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Gallerie italiane in tempi di lockdown. Tra ritardi da sanare e rincorsa alle big mondiali

Joseph Kosuth, Milano, 2019, exhibition video, Galleria Lia Rumma Joseph Kosuth, Milano, 2019, exhibition video, Galleria Lia Rumma
Art Basel Honk Kong
Art Basel Hong Kong, 2017

Riapertura rimandata a data da destinarsi. Dopo l’ennesima settimana di chiusura per le gallerie d’arte, si fa sempre più impellente la necessità di trovare mezzi alternativi con cui portare avanti l’attività. Il mantra che rimbomba ormai nell’aria è quello dalla viewing room, possibile fase evolutiva verso una futura disintermediazione delle vendite.

Partono avvantaggiate le realtà che da tempo investono sulle proprie piattaforme online, in alcuni casi considerate ormai alla stregua delle sedi fisiche. Colossi come Gagosian, David Zwirner o Hauser & Wirth hanno soltanto implementato un’offerta in realtà già molto ricca, continuando a puntare tanto sui social quanto sulla creazione di nuovi format di vendita.

Dal sito web ufficiale della galleria David Zwirner. Modalità di accesso alla Viewing Room
Se le maggiori gallerie internazionali sembrano ormai uniformarsi nell’intraprendere la strada del digitale, il quadro italiano è più sconfortante. Alcuni contenuti aggiuntivi, poche viewing room, quasi nessuna possibilità di contatto diretto per l’acquisto. Si salvano in parte i social, ormai riconosciuti da tutti come un mezzo imprescindibile.

È come se i galleristi non volessero accettare di imboccare la strada alternativa, preferendo aspettare che le cose tornino alla normalità. Ma succederà mai? O per lo meno, quale sarà la “normalità” una volta che l’emergenza si sarà calmata? Nessuno ha davvero coscienza di come si evolveranno le cose, sia nel breve che nel lungo periodo. E se questa incertezza rende difficile prendere qualsiasi tipo di scelta, è altrettanto vero che non si può aspettare oltre per riorganizzare le proprie carte. Bisogna gettare le basi per un futuro che presumibilmente sarà completamente diverso da quello che fino a tre mesi fa conoscevamo.

Il problema non è tanto la riapertura delle gallerie (che si spera avvenga a breve), ma il venir meno ora come ora (o perlomeno essere in fortissimo dubbio e con ancora troppi punti interrogativi) di kermesse fieristiche/espositive apicali come Art Basel, Frieze, miart e via dicendo. Difficile credere che a settembre la gente abbia voglia di prendere un aereo (potrà prenderlo?) per raggiungere una fiera dove infilarsi col terrore di non rispettare le misure di sicurezza. Probabilmente una tranquillità del genere si potrà riacquisire solo con la scoperta del fatidico vaccino. L’assenza delle principali vetrine internazionali rende quindi necessario costruirne delle altre sul web, dove non ci sono rischi di ignorare il metro di distanza.

Joseph Kosuth, Milano, 2019, exhibition video, Galleria Lia Rumma
Joseph Kosuth, Milano, 2019, exhibition video, Galleria Lia Rumma

In Italia alcune gallerie hanno già riorganizzato le proprie risorse per cercare di far fronte alla situazione. La Galleria Tommaso Calabro, oltre ad aggiornare quotidianamente la propria pagina Instagram con foto di artisti a tema #iorestoacasa, ha reso disponibili dei tour virtuali delle mostre passate, un’esperienza immersiva che si distingue dalle semplici exhibition view che sembrano andare per la maggiore.

Altri si concentrano sull’offerta di servizi aggiuntivi, come i video dedicati a singoli artisti di Vistamare o mostre di Lia Rumma.

C’è poi chi ha scelto di dar vita a nuovi format digitali. #mazzolenidiary e #mazzolenibrunch sono le iniziative che la storica galleria torinese (con sede anche a Londra) ha creato per far fronte alla chiusura, trasferendo le esposizioni fisiche sulla piattaforma Artsy. Forse questa, insieme alle viewing room di Raffaella Cortese e Galleria Continua (dove non appaiono i prezzi delle opere, ma è possibile richiedere informazioni tramite il tasto “inquire”), è l’iniziativa che più si pone nell’ottica di trovare un canale alternativo che permetta di condurre le vendite in modo più immediato.

Tour virtuale della mostra Rodolfo Aricò/Anna Castelli Ferrieri. L'amore per il progetto, Galleria Tommaso Calabro
Tour virtuale della mostra Rodolfo Aricò/Anna Castelli Ferrieri. L’amore per il progetto, Galleria Tommaso Calabro
Restano tanti, però, i casi di siti web scandalosamente vuoti e graficamente vetusti, inutilizzabili per un semplice visitatore, figurarsi per un possibile compratore. Archivi fotografici ridotti all’osso, sparuti comunicati stampa e poco più. Se è vero che bisogna evitare una sovrabbondanza di informazioni inutili, non bisogna neppure esagerare in senso opposto.

È legittimo non voler sovraccaricare le proprie pagine di contenuti solo per fare numero, anzi. I social sono intasati da un numero così alto di video in diretta che è impossibile stare al passo con tutto. Qualità prima che quantità è un principio che vale anche in questo caso, purché il numero sia maggiore di zero.

Potrebbe sembrare che video, interviste ed esposizioni virtuali esulino da quello che lo scopo principale della galleria, cioè vendere. Ma tutto va letto nell’ottica di creazione di valore aggiunto. Così come le mostre organizzate nella sede fisica servono a mostrare al pubblico l’offerta della galleria, approfondimenti e contenuti extra sono propedeutici al coinvolgimento degli utenti, funzionale a sua volta all’acquisto.

William E. Jones, viewing room di Raffaella Cortese
William E. Jones, viewing room di Raffaella Cortese

È chiaro che una foto, per quanto in alta risoluzione, non sostituirà mai il contatto diretto con un’opera, nessuno si sognerebbe di affermare il contrario. Ma può comunque avere una funzione nell’attirare l’interesse di un pubblico nuovo. Nel caso di David Zwirner, che ormai considera la propria piattaforma online come la settima sede, il 47% delle richieste online provengono da clienti nuovi, come racconta la digital strategist del mondo dell’arte JiaJia Fei in un’intervista al Financial Times.

A ben guardare, queste sono tutte considerazioni che potevano valere anche prima del lockdown. Non avrebbe dovuto essere una pandemia a far nascere l’idea di sfruttare le enormi potenzialità offerte da internet per raggiungere i clienti in modo innovativo. Se da una parte spostarsi in giro per il mondo è diventato sempre più felice, la crescente sensibilità al tema ambientale determina che anche figure come Hans Ulrich Obrist scelgano di ridurre il numero dei propri spostamenti per contribuire alla causa. Questo per dire che il cambiamento è in atto da tempo, e non sapersi rinnovare finisce sempre per rivelarsi fatale.

Ovviamente nessuno si sarebbe mai immaginato che sarebbe successo tutto questo, ma tant’è. Si è ribaltato -almeno per ora- il modello per cui un collezionista, a seconda della stagione, si sposta da Miami a Basilea per vedere cos’ha da offrire il mercato. Inizia l’epoca delle gallerie svincolate da sedi fisiche e calendari espositivi, perennemente aperte nel WorldWideWeb.

Tutto sta cambiando, forse in modo permanente, di sicuro radicalmente. E al posto che ignorare l’evidenza bisogna iniziare a gettare le basi per qualcosa di nuovo.

Hans Hartung
Hans Hartung, Mazzoleni Torino, Courtesy: Mazzoleni, London-Torino

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