Quando Bob Dylan ha qualcosa da dire, lo esprime attraverso le canzoni. Murder Most Foul e I Contain Multitudes, uscite come singoli in streaming qualche settimana fa, erano una prova evidente che Dylan stesse per annunciare qualcosa che i suoi fan aspettavano da tempo: il 19 giugno infatti uscirà Rough and Rowdy Ways, primo album di 10 inediti dopo un’attesa lunga 8 anni.
Il titolo fa riferimento alla canzone My Rough and Rowdy Ways di Jimmie Rodgers del 1929, il cantante country che insieme ad Hank Williams sono stati i suoi più amati ispiratori. False Prophet, terza canzone uscita l’8 maggio, è un classico pezzo blues che racchiude il pensiero centrale dell’album, tra l’inquietudine esistenziale del presente e allusioni spirituali come “scalare un montagna di spade a piedi nudi”, cammino metaforico della filosofia Zen.
Bob Dylan ha sempre rifiutato il titolo di profeta: “Quando qualcuno pensa che sei qualcosa che non sei, ti senti un impostore”, ha detto in un’intervista a 60 Minutes nel 2004. “Non ho mai voluto essere un profeta o un salvatore. Essere Elvis, quello forse sì. Mi piacerebbe diventare lui. Ma un profeta no”. I ain’t no false prophet è la strofa simbolo di False Prophet nel quale Dylan ci vuole dire di non voler essere etichettato come una profetica entità spirituale, appellativo che è stato spesso usato impropriamente dalla critica per spiegare la vittoria del Nobel per la letteratura nel 2016. Anche in un passaggio della biografia di papa Benedetto XVI nel 2007, Ratzinger ha raccontato di non essere contento dell’apparizione di Dylan ad un evento giovanile organizzato dal Vaticano. “C’era motivo di essere scettici sulla presenza di questa specie di ‘profeta’ a partecipare”.
Le canzoni invece rivendicano una vita piena di dubbi sulla vita e la morte. In un mondo che Dylan ha sempre osservato con gli stessi occhi critici di sempre, nonostante le numerose ‘vite’ artistiche che ne hanno trasformato la voce, la presenza e l’influenza sui fan. Una curiosità sul nuovo album riguarda la copertina. La foto è stata scattata più di 50 anni fa dall’inglese Ian Berry che ha ammesso di non conoscere particolarmente il cantautore americano. Il fotografo rivelando di essere più un tipo da arti visive si è comunque ritenuto onorato di finire sulla copertina di un disco di Dylan. Lo scatto raffigura magnificamente i favolosi anni ’60 con una donna che probabilmente balla il twist in locale londinese di Cable Street. Berry, che all’epoca faceva il fotografo per il giornale The Observer, si ricorda la giustapposizione tra la bella donna e il Jukebox.