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La rabbia di Minneapolis. La musica e le parole di Ben Harper a Propaganda Live su La7

Minneapolis è in fiamme per la rabbia della popolazione contro il brutale omicidio di George Floyd da parte della polizia. Il grande musicista Ben Harper ospite questa sera su La7, cercherà di placare gli animi e al tempo stesso commentare i tragici avvenimenti che stanno infiammando la città statunitense

Quando la violenza prende il sopravvento, l’arte placa gli animi e armonizza tutto. Questo almeno è l’auspicio di chi all’arte ha dedicato tutta la vita. Questa sera, venerdì 29 maggio alle 21.30 su La7, Diego Bianchi e il gruppo di Propaganda Live ospitano Ben Harper, uno dei musicisti e compositori statunitensi più virtuosi. Per suonare e al tempo stesso commentare i tragici accadimenti di questi giorni a Minneapolis, in Minnesota (USA). La cronaca racconta di un gruppo di agenti di polizia che hanno soppresso brutalmente, soffocandolo durante un fermo in strada, un afroamericano, George Floyd. Nelle ultime ore la città statunitense è messa a ferro e fuoco da chi protesta per il brutale assassinio. In un Paese, come gli Stati Uniti del Covid-19, mai così indebolito da anni, ora le istituzioni locali sono costrette ad assistere impotenti alla devastazione di strade, centri commerciali e perfino di un commissariato che è stato evacuato a causa di un incendio. Tutto, dal brutale soffocamento fino alle fiamme, documentato dai video che viaggiano velocissimi sulla rete mondiale. Mentre il presidente Trump invoca l’intervento della guardia nazionale.

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Diego Bianchi conduce Propaganda Live su La7

Ben Harper, autore di tanta musica blues, reggae e funk-rock, chitarrista abilissimo, presenta uno splendido brano scritto negli ultimi tempi,“Don’t let me disappear”, che evoca il senso di solitudine e malinconia dovuto alle lunghe giornate solitarie dell’America in quarantena. Ma la storia musicale e biografica di Ben Harper è anche esemplare di un atteggiamento culturale che ha fatto grandi gli Stati Uniti per tanto tempo. Ben nasce in California nel 1969 da un padre afroamericano e originario dei nativi Cherokee, mentre la madre è ebrea con radici russe e lituane. Un bel mix rappresentativo della civiltà multiculturale statunitense; una convivenza di razze, popoli e idee che si fatica a riconoscere nei sanguinosi avvenimenti di questi giorni.

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