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La storia del vombato, il marsupiale che diventò l’animale prediletto dei Preraffaelliti

Il vombato raffigurato da Edward Burne-Jones
Il vombato raffigurato da Edward Burne-Jones

Il vombato, piccolo marsupiale australiano, è diventato per una serie di ragione l’animale prediletto del gruppo dei preraffaelliti, guidati da Dante Gabriel Rossetti. Ecco la sua storia, ricostruita da Angus Trumble, direttore della National Gallery di Camberra.

Dante Gabriel Rossetti – leader assoluto del gruppo dei preraffaelliti al punto da sfiorare lo status di leader spirituale – nel 1862 viveva a Chelsea, Londra. La residenza era enorme, tanto da poter accogliere amici e visitatori continui, garantendo a ciascuno tutto lo spazio di cui necessitavano. Anche il giardino non faceva mancare nulla alle creature che lo riempivano: gufi, conigli, ghiri, procioni, pavoni, canguri, wallaby, cervi, marmotte, salamandre giapponesi e tanto altro. Un vero e proprio zoo ad uso personale del pittore e dei suoi compagni, amanti dell’esotico e della bellezza di qualsiasi tipo. Non è impossibile paragonare questa residenza tanto eccentrica – soprattutto se la immaginiamo nella metropoli britannica – proprio ad un dipinto preraffaellita, saturo di dettagli e trame barocche, intrecci precisi eppure quasi caotici nella loro densità; affascinanti e variegate, queste opere sembrano ridondare nello strano giardino dal carattere eccentrico. In questo tripudio di meravigliose bizzarrie, il culmine era però rappresentato da un animale piccolo e buffo, peloso e incline alla socialità: il vombato.

© William Morris Gallery, London Borough of Waltham Forest

La strana creatura, originaria dell’Australia e conosciuta in Europa da inizio Ottocento in poi, si era lentamente imposta nella comunità pittorica preraffaellita proprio grazie alla passione che Rossetti nutriva per esso. Val Prinsep, pittore che orbitava attorno alla cerchia di artisti, ebbe modo di affermare: “Rossetti era il pianeta intorno al quale giravamo, abbiamo copiato il suo modo di parlare. Tutte le belle donne per noi erano “storditrici”. I vombati erano le più belle creature di Dio”. Ma cosa ha reso il vombato così affascinante? Proviamo a comprenderlo dalle parole di John Gould, ornitologo e naturalista britannico, che nel 1855 diede una calzante descrizione dell’animale:

È notturno, vive in profonde tane di pietra che scava da solo durante il giorno, ed emerge all’approssimarsi della sera, ma raramente si allontana dalla sua roccaforte, alla quale accorre in cerca di sicurezza se vede un intruso. Gli indigeni affermano, tuttavia, che a volte si abbandona a lunghe passeggiate, e che, se deve attraversare un fiume, cammina tranquillamente nell’acqua e attraversa il fondo del torrente fino a raggiungere l’altra sponda… è tranquillo e docile, si addomestica presto e apparentemente si lega a coloro che lo alimentano; a riprova di ciò, posso citare che i due esemplari che oggi e da molto tempo vivono nei Giardini della Società Zoologica del Regent’s Park, che non solo si fanno avvicinare, ma possono essere accarezzati e strapazzati da chiunque voglia fare conoscenza con loro.

Probabilmente Rossetti era entrato in contatto con il vombato proprio a Regent’s Park, dove spesso si recava alimentando la sua passione per gli animali e per la creatura australiana in particolare. Difficile risalire alle precise motivazioni di questa infatuazione, sempre che sia possibile farlo; più facile pensare che il pittore abbia poi influenzati i suoi compagni fino a trasmettere loro la stessa passione, elevando il vombato ad animale guida per il gruppo. In un’occasione Rossetti scrisse infatti a Ford Madox Brown, anch’esso pittore: “Caro Brown: Lizzie ed io proponiamo di incontrare Georgie e Ned (i Burne-Jones) domani alle 14:00 presso il luogo di incontro dei Giardini Zoologici, la Tana del vombato”. Questo estratto indica una certa ritualità, legata all’abitudine, che fa del vombato un simbolo cardine nella poetica preraffaellita. Forse oggi potremmo definirla una mascotte, anche se il ricorso che gli artisti del gruppo ne fecero invita a supporre che fosse molto di più.

The Oxford Union Old Library

Infatti, quando nel 1857 Rossetti – insieme a Edward Burne-Jones e William Morris – fu incaricato di affrescare la biblioteca dell’Oxford Union, non mancò di dare testimonianza artistica del suo animale prediletto. Se le pareti superiori furono dipinte seguendo gli episodi della leggenda arturiana, le finestre – momentaneamente verniciate per ridurre il riverbero della luce – furono ricoperte da schizzi e disegni della creatura. Se a lavori terminati questi scomparvero insieme alla calce dalle finestre, il loro influsso continuò a ridondare nella poetica preraffaellita. Edward Burne-Jones, in particolare, si dimostrò particolarmente valido nella riproduzione del vombato, che di fatto si presenta in diverse soluzioni nelle sue opere.

Lo status invidiabile che il vombato raggiunse tra i preraffaelliti è testimoniato, in maniera definitiva, dalla rappresentazione santificatrice operata da Rossetti. Un disegno conservato al British Museum illustra l’animale affianco a Jane Morris, amante dell’artista, entrambi dotati di aureola. Vi è quindi una doppia conferma della sua importanza, testimoniata sia dall’affiancamento con la donna amata, sia per l’accessorio divino con cui è ornato. Ma dal momento che nulla di tutta questa faccenda appare normale o consueto, guardando bene il disegno si può notare come l’animale sia tenuto al guinzaglio dalla donna, che esercita su di lui un indiscusso vantaggio. Niente di strano, direte, ma la questione si infittisce quando si prende in considerazione il nome del vombato posseduto da Rossetti: Top. No, non si riferisce al concetto di eccellenza, come si potrebbe pensare, quanto piuttosto a Topsy, ovvero il soprannome con cui era conosciuto William Morris, vecchio amico di Rossetti (che lo aiutò all’Oxford Union) nonché legittimo marito di Jane Morris.

Dante Gabriel Rossetti, Jane Morris e Top

La nuova associazione di cui il vombato si fa protagonista – questa volta ai danni del marito tradito – ne sottolinea la multiforme valenza che aveva per Rossetti. L’animale si fa in questo caso simbolo del suo successo amoroso e della disfatta del rivale, rivelando un ruolo eterogeneo, quasi totemico, per la frequenza con cui il pittore si rivolge a lui per esprimere se stesso. Anche nel momento più difficile per l’artista – ovvero un viaggio in Scozia intrapreso per risollevarsi da un grave crisi nervosa – l’ultimo e più importante pensiero fu sempre rivolto a quel piccolo e incredibile animaletto:

Oh! How the family affections combat

Within this heart; and each hour flings a bomb at

My burning soul; neither from owl nor from bat

Can peace be gained, until I clasp my wombat!

 

Da una lettera scritta a Jane Morris

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