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Progetto: uno spazio internazionale per l’arte contemporanea in Puglia

Marco Vitale, Cries the man in the blue garden, 2019, Progetto, Courtesy ph. Raffaella Quaranta
Marco Vitale, Cries the man in the blue garden, 2019, Progetto, Courtesy ph. Raffaella Quaranta

Il panorama dell’arte contemporanea, in una Puglia sempre più attiva, risulta particolarmente vivificato dal sorgere di nuovi spazi artistici e curatoriali indipendenti nella città di Lecce. Tra i più recenti e fertili, Progetto, fondato e diretto dall’artista statunitense e curatrice indipendente Jamie Sneider. Attivo dallo scorso giugno, grazie alla sua vocazione di spazio per pratiche artistiche, ha realizzato due mostre con diversi artisti internazionali, un evento performativo e la collaborazione con una importante casa editrice tedesca e con una realtà curatoriale pugliese.

La peculiarità di questo spazio è da ravvisarsi nella ricerca condivisa, anche sotto forma di residenza artistica, all’interno di una dimora storica, fortemente connotata dalla storia del luogo e dalla sua architettura. Progetto è collocato all’interno di un antico palazzo del centro storico del capoluogo salentino, nell’antica zona giudaica della città, configurandosi, per questo, come luogo fertile per la sperimentazione artistica e per nuove processazioni metodologiche.

Gli artisti invitati portano la loro ricerca ponendola in dialogo con l’esplorazione del luogo, attraverso l’interazione con l’ambiente e con la rilevazione di fattori sociali e storici, per giungere a una elaborazione formale finale site specific. La prima personale, ospitata lo scorso luglio – Fortaleza di ektor garcia – ha esplicitato da subito questa intenzione. L’artista americano ha esposto un corpus di opere di matrice scultorea, realizzate, in parte, durante la residenza pugliese. L’allestimento all’interno dei quattro ambienti dello spazio espositivo ha rivelato una ricerca ctonia, profondamente connessa con la verticalità viscerale della terra e la memoria del gesto, nell’atto di restituire il primato dell’immagine sul linguaggio. Hanno “abitato” lo spazio espositivo terrecotte grezze e sculture in ceramica, alcune soverchiate di colate nero pece, altre lasciate alla nudità della cromia terrestre, tutte recanti trame digitali di lavorazione lasciate in evidenza, con espliciti riferimenti morfologici all’anatomia umana. Alle simbologie apotropaiche realizzate con la semplicità dell’elemento lavorato, l’artista americano ha accostato, negli altri ambienti della galleria, grandi catene di argilla, valore dualistico di imponenza e fragilità.  Alcune sculture sono state rivestite di intrecci e trame di rame, lavorate ad uncinetto, hanno realizzato indumenti comuni come la t-shirt; indicatori importanti, questi, di una ricerca sospintasi anche verso l’analisi critica di aspetti tipici di comunità stratificate da ruoli e complessità sociali.

ektor garcia, “Conjunto Cutrofiano”, 2019 a Progetto, Lecce, Courtesy Ph. Simon Veres e Progetto

La residenza condivisa da Nina Canell, Robert Watkins e Anna- Sophie Springer, e l’esplorazione del territorio salentino, di cui Progetto è stato fautore e host, hanno reso possibile la realizzazione del libro d’artista: Teratologia vegetale. Il volume ha raccolto una serie di illustrazioni botaniche da colorare, con un glossario e un breve testo di Robert Watkins, basato sulla Teratologia vegetale di Maxwell T. Master, Un contributo alle principali malformazioni delle piante del 1869. Il progetto editoriale si è soffermato sul potenziale delle anomalie morfologiche delle piante, oltrepassando il nozionismo delle classificazioni scientifiche, attraverso un nuovo senso conferito dalla colorazione da inserire negli spazi. Insieme al libro sono state presentate altre opere selezionate dall’archivio della casa editrice K- Verlag, impegnata in collaborazioni con artisti su temi riguardanti archivi storici, ambiente e cultura, geopolitica. La potenzialità del metamorfismo materico e naturale dal libro sono state tema non solo editoriale ma anche della ricerca con cui si è misurata Nina Canell e che ha declinato, in forme differenti, lo sviluppo metodologico del suo lavoro negli spazi della galleria. Pneus, paradigma visivo sulle potenzialità dell’oggetto materico, ha attinto a materie prime elementari, l’argilla e la pietra, realizzando forme sferiche, dal bordo perimetrale discontinuo, accostate e separate tra loro. In un meta-contesto significativo, l’ambiente che affaccia su un rigoglioso giardino interno, è stata invece installata Perpetuum Mobile, “macchina” mutante in cui vapore acqueo e ultrasuoni hanno dissolto la materia. La potenzialità del fattore termico-ambientale e del conseguente cambiamento di stato, da oggetto di ricerca sono divenute soggetto. Con l’installazione Dreg, Canell ha tradotto, invece, in forma plastica un’identità ibrida, nata dallo spazio mediano che connette oggetti e ambiente in una risolta autonomia formale.

Geopolitica, antropologia culturale, memoria archetipica da rintracciare in ritualità residue e fondanti di società arcaiche, ma riscontrabili ancora in quella contemporanea, sembrano essere suolo fertile per le ricerche di cui Progetto si fa canale e promotore di sviluppo. A queste unisce anche una dialettica costante con altre realtà curatoriali con cui collaborare attivamente. È stato il caso di Cries the man in the blue garden di Marco Vitale, ospitato come secondo atto di This Less is Gesture, performance svoltasi presso Edicola Radetstzky (Milano), a cura di Like a Little Disaster (Polignano) e con un contributo testuale di P.I.A. studio (Lecce).

ektor garcia, “Fortaleza” veduta della mostra presso Progetto, Lecce, Courtesy ph. Simon Veres e Progetto

In continuità con un approccio incline al recupero della matrice visiva del linguaggio, seguendo il suo svilupparsi diagonale e obliquo, questo secondo atto si è avvalso di simbologie archetipiche del mondo occidentale. Vitale ha attinto alla lettura di The Ritual of the Snake di Aby Warburg, realizzando l’idea di una relazione di verticalità esistente tra suolo e volta celeste, in mezzo al quale l’uomo si trova a esistere.  L’artista ha ricoperto il pavimento di uno degli ambienti di Progetto dell’elemento simbolico celeste presente anche nella Cappella degli Scrovegni: le stelle a otto punte.  Un connettore di marcature visive potente per la memoria culturale occidentale, reso permeabile di ulteriore valenza archetipica, grazie al materiale scelto per la loro realizzazione: la sabbia, elemento primordiale utilizzato dagli Hopi, gli Indiani d’America, di cui lo stesso Walburg racconta.

L’interazione diretta dei visitatori ha successivamente amplificato e continuamente modificato le diagonali naturali create dalla sabbia sparsa. Una piccola cosmogonia inversa, un cielo calpestabile da attraversare e che, posto sotto i propri piedi, tracciasse una linea guida naturale seguendo a colpo d’occhio le diagonali di segno, come in una lettura errabonda nel linguaggio.

Nella visione di una protesa collaborazione aperta con altre realtà, Progetto ha partecipato a Baitball 01 I’ll slip an extra shrimp on the barbie for you, primo episodio di un ambiziosa serie dedicata alle pratiche collaborative nell’arte contemporanea, svoltosi a Polignano a Mare lo scorso gennaio per iniziativa di Like a Little disaster. Otto spazi espositivi sono stati allestiti e curati da sedici tra gallerie, project space, artist runspace, collettivi e curatori indipendenti non solo italiane ma anche straniere. In questa occasione Progetto ha presentato il lavoro di Michi Züge-Bruton, The Escape, un video di 9 minuti che attraversa i concetti di rarefazione dell’immagine, di derivazione del concetto di tempo, tramite effetti speciali che vanno da George Mélies ai moderni espedienti digitali da smartphone, corredandolo di citazioni letterarie, come appunto al video.

Nina Canell, “Perpetuum Mobile”, 2019 veduta dell’installazione a progetto, Lecce, Courtesy ph. Fabio Ingegno e Progetto

La ricerca artistica e l’attività curatoriale vanno in parallelo con l’interesse per pubblicazioni d’arte. È in realizzazione un catalogo con testi critici, mostre, dossier fotografici delle attività curatoriali e del contesto in cui Progetto opera prodotto in collaborazione con Matteo Gualandris, senior designer di Mousse Magazine.

Il focus delle future progettualità è rivolto su un panorama giovane, dinamico e internazionale, tenendo alta l’asticella dell’internazionalità. Sarà l’artista statunitense Aria Dean, editor e curatrice di Rhizome, la prossima a portare la propria ricerca negli spazi di Progetto.

Progetto si configura come valido polo all’interno di una rete che non solo conduce una ricerca costante sul tessuto sociale ma mantiene aperto un dialogo con il territorio, interagendo con l’elemento antropico e la sua storia. La lettura critica di dinamiche socio-culturali diventano il sistema centrale per una formulazione rigenerata di pratiche artistiche condivise. Fulcro di innovazione e congiuntura, Progetto si mostra propulsore di offerta culturale abile ad emancipare un già vivace sud Italia, che attinge a piene mani da circuiti ben al di fuori da quelli istituzionali.

Questo contenuto è stato realizzato da Lara Gigante per Forme Uniche.

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