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La fantasia del Rinascimento in una coppia di albarelli veneziani. Parola a Luca Melegati Strada

Per gli appassionati di ceramiche, Luca Melegati Strada – responsabile Wannenes per il dipartimento “Ceramiche e Vetri” – ci racconta la storia di una coppia di albarelli veneziani venduti nel 2011 per 442.800 euro

«La maiolica rinascimentale ha sempre occupato un posto particolare nell’ambito del collezionismo più attento e sofisticato: nella loro apparente naïveté, queste ceramiche costituiscono una summa della cultura cinquecentesca, e la loro piacevolezza, unita ad una committenza spesso legata agli apici sociali del tempo, ne hanno fatto l’oggetto dell’interesse degli appassionati a partire dal diciannovesimo secolo.

Pur nell’ambito di opere già tanto apprezzate, non mancano esempi di queste maioliche davvero intriganti, dotate di un fascino del tutto particolare: è questo il caso di una grande coppia di vasi da farmacia aggiudicati a 442.800 euro che il mio dipartimento ha avuto l’opportunità di studiare durante la preparazione della vendita dedicata ad una grande collezione italiana, tenuta nelle sale genovesi di Wannenes nell’ottobre del 2011.

Provenienti dalla collezione Sprovieri e pubblicati nel catalogo sistematico come “i più spettacolari pezzi di maiolica rinascimentale veneziana”, appaiono di grandiose dimensioni, ben quaranta centimetri, ed attribuibili, il mistero non si è ancora chiarito, ad uno dei grandi della maiolica rinascimentale, Domenico da Venezia, o ad un ancora ignoto pittore attivo a Casteldurante (forse un transfuga veneziano?), i due albarelli sono di una qualità superba, e databili agli anni tra il 1560 ed il 1570.

La lussuosa decorazione si staglia su un blu intenso, e comprende fregi fogliacei, un elefante con un bacile sul dorso sul quale si erge una guerriera nuda, una capra, animali vari…. Ed ancora tacchini gufi, altri volatili. È possibile che la rappresentazione di animali e volatili sia una allegoria della Terra e dell’Aria, forse in relazione alle incisioni di Giovanni Battista Franco.

L’effetto è sorprendente, ed ancora più sottolineato dalle non ancora risolte difficoltà interpretative della decorazione stessa, nonostante che vi si siano dedicati generazioni di studiosi: tra gli interrogativi rimasti irrisolti, oltre a chi abbia mai commissionato delle opere tanto ambiziose, il fatto che vi appaiono, come detto, dei tacchini, forse una prima assoluta nell’arte occidentale. Davvero un privilegio avere tra le mani due opere così emblematiche della cultura di un intero secolo!»

 

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