Uno degli ultimi grandi del Novecento, Del Pezzo è scomparso nei giorni scorsi a Milano all’età di 87 anni. Lo ricordiamo con l’omaggio resogli da Giorgio Marconi, suo storico gallerista e amico
Un’intensa collaborazione che non si è mai interrotta quella di Lucio Del Pezzo (Napoli 1933 – Milano 2020) con Giorgio Marconi, iniziata nel 1965 con la prima partecipazione alla mostra inaugurale di Studio Marconi e passata attraverso le più recenti esposizioni del 2009 e 2014 alla Fondazione Marconi, per poi concludersi con l’ultimo omaggio a lui dedicato da Studio Marconi ‘65, nel 2018, in occasione di miart.
Napoletano per nascita e formazione, Lucio Del Pezzo si trasferisce a Milano dal 1960, dove partecipa al clima culturale della città. Sono gli anni cruciali della sua carriera, in cui è presente alla Triennale di Milano (1964) e alla Biennale di Venezia (1964 e 1966) e nel giro di pochi anni il suo lavoro acquista un respiro internazionale.
Elaborate con accenti originali e con il gusto e la manualità dell’artigiano, le sue opere mostrano uno stile inconfondibile in cui convivono componente ludica e spirituale.
Ognuna delle sue pitture-oggetto è accuratamente progettata: emblemi figurali, come triangoli, cerchi, coni, bersagli, birilli, frammenti di cornicioni denotano l’intento dell’artista di dare un peso determinante all’elemento iconico.
Ne deriva una continua tensione tra l’aspetto giocoso, di divertissement beffardo, e quello strutturale, morfologico e compositivo.
Oggi vogliamo ricordare questo protagonista della nostra storia e della scena artistica contemporanea, scomparso lo scorso 11 aprile, con le parole che Pierre Restany scrisse nel 1967 a commento del suo lavoro e che ci sembrano particolarmente attuali:
La nostra epoca ha bisogno di una nuova preziosità che non corrisponde a un lusso del raffinato, ma a un’igiene necessaria del linguaggio, a una profilassi della visione… Il nostro occhio usurato si rimette quasi interamente al turno dei cliché mentali. Si aspira a un nuovo ossigeno, senza crederci veramente. Ed ecco che un naîf saggio, un perverso di buona compagnia, un arlecchino in borghese senza tamburello né tromba, ci invita a giocare con lui. È la calma dopo la tempesta, il sospiro dopo l’angoscia. Tutto scorre e ci si sente meglio…
Note biografiche
Nato nel 1933, si forma all’Accademia di Belle Arti di Napoli, sua città natale. Dopo il diploma si reca in Grecia per compiere ricerche archeologiche grazie a una borsa di studio.
Verso la metà degli anni Cinquanta si distingue come animatore d’avanguardia. È tra i fondatori della rivista “Documento Sud” e del Gruppo 58, con il quale espone alla galleria San Carlo di Napoli nel 1958. Trasferitosi a Milano nel 1960, tiene la sua prima personale alla Galleria Schwarz. E l’anno seguente espone negli Stati Uniti, dove vince il Carnegie International Award.
Nel 1962 su “Art International” compare un saggio dedicato all’artista da Enrico Crispolti. Nel 1964 espone alla Triennale di Milano e alla Biennale di Venezia. Dove torna nel 1966 con una sala personale e la presentazione di Gillo Dorfles.
In questa fase la figurazione neodadaista degli esordi, intrisa di riferimenti alla cultura popolare partenopea, evolve verso una geometria razionale dal sapore metafisico, dove l’essenzialità delle forme rimanda a una dimensione archetipica, che tuttavia reca il segno di un’attenzione al linguaggio pop.
Nel 1965 partecipa alla mostra inaugurale dello Studio Marconi, con il quale avvia un intenso rapporto di collaborazione e dove terrà numerose personali negli anni seguenti.
Nel 1970 ha un’ importante antologica a cura di Arturo Carlo Quintavalle al Salone dei Contrafforti in Pilotta a Parma. Seguita nel 1974 da una retrospettiva di Guido Ballo alla Rotonda di via Besana a Milano.
Dopo un lungo soggiorno a Parigi torna definitivamente in Italia nel 1977 e negli anni seguenti inizia a lavorare anche come scenografo.
Nel 1984 gli viene assegnata la cattedra di “ricerche sperimentali sulla pittura” alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, mentre nel 1988 espone a Mosca al Palazzo dell’Arte e nel 1994 alla Casa del Mantegna di Mantova.
Nel 2000 l’Istituto Mathildenhöhe di Darmstadt presenta la prima grande retrospettiva della sua opera in Germania, e nel 2001 progetta quattro grandi rilievi ceramici e una scultura in bronzo per due stazioni della metropolitana di Napoli ed espone una grande mostra antologica al Castel dell’Ovo.
Esegue opere su commissione, tra cui il grande bassorilievo realizzato per la Società Risanamento Santa Giulia a Milano su invito di Giorgio Marconi.
Nel 2004 partecipa alla mostra “Archeologia metafisica” presso il Museo dei Materiali Minimi di Paestum; espone nel 2007 a Palazzo Doria a Loano un’antologica dal titolo “Nello stile italiano”.
Nel 2008 alcune sue opere entrano a far parte della collezione della Farnesina a Roma.
Del 2009 è la mostra alla Fondazione Marconi, “De Architectura”, incentrata su opere realizzate tra il 1958 e il 1972, seguita da “Sagittarius” nel 2014-2015.
Nel 2016 partecipa alla collettiva “Italia Pop. L’arte negli anni del boom” alla Fondazione Margnani Rocca di Traversetolo (Parma).
Lucio Del Pezzo si spegne a Milano l’11 aprile 2020.