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Via col vento (nuovamente) al centro della polemiche per i contenuti razzisti

Via col Vento

Via col Vento

Via col vento nuovamente al centro della polemiche per i suoi contenuti razzisti, una storia che si ripete

È la resa dei conti. O con o contro. Non c’è più spazio per la complessità. Questo sembra essere il 2020. HBO Max ha rimosso temporaneamente Via col vento dal proprio catalogo, per reinserirlo con un disclaimer esplicativo del contesto storico, prendendo le distanze dai suoi contenuti razzisti. I più frettolosi hanno urlato alla censura, trasformando in tempo record (tempistiche consone ai social quindi) un possibile dibattito culturale (che negli Stati Uniti esiste ancora prima dell’uscita in sala della pellicola) in una gara alla sciacallaggio politico.

Via col vento negli anni è diventato un simbolo, diventando il melodramma per eccellenza. Tratto da un Premio Pulitzer record di vendite, la pellicola ha fatto incetta di Oscar (10) e di spettatori in tutto il mondo, passando alla storia come uno dei film più sontuosi prodotti da Hollywood fino a quel momento (anche grazie al lavoro del scenografo William Cameron Menzies e del direttore della fotografia Ernest Haller). Quella per portare il romanzo di Margaret Mitchell sul grande schermo è stata una produzione tribolatissima, fortemente voluta da David O. Selznick, tra cambi alla regia e casting infiniti per trovare la protagonista.

Tutte volevano essere Rossella: da Bette Davis a Katharine Hepburn (che andava in giro raccontando che Margaret Mitchell aveva scritto il personaggio pensando proprio a lei). La spunta Vivien Leigh. Il successo è strepitoso. Via col vento diventa il film più visto della storia del cinema. Anche da noi, ma dieci anni dopo. In Italia il film esce solo nel 1949, in lingua originale con sottotitoli. La versione doppiata arriva nel 1951. Anche qui successo senza precedenti, il film resta in cartellone per più di un anno.

Un classico controverso. I problemi di carattere razziale però erano già stati identificati nel romanzo stesso. Oltre a essere una tormentata storia d’amore (quella ovviamente tra gli scorbutici Rossella O’Hara e Rhett Butler) Via col vento è anche un’epopea ambientata nell’America sudista (schiavista) durante la Guerra civile: il ritratto degli Stati Confederati d’America al loro tramonto, un mondo di privilegi e violenza al suo capolinea (in teoria, per semplificare). Rossella è innamorata solo della sua terra, è una possidente.

Le critiche non sono mancate fin da subito. Parte della comunità nera aveva espresso il proprio dissenso molto prima che uscisse il film, altri invece avevano salutato il progetto come un’opportunità per gli attori afroamericani (le voci e gli obbiettivi erano spesso in contrasto tra loro). Insomma, ancora prima di vedere la luce Via col vento era una patata bollente. Il rischio era quello di portare sullo schermo una glorificazione di un sistema vecchio e marcio fondato sulla schiavitù. Nel romanzo ci sono riferimenti al Ku Klux Klan (eliminati nel copione del film) e gli schiavi vengono descritti – letteralmente – come scimmie.

Al centro della diatriba, tra le altre cose, l’uso della N-word: Selznick voleva venisse usata dai personaggi neri, ma non da quelli bianchi. In tal proposito il Pittsburgh Courier è stato tra gli organi di stampa uno dei più attivi nel cercare di boicottare le riprese, con lettere di protesta e petizioni. Alla fine la N-word, viene eliminata del copione, in favore delle meno offensive inferior e darky (!).

Via col Vento

Un’arma contro l’America nera. Hattie McDaniel (Mammy, la sguattera di casa) per la sua interpretazione è passata alla storia come la prima attrice afroamericana a vincere un Oscar, ma per via delle leggi razziali non ha partecipato a numerose anteprime, alle foto promozionali con il cast e alla cerimonia di premiazione ha dovuto sedere in disparte. Nonostante il successo senza precedenti all’uscita del film le stroncature, anche per Hattie McDaniel, non sono mancate: sul Daily Worker hanno scritto “Gone With the Wind offered up a motley collection of flat black characters that insulted the black audience. Hattie McDaniel’s Mammy was especially loathsome in her love for a family, the O’Haras, “that has helped to keep her people enchained for centuries”, il Chicago Defender definì la pellicola come “weapon of terror against black America”. Non mancarono, qua e là, i picchetti di protesta: “Gone With the Wind glorifies slavery” e  “Negroes were never docile slaves” gli slogan. La fila al botteghino aumentava. Le polemiche persistono ancora oggi (uguali a quelle di ieri).

Via col vento è un’opera razzista? È un’opera figlia del suo tempo? Cosa è “scusabile” e cosa no? La mitologia di Via col vento rappresenta gli schiavi neri come allegri e solari, fedeli ai loro padroni e grati della bellezza del Sud. Quello che restituisce insomma è un ritratto disonesto della schiavitù. Il film ignora la brutalità della schiavitù e della Guerra civile, tutto funge da sfondo alla favola sulla cocciutaggine della gente del Sud (chi più testardo di Rossella?) fedele fino alla fine a un ideale infranto.

Dovremmo essere in grado di capirlo da soli, è quella che si chiama comprensione del testo. I livelli di lettura sono diversi. Un disclaimer che male può fare? A un prodotto culturale, in sé, nessuno. Il sospetto è invece che il pubblico sarà sempre più pigro. Se servirà specificare che nessun dinosauro è stato maltratto per la realizzazione di Jurassic Park lo specificheremo. Resta il dubbio che se avessimo aperto un libro a tempo debito non saremmo arrivati a questo punto.

Via col Vento

>> Appendice: uno scritto di Pedro Almodóvar su Via col vento

Quelli che pensano che La legge del desiderio sia un film autobiografico si sbagliano. Il film che parla molto di me era già stato fatto molto prima che io girassi La legge. Quel film si chiama Via col vento. Il personaggio che mi rappresenta non è Mamie, come diranno i malintenzionati, bensì Rossella, un carattere capace di cavar sangue da una rapa. Se lo si osserva con attenzione […] risulta facile scoprire in Rossella un personaggio maschile, interpretato da una donna.
Il primo a dubitare della femminilità della compagna è Rhett Butler. Arriva persino a dirglielo in qualche occasione. E vero che i loro corpi sono sufficientemente diversi da non creare sospetti, ma nell’essenziale, lo dice anche Rhett, loro due sono identici. Ugualmente cinici, egoisti, immorali, scettici e ugualmente appassionati nel difendere l’unica cosa per loro autentica: le proprie vite.
[…] Quando uscì, io vivevo nell’Estremadura, a Cáceres, e per gli abitanti di quella regione si trattava semplicemente di un di un film lungo e lento, dicevano: Via col vento è per il culo un tormento. Allora non andai a vederlo. Lo vidi ormai adolescente, ma sotto la nefasta influenza di un compagno che mi convinse che era un film reazionario; a suo parere, non si poteva glorificare il Sud nella sua lotta contro Lincoln.
Anni dopo, a Madrid, con alcune idee sulla vita e i film molto più chiare, ho potuto finalmente scoprire che mi trovavo davanti a un autentico monumento cinematografico. Mi vergogno della mia prima reazione, ma un adolescente è spesso una persona ridicola.
[…] a me continua soprattutto a colpire Rossella O’Hara-Vivien Leigh. Se non fosse nata ad Atlanta, Rossella sarebbe stata una perfetta donna della Mancia. Un simile rapporto con la terra l’ho riscontrato solo nei miei compaesani. La terra e non il debole Leslie Howard è il principale antagonista di Clark Gable. Rhett Butler avrebbe sofferto altrettanto se si fosse innamorato di una zappaterra della Mancia. Un film molto coraggioso, e assai poco convenzionale. È davvero rischioso sperare che il pubblico si identifichi con protagonisti basilarmente negativi, che non esitano a dirlo e che vivono una storia d’amore per nulla confacente ai gusti dell’epoca. Una grande qualità di Via col vento è la sua durezza. Gli autori del copione non esitano a spezzarci il cuore scrivendo una fine in cui Rhett lascia sola Rossella, piantata sullo scalone. Ecco, non sola. Sotto i suoi piedi palpita Tara.
[…] Rossella non è una donna, ma uno zappa terra o, meglio ancora, un simbolo. E nessuno dovrebbe sposare un simbolo, nemmeno Clark Gable”.

Pedro Almodóvar
Patty Diphusa e altre storie
pp. VIII – 164
ISBN 9788806170424
Ibs.it

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