9 differenti casi emblematici evidenziano l’eterogeneità con cui i musei italiani (ma non solo) si stanno affacciando alla ripartenza.
Il 18 maggio si avvicina e per i musei italiani rappresenta forse più un’incognita che un momento di ripartenza. Purtroppo le ragioni sono molteplici e vanno a incrociare aspetti più strettamente tecnici e relativi alla natura del museo – per esempio alcune perplessità sono state ben esposte da Iole Siena, presidente di Arthemisia – con altre più trasversale e indirette. Su quest’ultimo versante è emblematica la posizione assunta da Firenze per voce del suo assessore alla cultura Tommasso Sacchi, il quale ha reso noto che con questo (inevitabilmente) scarso afflusso di turismo e senza le rassicurazioni del governo (circa il ristoro della tassa di soggiorno) i musei civici della città rimarranno chiusi anche oltre il 18 maggio. Non si possono inoltre trascurare le questioni inerenti la messa a norma degli spazi espositivi per quanto riguarda la prevenzione del contagio; questi infatti, per usuale conformazione, possono vantare sia aspetti positivi (sono ampi, il pubblico si gestisce facilmente, gli ingressi controllabili) sia negativi (luoghi chiusi, sanificazione resa complessa dalla presenza delle opere, non c’è copertura assicurativa circa il contagio da COVID-19). Tutte queste problematiche, riassumibili nelle due macro-aree della sostenibilità economica e della sicurezza sanitaria, devono perciò essere risolte al più presto per fare in modo che l’arte possa realmente diventare traino della rinascita turistica ed economica del paese.
È anche vero però che l’ecosistema museale italiano è particolarmente variegato e la questione si declina capillarmente in una molteplicità di soluzioni specifiche e localizzate, da valutare di volta in volta nell’individualità del contesto. Musei privati o pubblici, grandi o piccoli, fondazioni dedicate o enti trasversali: l’eterogeneità dell’ambiente culturale italiano rende il suo destino particolareggiato e incerto. Se da un parte i musei pubblici sembrano avvantaggiati dalla garanzia del sostegno statale, dall’altra gli enti privati, restii a esporsi con un’apertura prematura potenzialmente fatale per le loro casse, possono avere più libertà e rapidità di movimento.
Scendendo più nel dettaglio delle dinamiche operative dei musei e prendendo in considerazione il core business del settore, ovvero l’organizzazione di mostre, vediamo come il destino di queste renda ancora più diversificato il panorama a cui andremo ad affacciarci fra pochi giorni. Tutte le esposizioni sono state interrotte, ma quante di queste ripartiranno? E, tra queste, quante potranno farlo garantendo la presenza di tutte le opere inizialmente previste e per tutta l’estensione programmata in partenza? Domande per cui, in alcuni casi, sono già pervenute risposte (non tutte positive), mentre per altri è ancora necessario attendere ulteriori precisazioni. Di fatti possiamo immaginare come ogni situazione specifica viva problematiche proprie e debba valutare circostanze del tutto personali. Oltre alla sostenibilità economica (può una mostra reggersi con ingressi contingentati e un bacino di utenza fortemente ridotto?), diviene centrale la questione dei prestiti. I prestiti delle opere sono tutti facilmente prorogabili? E se l’ente prestatore ha già preso ulteriori accordi? Se fosse invece l’ente ricevente a volersi indirizzare ora verso altre scelte? I vari contratti multilaterali (i quali potrebbero contenere ognuno particolarità differenti) stanno vivendo una fase di revisione le cui modalità sono influenzate sia da una marcata solidarietà reciproca tra enti, ma anche dalle necessità e problematiche dei singoli. Analizziamo allora una serie di casi specifici, utili a delineare alcuni punti critici necessari per comprendere le dinamiche in atto.
Raffaello.1520-1483. Scuderie del Quirinale, Roma
La mostra indubbiamente più attesa del 2020 italiano, composta da 200 opere (di cui circa la metà realizzate da Raffaello) giunte alle Scuderie del Quirinale di Roma per un evento senza precedenti. Pronti, partenza, chiusa. Inaugurata il 5 marzo Raffaello 1520-1483 è stata costretta a ritirarsi poco dopo, con i suoi capolavori che attendono impazienti di essere liberati dai teli scuri che li proteggono. Per fortuna, in questo caso, l’importanza della mostra (definita “di stato” dopo le polemiche relative al prestito del Ritratto di Leone X da parte della Galleria degli Uffizi e le conseguenti dimissioni del comitato scientifico del museo fiorentino) dovrebbe garantirne la prosecuzione. Anche il Louvre di Parigi, che contribuisce alla mostra con le opere Ritratto di Baldassare Castiglione e Autoritratto con amico, ha confermato la sua disponibilità ad estendere i prestiti. A rafforzare questa sicurezza vi è anche il testo dell’impugnativa del provvedimento con cui si concedeva al Louvre il prestito dell’Uomo Vitruviano di Leonardo, dove il Tar Veneto in data 16/10/2019 motivava la scelta per via de “l’implementazione dei rapporti culturali e museali nonché il vantaggio conseguito in forza del prestito per lo scambio con opere di Raffaello Sanzio destinate a una mostra presso le Scuderie del Quirinale, difficilmente fruibili nel territorio nazionale”.
Non stentiamo dunque a credere che una simile forza contrattuale possa esercitarsi allora anche per le restanti opere ottenute in prestito e che la mostra possa dunque ripartire nella propria totalità. Si tratta di un caso dove il carattere istituzionale e nazionale dell’esposizione funge da garanzia quasi inoppugnabile per le sorti della stessa. In queste situazioni infatti, oltre alle clausole contrattuali, devono essere considerate le circostanze politiche in cui le trattative si sono sviluppate e l’enorme rilevanza sociale, oltre che artistica, che questi eventi rappresentano.
Taddeo di Bartolo. Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
Stessa felice sorte per la prima grande monografica dedicata a Taddeo di Bartolo, per cui addirittura abbiamo già le nuove date ufficiali: dal 28 maggio al 30 agosto 2020. Seppur si tratti di Perugia e non di Roma, l’eccezionalità della mostra e la volontà di tutte le parti in causa di farne parte ne garantisce la prosecuzione. Si tratta infatti della prima volta nella storia in cui vengono riunite circa 100 tavole del pittore senese, in grado di ricostruirne l’intera carriera. Un grandissimo lavoro curatoriale e scientifico, apripista per lo studio e l’approfondimento del pittore. Prestigiosi musei internazionali, quali il Louvre di Parigi e il Szépművészeti Múzeum di Budapest, il Landesmuseum di Hannover (Germania) e il Kasteel Huis Berg a s’-Heerenberg (Paesi Bassi), il Museo di Capodimonte a Napoli e il KODE Museum di Bergen (Norvegia) e altri ancora hanno contribuito con le loro preziose opere. Da segnalare la decisiva collaborazione di enti e istituti italiani: il MiBACT, per esempio, ha esercitato il diritto di prelazione di otto tavolette provenienti dal Palazzo Ducale di Gubbio a causa dell’eccezionale valore storico-artistico restituendole poi alla chiesa di San Domenico di Perugia, dove erano originariamente conservate.
Van Eyck: An Optical Revolution. Museum of Fine Arts, Gand
Purtroppo non sempre l’immenso valore artistico, storico e sociale basta a giustificare il proseguimento della mostra. Facendo un salto all’estero, per emblematica del caso, citiamo la triste notizia che viene dal Belgio: Van Eyck: An Optical Revolution, chiude senza possibilità di ritorno. Il rientro presso la Cattedrale di San Bavone del polittico dell’Adorazione dell’Agnello Mistico – il capolavoro assoluto di van Eyck appena restaurato – proprio per via dell’inestimabile valore non può più essere rimandato. Qui il rammarico è inoltre più profondo che in altre circostanze, perché, come spieghiamo qui, non ci sarà più occasione di ammirarlo in un contesto espositivo così ampio.
Tiziano e Caravaggio in Peterzano. Accademia Carrara, Bergamo
Ritornando nel bel paese, anche l’Accademia Carrara è stata costretta ad annunciare la chiusura della mostra Tiziano e Caravaggio in Peterzano. Nonostante il grande lavoro tecnico e scientifico e la partecipazione di grandi istituzioni (come la Pinacoteca di Brera), i guadagni – limitati dalle comprensibili ma soffocanti restrizioni dovute al contenimento del contagio – non permettono di coprire i costi affrontati e che si dovranno ancora affrontare. Ironia della sorte, la mostra chiuderà il 17 maggio, proprio un giorno prima della riapertura nazionale dei musei. Per approfondire la circostanza, possiamo guardare direttamente alle parole della direttrice del museo.
NATURA IN POSA. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna in dialogo con la fotografia contemporanea. Museo Santa Caterina, Treviso
Questo è il caso di una mostra che non raccoglie il clamore mediatico delle precedenti, anche per via del tono minore con cui è stata pensata. Rappresenta però un ottimo esempio, utile a definire quella circostanza in cui entrambi i musei, ma per ragioni lievemente differenti dai precedenti casi, hanno interesse che la mostra prosegua (ancora non ci sono date ufficiali, ma dovrebbe estendersi da giugno a settembre 2020).
In questa fattispecie il Kunsthistorisches Museum di Vienna non dovrebbe avere alcuna fretta di rimpatriare le opere, dal momento che è nel suo pieno interesse valorizzarle in un’esposizione estera. Non tutti questi quadri, infatti, sono abitualmente esposti nel museo, anche per esigenze di spazio, dunque è fondamentale che vengano mostrati in altre sedi. Dall’altra parte il museo di Treviso è ben contento di fregiarsi di una collaborazione tanto prestigiosa, motivo per cui intende proseguire con una mostra che, come raccontavamo qui, è sicuramente riuscita.
Monet e gli Impressionisti. Palazzo Albergati di Bologna
Questa circostanza, associabile per caratteristiche alla precedente (opere di seconda fascia concesse in prestito da un importante museo straniero ad una più piccola realtà italiana), vede invece una sorte differente. Le tele del Musée Marmottan Monet di Parigi non sono mai uscite dalle casse di trasporto e rimarranno ancora per mesi al buio in un caveau blindato. Da una parte l’insostenibilità dei costi blocca l’apertura, dall’altra lo stop alle frontiere rende impensabile anche il viaggio di ritorno a casa. Una situazione di stallo che speriamo possa volgersi per il giusto verso nelle prossime settimane: “voglio essere ottimista e spero di presentare l’esposizione tra settembre e ottobre” afferma Iole Siena, presidente di Arthemisia, ente organizzatore della mostra.
“….the Illuminating Gas”. Pirelli HangarBicocca, Milano
Come dicevamo in precedenza la questione per le realtà private è spesso più complessa a causa della mancanza di sostegno statale, ma dall’altra parte è possibile che la loro forza economica possa essere comunque abbondante e slegata inoltre da dinamiche burocratiche cui il settore pubblico deve necessariamente sottostare. è il caso di Pirelli HangarBicocca, che ha prontamente esteso la durata delle mostre in corso e riprogrammato il proprio calendario per le esposizioni che verranno. Ci sarà tempo dunque fino a luglio inoltrato per visitare le mostre dedicate a Cerith Wyn Evans (fino al 26 luglio) e Trisha Baga (fino al 19 luglio).
Una grande operazione dal duplice vantaggio: dare la possibilità ai visitatori di godersi la mostra e sollevare l’ente dalla difficile organizzazione del disallestimento (anch’esso complesso in questo periodo) delle mostre in corso e dell’allestimento delle successive, con tutte le criticità logistiche e tecniche del caso. Una manovra resa possibile dalla salute economica del museo, sostenuta da Pirelli, e dal prestigio e rispetto che l’ente vanta a livello internazionale.
Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano
Sorte differente per una realtà proporzionalmente altrettanto valida, ma di fatti molto più piccola, come la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, che è stata costretta a rimandare in blocco le mostre previste per il 2020. La stagione – che sarebbe dovuta partire il 14 aprile con la mostra di Nevine Mamhoud e Margherita Raso, per proseguire poi con l’esposizione dedicata a Kasper Bosmans – viene infatti totalmente posticipata al 2021. Questa manovra, meno soddisfacente per tutte le parti in causa rispetto al caso di HangarBicocca, è comunque possibile solo grazie alla disponibilità del museo e degli artisti a riprogrammare l’attività. Una possibilità che, per qualsiasi ragione, non è detto possa verificarsi in altri contesti.
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, Torino
Infine vi è il caso di chi non riapre per (legittima) paura. Perché, al di là di ragionamenti artistici ed economici, in fondo la principale premura di tutti è quella sanitaria. Per questo Marcella Palormo, direttrice della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli ha annunciato che per ora il luogo espositivo non riaprirà. La sanificazione dello spazio e la pazienza hanno dunque per ora la meglio sul desiderio di ripartenza, anche perché – ed è un dubbio diffuso – siamo sicuri che il pubblico abilitato a far visita ai musei (sono escluse le scuole, i gruppi organizzati e gli over 65) abbia la sicurezza e la disponibilità (economica e mentale) di andare al museo?