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Mimmo Rotella: le parole di Antonella Soldaini sul Catalogo ragionato dell’artista

Mimmo Rotella Viva America , 1963 Décollage su tela / on c anvas 85 × 89 cm / 33.46 × 35.04 in. Collezione privata / Private collection, Courtesy Fondazione Marconi Photo: Courtesy Fondazione Marconi © 2020 Mimmo Rotella by SIAE
Mimmo Rotella Viva America, 1963, Décollage su tela / on canvas, 85 × 89 cm / 33.46 × 35.04 in. Collezione privata / Private collection, Courtesy Fondazione Marconi. Photo: Courtesy Fondazione Marconi © 2020 Mimmo Rotella by SIAE

In occasione dell’uscita del secondo volume, Antonella Soldaini (direttrice del Mimmo Rotella Institute) racconta in un’intervista la nascita, l’evoluzione e il contenuto del Catalogo ragionato di Mimmo Rotella. Un ricordo e un pensiero viene dedicato anche a Germano Celant, che come curatore ha preso parte alla realizzazione del progetto.

Anni di lavoro, ricerca metodica, diversi volumi: la stesura del Catalogo ragionato delle opere di Mimmo Rotella è una vera impresa. Qual è la sua ambizione ultima e a chi si rivolge?

È un’impresa complessa che richiede una buona dose di spirito investigativo e di desiderio di fare ordine. Perché l’ambizione di chi si accinge a intraprendere un lavoro del genere è quella di sistematizzare con metodo i dati in modo tale che possano reggere all’usura del tempo.

L’atteggiamento di un artista verso il proprio lavoro può essere di vari tipi. Può caratterizzarsi per un’attitudine alla conservazione metodica e regolare. Molto spesso però i criteri di archiviazione che vengono da lui o lei adottati seguono delle logiche che sono tutte loro e quindi la prima qualità di un ricercatore è di sapere verificare che tali informazioni già presenti negli archivi degli artisti, siano attendibili. Il che vuole dire sottomettere tutti i dati disponibili al vaglio di un’attenta analisi e verificare che siano veramente affidabili. Il secondo passaggio consiste nell’effettuare una ricerca ad ampio raggio e su diversi fronti. Per esempio si devono contattare musei, gallerie, collezionisti, assistenti, parenti, amici, case d’asta, biblioteche, archivi e si deve investigare in qualsiasi direzione possa servire a fare luce su quanto si sta studiando. È questo il motivo per cui, quando si parla di un catalogo ragionato, è necessario considerare il fatto che ci vorrà qualche anno prima di arrivare alla pubblicazione vera e propria.

L’ambizione ultima quando si compila un catalogo ragionato, ed è quello che noi stiamo cercando di fare con Rotella, è di mettere a disposizione una ricerca che non si arroghi la presunzione di essere insindacabile e perfetta ma cerchi di avvicinarsi il più possibile ai fatti realmente accaduti e, in questo modo, restituire un quadro onesto della scena storica e culturale in cui l’artista si è trovato a operare ed evidenziare quale è stato il suo contributo nel contesto più ampio della storia dell’arte contemporanea.

Mimmo Rotella, L’assalto, 1962, Décollage su tela / on canvas, 151 × 136 cm / 59.45 × 53.54 in. Staatsgalerie Stuttgart. Photo: © Staatsgalerie Stuttgart ©2020 Mimmo Rotella by SIAE

Questo secondo volume si concentra sul periodo 1962-1973, segnato in modo particolare dai décollages, dai riporti fotografici e dagli artypos. Quali sono gli aspetti principali che distinguono queste variazioni stilistiche?

Intanto bisogna segnalare il fatto che all’inizio degli anni sessanta Rotella, tramite l’invenzione del décollage, avvenuta già nei primi anni Cinquanta, aveva ricevuto importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Per esempio aveva partecipato alle mostre The Art of Assemblage al MoMA nel 1961 e New Realists alla Sidney Janis Gallery nel 1962, entrambe a New York. Nel 1964 ha poi una sala personale presso la Biennale di Venezia dove espone ancora dei décollages, ma in cui avrebbe voluto già presentare la nuova tecnica che stava sperimentando e che poi sarebbe stata conosciuta con il nome di ‘riporto fotografico’. Una tecnica basata sul processo meccanico fotografico, cui seguirà quasi contemporaneamente quella dell’artypo e poi dei frottages e degli effaçages. Si tratta di tecniche molto diverse tra loro ma che, senza entrare nel dettaglio del modo in cui sono state realizzate, sottendono tutte un cambio di passo nell’atteggiamento dell’artista verso il lavoro. Se con il décollage l’intervento di Rotella era fortemente personalizzato, con le nuove tipologie si assiste ad un raffreddamento emotivo. In queste opere l’artista vuole riportare con oggettività e con il minore coinvolgimento empatico possibile le immagini prelevate dalla comunicazione di massa. Rotella assume un atteggiamento più distaccato e si pone in una condizione di osservazione e ricognizione degli eventi e delle cose. In questo periodo della sua attività, l’artista, per citare Maurizio Calvesi, è passato dal considerare il manifesto “prima come spoglia esistenziale e poi come immagine ‘informativa”.

Mimmo Rotella, La dernière Marilyn, 1966, Décollage su tela / on canvas, 136 × 96 cm / 53.54 × 37.8 in. © 2020 Mimmo Rotella by SIAE

Rotella disse “che l’arte non è abilità, ma è un linguaggio creativo“; parlando dunque della poetica dell’artista, quale può essere considerata l’innovazione linguistica che ne lega le varie esperienze?

L’innovazione maggiore di Rotella è stata quella di avere cercato il confronto diretto con la realtà che lo circondava. Non importa se si sia trattato del manifesto preso per la strada, dell’oggetto trovato al mercato delle pulci, delle prove di stampa recuperate nelle tipografie o dei fogli delle riviste trovate in giro. Quello che contava era come veicolare nel linguaggio artistico l’urgenza di un confronto con le trasformazioni che stavano accadendo nella società contemporanea. La sua intuizione è stata di avere sfruttato la sua innata necessità di rinnovamento e di confronto con il mondo esterno per sperimentare nuove possibilità espressive. Rotella non ha mai avuto paura di allontanarsi da un linguaggio, come era il décollage, già codificato, riconosciuto e apprezzato, e non si è sottratto all’idea di sconfinare in altri campi di indagine, tramite quello che lui chiamava il suo “radar mentale”.

Negli anni Sessanta, forse avvicinandosi al Nouveau Réalisme, l’intento dichiarato dell’artista è di scomparire dall’opera. A prima vista non sembra controintuitivo che per farlo rinunci all’informale, il quale fino ad ora ha caratterizzato la sua arte, in favore della figurazione?

Al contrario. Dietro il linguaggio informale si cela un atteggiamento romantico dove l’artista ricopre la figura del demiurgo che plasma la materia in nome della propria ispirazione e la sottomette al proprio gesto creativo. Adottando un’iconografia figurativa, per la precisione quella dei manifesti del cinema e della pubblicità dei prodotti di largo consumo, Rotella è facilitato nella sua operazione di “camuffamento” in quanto le figure degli attori e degli oggetti si avvicinano maggiormente al reale da cui siamo circondati e si impongono per la loro concretezza e per la loro forza visiva. L’artista strumentalizza questa loro debordante presenza per riuscire a compiere un passo indietro, lasciando parlare di più il contenuto dell’opera e meno di sé. La sua figura si nasconde dietro il gesto della semplice appropriazione di qualcosa che già esiste nella vita quotidiana e che lui, immettendolo nel circuito artistico, non fa altro che sottoporre alla nostra attenzione. Un’operazione di annullamento dell’intervento artistico che, seppure immobilizzato e ridotto al minimo indispensabile, non potrà però mai scomparire del tutto, come si vede nel suo caso ma anche in quello di altri suoi colleghi raggruppati sotto l’etichetta di Mec-Art.

Mimmo Rotella, Ice cream, 1963, Riporto fotografico su tela / Photo emulsion on canvas, 84 × 76 cm / 33.07 × 29.92 in. Collezione privata / Private collection, Curtesy Robilant + Voena. Photo: Alessandro Zambianchi, Simply.it srl, Milano © 2020 Mimmo Rotella by SIAE

Il curatore del Catalogo, Germano Celant, è di recente venuto a mancare. Nel dedicargli un pensiero, vorrei chiederle qual è stato il rapporto tra Rotella e Celant e il valore aggiunto che il critico ha rappresentato nella realizzazione dei due volumi pubblicati fino ad ora.

Il rapporto tra Rotella e Germano Celant risale al 2001 quando è cominciato un dialogo tra di loro che ha portato alla partecipazione di Rotella alla mostra Arti & Architettura 1900/2000 curata da Celant a Genova nel 2004. In quel contesto Rotella eseguì una sorta di happening che consisteva nel rito della lacerazione di una serie di manifesti attaccati ai muri e che si svolse per le strade della città (in piazza De Ferrari). Dopo la morte dell’artista, nel 2007, su richiesta di Piero Mascitti, allora Direttore della Fondazione Mimmo Rotella, Celant, che già dal 2002 aveva cominciato a collaborare alla sistematizzazione dell’Archivio Rotella, ha lavorato alla prima grande monografia dedicata all’artista. Nel 2012 Inna e Aghnessa Rotella, le eredi dell’artista, e la Fondazione Mimmo Rotella hanno chiesto al critico di seguire il lavoro concernente la realizzazione del catalogo ragionato. Per questo fu fondato in quello stesso anno il Mimmo Rotella Institute, un’associazione culturale che doveva affiancare la Fondazione e il cui scopo è di seguire la ricerca finalizzata alla pubblicazione dei volumi e all’organizzazione e supervisione delle attività culturali collegate alla figura dell’artista. Fu formato un team composto da me in veste di direttore e da Veronica Locatelli in veste di ricercatore.

Nel 2016 è uscito il primo volume del catalogo ragionato cui segue quello di prossima pubblicazione. L’impianto della ricerca è stato costruito da Celant e su quella base è stato impostato tutto il metodo di lavoro. I due volumi finora realizzati, oltre a seguire una già sperimentata sequenza dei contenuti che comprende un testo critico di Celant e una cronologia su Rotella riguardante gli anni considerati, affiancata a una relativa ai maggiori eventi culturali e politici che si sono svolti in parallelo, presentano nella schedatura delle opere una novità veramente di rilievo. Come mai fatto in precedenza, è stato deciso di adottare un particolare metodo di ordinamento relativo a quelle opere di cui l’analisi ha evidenziato problemi di datazione. Al termine di alcuni degli anni analizzati, è stata inserita una sezione intitolata Ipotesi critica di datazione. Comprende le schede delle opere per le quali lo studio ha reso necessario ipotizzare una datazione critica differente da quella riportata dall’artista sull’opera o sul certificato di autenticità. Ogni opera che rientra in questi parametri, di conseguenza, presenta: una prima scheda posta al termine dell’ordinamento annuale, secondo la data indicata dall’artista, nella sezione Ipotesi critica di datazione; e una seconda scheda, inserita all’interno dell’ordinamento annuale, secondo la datazione ipotizzata criticamente.

In questo modo, pur rispettando le indicazioni fornite dall’artista, abbiamo dato al lettore la possibilità di individuare il risultato della nostra ricerca. Si tratta ovviamente di un’ipotesi formulata sulla base di riscontri, dopo avere incrociato i dati e dopo avere “ragionato” (non a caso non si parla di catalogo generale ma appunto di catalogo “ragionato”) su quella che secondo noi è l’ipotesi che più si avvicina al vero e a quanto effettivamente accaduto.

Il secondo volume del catalogo ragionato di Rotella uscirà tra pochi mesi. Celant fortunatamente aveva avuto la possibilità di seguire tutto il processo fino alla consegna del materiale presso la casa editrice (SKIRA). Con grande rammarico e con dolore non saremo però in grado di condividere con lui il momento più emozionante che consiste nel vedere la pubblicazione realizzata fisicamente e frutto di 4 anni di appassionante e intenso lavoro.

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