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Arte balsamo della psiche. La quarantena degli artisti, Stefano Serretta

Stefano Serretta Stefano Serretta
Stefano Serretta
Stefano Serretta

Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?

L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.

I tempi di Stefano Serretta

Come passi la giornata, dove e come lavori ora?

Vivo e lavoro tutto nella stessa stanza. Disegno, prevalentemente. Lontano da casa e dallo studio mi arrangio come tutti facendo quel che si riesce. Diciamo che ho dato un nuovo senso al’espressione “sono vivo e vegeto”.

Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…

Le ore sono scandite dagli stimoli basici che mi governano: mangiare, pisciare, cacare, dormire, spostando le lancette dell’orologio biologico su un fuso orario tutto mio. Lo spazio è quello virtuale dello schermo e quello reale del tavolo, superfici piatte che rendo tridimensionali con il pensiero e il lavoro. Il silenzio non esiste. Quando non ascolto la mia musica sento quella dei vicini. I cani che abbaiano. Le famiglie che litigano. I bambini che strillano. Ma soprattutto, da qualche giorno, gli operai che rifanno il tetto, esattamente sopra a dove dormo. Incredibile come in un momento di isolamento totale si riesca comunque a coltivare una sociopatia già galoppante.

RELAPSE, 2019 digital rotary printing on daily paper 52 g / m2 - ISO 70, site-specific intervention @ Italian Cultural Institute, Stockholm
RELAPSE, 2019 digital rotary printing on daily paper 52 g / m2 – ISO 70, site-specific intervention @ Italian Cultural Institute, Stockholm
Leggere, scrivere, riflettere, altro…

In generale questo momento mi ha congelato in un limbo. Il più del tempo mi limito a osservare, come un voyeur alla finestra, aspettando un qualche sconvolgimento che probabilmente non arriverà. Leggo molto poco, e scrivo quasi solamente per rispondere ai messaggi e alle mail. Ho riflettuto molto sul valore dell’arte come farmaco personale (il ferramenta sotto da me che stoicamente e in barba alle leggi non ha mai chiuso mi raccontava che ha dovuto convincersi a ordinare tele e pennelli per l’enorme richiesta che ha avuto in questi due mesi) in confronto alla presunta e probabile inutilità dell’arte contemporanea in questo momento.

Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?

Qualche giorno fa ti avrei risposto un massaggio al collo. Poiché settimane di postura scorretta e scarso movimento mi avevano reso un rottame. Da quando hanno permesso almeno le uscite per attività sportiva ho cominciato a lanciarmi sulle colline sopra Sampierdarena che dal Cimitero della Castagna arrivano fino a Forte Diamante. Con un caro amico di sempre e compagno di disastri in gioventù ci siamo decisi a mappare tutti i forti, fortini, ruderi e cascine che puntellano le colline e sovrastano genova, come da ragazzi abbiamo esplorato tutte le fabbriche abbandonate della città.

ERGOT, 2019, polyurethane rubber, polyurethane foam, acrylic, intervention on Syrian stamp [Baal – Shamin Temple – Palmyra, 1969], 83 × 55 × 64 cm
ERGOT, 2019, polyurethane rubber, polyurethane foam, acrylic, intervention on Syrian stamp [Baal – Shamin Temple – Palmyra, 1969], 83 × 55 × 64 cm

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