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L’impensabile funzionalità creativa dell’assurda routine di Hunter Thompson

Thompson aims his Magnum on his ranch near Aspen, Colorado, in 1976 ( Getty )
Ritratto di Hunter Thompson

Hunter Thompson, padre del gonzo journalism, ha mantenuto per tutta la sua esistenza uno stile di vita sconvolgente, composto principalmente da alcol e droghe. Eppure i suoi meriti letterari non sembrano averne per nulla risentito.

Chi ne ha sentito parlare sa già che ci troviamo al cospetto di una personalità incredibile. Per coloro che invece non lo conoscessero, Hunter Thompson (1937 – 2005) è stato un uomo unico, rivoluzionario e coraggioso, che ha perseguito la sua idea di vita e scrittura fino in fondo, ascendendo per questo al grado di vero e proprio mito. Come è riuscito a farlo? Principalmente per la sua attività di scrittore e giornalista, che lo ha assorbito costantemente nei suoi 67 anni di vita.

Non trovo nessuna soddisfazione nel vecchio, tradizionale pensiero giornalistico: ‘ho solo descritto il fatto. Ho solo dato uno sguardo neutro’

 

Hunter Thompson in un’intervista per l’edizione online dell’Atlantic

Proprio a causa di questo suo netto rifiuto nei confronti del classico approccio giornalistico, Thompson è spinto a delineare un innovativo stile di scrittura che combina il giornalismo tradizionale a impressioni ed esperienze personali, generando testi dove l’informazione di cronaca viene contaminata da una forte componente narrativa: il gonzo journalism. Umori, sensazioni, visioni, interpretazioni, sogni, opinioni, artifici narrativi contaminano il giornalismo oggettivo aprendo a un metodo che in seguito sarà adottato e apprezzato da professionisti e pubblico. Conosciuto con i soprannomi di Raoul Duke, Dr. Gonzo o Dr. Duke, ha scritto numerosi articoli per varie testate giornalistiche (su tutte Rolling Stone) e ha raggiunto grande notorietà con il romanzo Paura e disgusto a Las Vegas, da cui è stato poi tratto il film Paura e delirio a Las Vegas, con Johnny Depp nel ruolo dello stesso Thompson.

Infatti, tra gli elementi fondanti del giornalismo gonzo e dello stile di Thompson, c’era la necessità di esperire direttamente le vicende da raccontare, in modo di immergersi in una determinata dimensione per poterne riportare su carta le sfumature più pregnanti. Dunque le vicende narrate nel libro e nel film sono realmente accadute: Thompson, insieme al suo avvocato e amico Acosta (interpretato nel film da Benicio del Toro), si è messo in viaggio per Las Vegas alla ricerca del sogno americano, supportato da ingenti quantitàà di LSD, etere, stramonio, mescalina e numerose altre droghe.

Odio dover sostenere con qualcuno l’utilità di droghe, alcolici, violenza o follia, ma con me hanno sempre funzionato

Johnny Depp in una scena di Paura e delirio a Las Vegas

Le droghe. Capitolo controverso ma fondamentale – come vedremo tra poco – della vita di Hunter Thompson. Il suo elevatissimo consumo di sostanze stupefacenti avrebbe dovuto stendere un cavallo in un paio d’ore, invece gli ha permesso, almeno a detta sua, di portare a termine con successo la sua attività di scrittore. Seppure l’utilizzo di droghe non sia in alcun modo prerogativa del giornalismo gonzo, il termine stesso sembra aver avuto origine nella comunità irlandese di Boston Sud per indicare l’ultima persona ancora in piedi dopo una maratona di bevute durata tutta la notte. Come possiamo apprezzare dalla sua routine, riportata da E. Jean Carroll nel libro Hunter: The Strange and Savage Life of Hunter S. Thompson, non è impossibile pensare che più volte, alle soglie dell’alba, Thompson sia rimasto effettivamente l’unico in piedi della compagnia:

3:00 p.m. Sveglia
3:05 Whiskey (Chivas Regal) con il giornale del mattino e sigarette Dunhill
3:45 Cocaina
3:50 Un altro bicchiere di Chivas, sigarette Dunhill
4:05 Prima tazza di caffè, sigarette Dunhill
4:15 Cocaina
4:16 Succo d’arancia, sigarette Dunhill
4:30 Cocaina
4:54 Cocaina
5:05 Cocaina
5:11 Caffè, sigarette Dunhills
5:30 Più ghiaccio nel Chivas
5:45 Cocaina
6:00 p.m. Marijuana per rilassarsi un po’
7:05 Si reca alla Woody Creek Tavern per un pranzo a base di Heineken, due Margarita, due Cheeseburger, due piatti di patatine fritte, un piatto di pomodori, insalata di cavolo, insalata di taco, due piatti di anelli di cipolla fritti, torta di carote, gelato, una frittella di fagioli, sigarette Dunhill, un’altra Heineken, cocaina e, per il viaggio di ritorno a casa, uno Snow cone (un bicchiere di ghiaccio triturato sul quale vengono versati tre o quattro jiggers di Chivas)
9:00 Inizia a consumare cocaina seriamente
10:00 Acidi
11:00 Chartreuse, cocaina, marijuana
11:30 Cocaina, etc, etc.
12:00 Mezzanotte, Hunter S. Thompson è pronto per iniziare a scrivere
12:05-6:00 a.m. Chartreuse, cocaina, marijuana, Chivas, caffè, Heineken, sigarette aromatizzate, pompelmo, sigarette Dunhill, succo di frutta, gin, film pornografici di sottofondo.
6:00 Champagne nella vasca da bagno e fettuccine Alfredo
8:00 Halcyon (sonnifero)
8:20 Sonno
Thompson aims his Magnum on his ranch near Aspen, Colorado, in 1976 ( Getty )

Cosa possiamo dedurre dal suo folle stile di vita? Prima di tutto un enorme consumo di stupefacenti, senza dubbio. Successivamente possiamo poi apprezzare l’incredibile meticolosità e precisione con cui Thompson scandiva le sue giornate, pur consistendo queste di abitudini decisamente sregolate. Si alza quando la giornata lavorativa di una persona comune si avvia verso la fase finale e si addormenta quando tutti gli altri si svegliano; non rinuncia mai al whiskey e alle sigarette, fa un uso compulsivo di cocaina e per questo il suo appetito è pressoché limitato ad un pasto (clamoroso, questo bisogna dirlo) al giorno, perdipiù indotto dal ricorso alla marijuana. Un po’ di alcolici vari e caffè distribuiti durante la giornata, con saltuarie spruzzatine di acidi e salutari succhi di frutta per rinfrescarsi la bocca. E dopo il folle delirio che rappresenta la sua inconcepibile routine, inizia a scrivere. E scrive, scrive, scrive ininterrottamente. Con successo.

In questa allucinante quotidianità che condannerebbe ogni altro individuo a una vita totalmente disfunzionale, se non ad una morte prematura, Hunter Thompson trova un assurdo ed efficiente meccanismo creativo. Se da una parte appare innegabile associare al suo stile di vita un elevato grado di dipendenza da alcol e droghe, all’apparenza patologico, dall’altra viene meno uno dei criteri necessari per diagnosticare clinicamente una dipendenza: la riduzione o interruzione di importanti attività lavorative. Al contrario Thompson occupa quasi tutta la notte stando davanti alla macchina da scrivere, applicando tutta la concentrazione di cui era capace alla scrittura. L’ingente quantità di stupefacenti assunti non gli impedisce di lavorare, non lo riduce ad uno stato di inoperosità, al contrario sembra operare come stimolo: di fatti scrive sempre al termine della giornata, come se precedentemente avesse bisogno di caricarsi. Scrive senza sosta, inventando un nuovo stile giornalistico e ideando romanzi straordinari. Bisogna d’altro canto rilevare, però, l’eliminazione da parte di Thompson di qualsiasi altra attività ricreativa o sociale che non sia la scrittura, elemento che riporta drammaticamente il quadro verso un significativo disagio esistenziale. Certificato, in ultima istanza, dal suicidio commesso all’età di 67 anni tramite un colpo d’arma da fuoco.

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