta tenere durante l’apertura del Festival di Edimburgo (30 luglio-30 agosto) è stata rinviata a luglio 2021, così come l’evento che avrebbe dovuto svolgersi nel sud della Francia, presso Villa Théo a Saint-Clair. Un’altra mostra in cui la Emin dialoga con Edvard Munch e che dovrebbe tenersi ad Oslo, presso il nuovo Munch Museum in primavera, aprirà anch’essa nel 2021, anche a causa di alcuni ritardi nei lavori di costruzione del museo. Anche lo spettacolo alla Royal Accademy of Arts di Londra previsto per novembre potrebbe subire variazioni.

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