Un luogo affascinante e misterioso. Il Museo delle Mummie di Urbania (PU, Marche), nella Chiesa dei Morti nel pieno centro storico del paese, a pochi passi dall’imponente Palazzo Ducale, residenza estiva di Federico da Montefeltro.
La Chiesa dei Morti, già Cappella Cola, fu fondata nel 1380 come oratorio da Nicola di Francesco e dalla moglie Antonia di Filippuccio e per testamento lasciata alla Compagnia della Misericordia. Anche detta Confraternita della Buona Morte, la compagnia fu fondata a Casteldurante (antico nome di Urbania, città del mitico Federico da Montefeltro) nel 1567, sotto la protezione di San Giovanni Decollato, la cui rappresentazione, datata 1560 e attribuita a Giustino Episcopi, pittore locale, è visibile all’interno della chiesa, sull’altare maggiore.
Varcando il portale romanico-gotico in pietra rosata della chiesa, il visitatore fronteggia dapprima l’altare maggiore, con affreschi quattrocenteschi. Alle pareti della piccola chiesa si trovano anche le tele del Martirio di Santa Lucia di Giorgio Picchi (metà XVI secolo) e la Madonna della cintura di Palma il giovane (fine XVI secolo). Nella sagrestia sono presenti altri affreschi, tele e cimeli, fra cui il drappo nero della Compagnia della Buona Morte.
La chiesa, ora anche Museo delle Mummie, dal 1833 espone i 18 corpi li conservati. Ciò avvenne in seguito al ritrovamento dei cadaveri intatti, che venivano sepolti nel retro della chiesa, in un terreno adibito a cimitero. Nei primi anni del 1800, successivamente all’istituzione dei cimiteri extraurbani per volontà dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804, i cimiteri vennero spostati fuori dalle mura della città per ragioni sanitarie. Così gran parte dei cadaveri vennero riesumati e trovati sorprendentemente integri.
I corpi vennero lì sistemati dalla Confraternita della Buona Morte. La congregazione si occupava del trasporto gratuito e della sepoltura dei morti, in particolar modo degli indigenti, prestava assistenza ai moribondi, distribuiva le elemosine ai poveri e quando era il caso registrava il numero dei defunti in uno speciale libro.
Affascinante e del tutto singolare è il processo con il quale i cadaveri si sono mantenuti nei secoli: è grazie al curioso fenomeno di mummificazione naturale dovuto a un particolare tipo di muffa (Hipha bombicina pers) presente nel terreno di sepoltura, che le salme si sono essiccate, perdendo i propri umori. In tal modo, i corpi, oltre alla struttura scheletrica, tuttora conservano la pelle, gli organi interni e in alcuni casi anche i capelli e gli organi genitali.
Ogni mummia ha la propria storia. C’è il priore della Confraternita, Vincenzo Piccini, che sta al centro della teca semi sferica, vestito con la tunica bianca e nera propria della cerimonia funebre. Non distanti da lui anche la moglie Maddalena e il figlio Guido, sono le uniche tre salme mummificate in seguito con procedimenti chimici e non naturali. Ogni corpo è sormontato da un cartiglio che riporta frasi bibliche che invitano il visitatore a meditare sulla caducità della vita. Tra le mummie più antiche quella del fornaio detto “Lunano” (dal nome della località di provenienza, poco distante da Urbania) e la donna morta di parto cesareo, causa una setticemia. C’è il giovane accoltellato in una veglia danzante di cui è possibile ancora ammirare il cuore essiccato, ormai dello spessore di una foglia, e che porta ancora il segno della lama che lo ha trafitto. C’è il corpo di un ragazzo impiccato e anche quello del giovane sepolto vivo, allora in stato di morte apparente, che presenta una smorfia sul volto, il riso sardonico causato dallo spasmo prolungato dei muscoli facciali.
Nel 2002 si è recata in loco una equipe del National Geographic (puntata della serie: “The mummy road show – La strada delle mummie”). Fra loro, l’antropologo e pneumologo Ron Beckett e il radiologo Jerry Conlogue hanno analizzato i corpi ed è emerso che il canonico Muscinelli, una delle mummie, aveva sicuramente il diabete; presenti poi acute forme di artrite e tra le probabili cause di decesso anche la polmonite.
All’interno di questa chiesa, al di là del fascino macabro che esercita sui turisti, risiedono dunque l’importanza del contesto, caratterizzato da un forte legame fra uomo e ambiente, nonché alcune testimonianze di arte locale. E’ proprio vero che, come dice Tomaso Montanari in “Contro le Mostre” non ci sarebbe bisogno di visitare musei per oltre un anno, perchè basterebbe girovagare per i tanti borghi e luoghi della cultura sparsi per tutta l’Italia e forse non ci basterebbe il tempo per conoscere di ognuno la storia, il contesto, le tradizioni che rendono quel luogo qualcosa per cui vale la pena mobilitarsi.