Tra le numerose attività di questa Fase due che hanno potuto finalmente riaprire al pubblico ci sono anche i musei. Non tutti hanno potuto e/o voluto farlo dal primo giorno di via libera (lo scorso 18 maggio): le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la grande sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Lorenza Baroncelli, direttrice artistica della Triennale di Milano.
– Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
Abbiamo riaperto il Museo del Design Italiano di Triennale Milano il 4 giugno, ma senza grandi aspettative rispetto alla risposta del pubblico. I feedback che avevamo dagli altri musei milanesi e italiani non erano molto positivi. Devo dire che inaspettatamente il primo week-end e i primi giorni di apertura sono andati benissimo. È stato abbastanza sorprendente. Dal 15 giugno abbiamo dato il via a Triennale Estate, una vera e propria programmazione estiva che si svolgerà nel giardino di Triennale in cinque aree dedicate. Noi abbiamo la fortuna di avere questo spazio all’aperto e abbiamo deciso di sfruttarlo il più possibile per ospitare un’ampia e diversificata serie di eventi, incontri, spettacoli e proiezioni. Quindi ci aspettiamo, sempre che il tempo meteorologico ci aiuti, un’importante affluenza di pubblico.
– Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
Il primo aspetto che ti tengo a sottolineare è che il Museo del Design Italiano è ad accesso gratuito. Ovviamente noi possiamo accogliere i visitatori solo rispettando i protocolli che sono piuttosto rigidi. Dobbiamo quindi controllare la temperatura prima dell’accesso e monitorare i flussi con molta attenzione facendo accedere ai nostri spazi un numero contingentato di persone. Gli eventi di Triennale Estate sono in larga parte gratuiti a eccezione degli spettacoli cinematografici ma comunque è obbligatoria la prenotazione per poter partecipare. Abbiamo costruito un palinsesto giornaliero su due fasce orarie. La prima attorno alle 18.00, in cui ci saranno prevalentemente talk, la seconda fascia, che va dalle 21.00 in poi, ospiterà prevalentemente proiezioni e concerti. Questa programmazione durerà fino a fine settembre, poi da ottobre torneranno le mostre. Sicuramente ci sarà la mostra di Enzo Mari curata da Hans Ulrich Obrist di cui abbiamo già ripensato l’allestimento “includendo” il distanziamento sociale.
– Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?
In vista della riapertura, constata l’impossibilità di continuare la programmazione originale, abbiamo volutamente rimodulato le nostre attività anche con l’obiettivo di ampliare il pubblico abituale che solitamente viene in Triennale, che è già piuttosto ampio e diversificato. Con Triennale Estate abbiamo perciò costruito un palinsesto molto eterogeneo. Questa idea di ampliamento e diversificazione era già in cantiere da quando siamo arrivati alla direzione della Triennale con Stefano Boeri come Presidente. Vogliamo coprire un ampio spettro di interessi cercando di attirare in particolare il pubblico più giovane. Quello che abbiamo pensato per questa Triennale Estate è quindi il frutto delle idee che avevamo già intenzioni di sviluppare e che questo periodo di difficoltà ci ha spinti ad accelerare e a mettere in campo fin da subito. Avremo talk ed eventi che vedono coinvolti professionisti dell’Urban Center che rifletteranno sull’idea di città nel futuro ma anche Zelig, Radio Raheem e alcuni appuntamenti di FOG il festival di teatro diretto da Umberto Angelini, oltre a una programmazione cinematografica realizzata in collaborazione con l’Anteo. Crediamo che l’aspetto più importante sia far vivere la bellezza alle persone. Tutto questo per noi rappresenta uno sforzo economico piuttosto importante ma ci è sembrato doveroso metterci in gioco. Immaginiamo che molti milanesi e molti cittadini abbiano già dovuto attingere dalle proprie ferie, quest’estate probabilmente si viaggerà molto poco e l’offerta culturale che abbiamo costruito è pensata proprio per questo contesto. L’altro aspetto per noi importante è stata la possibilità di coinvolgere molte altre realtà milanesi, stiamo cercando di diventare la casa di tutti.
– L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
La digitalizzazione delle istituzioni culturali era un’operazione già in corso d’opera prima di questo blocco forzato. Penso alla digitalizzazione degli archivi e alla fruizione digitale del proprio patrimonio. Il Covid-19 ha accelerato dei processi che per quanto ci riguarda già erano in atto. Il modo in cui noi abbiamo cercato di lavorare a partire dall’esperienza di Triennale Decameron e con Radio Raheem aveva alla base la volontà di non sostituire l’esperienza digitale a quella fisica ma di creare qualcosa di appositamente pensato per l’online. Abbiamo cercato di sperimentare. Triennale Decameron è stato uno strumento per raccontare in presa diretta quello che stava accadendo e le trasmissioni di Radio Raheem si sono sostituite alle nostre aperture quotidiane, proponendo un palinsesto di otto ore ogni giorno, trasformandosi quasi in Radio Triennale. Abbiamo anche svolto un impegnativo lavoro sul nostro sito, abbiamo aggiunto una sezione “Scopri” dedicato ad approfondimenti a cura del team curatoriale di Triennale. Io credo che la dimensione digitale, aveva, ha avuto e lo avrà sempre di più un’importanza strategica ma sarà effettivamente qualcosa di funzionale solo se sarà pensata appositamente per essere fruita online senza sovrapporsi a quella che è la dimensione fisica di cui non possiamo fare a meno, da cui non possiamo prescindere.
-Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Lei ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori? Dal suo punto di vista, di cosa ci sarebbe bisogno?
Sicuramente il mondo dello spettacolo è più organizzato rispetto a quello dell’arte. Questo è il nodo di fondo. In entrambi i casi tuttavia la necessità è prettamente economica. Tutte le istituzioni culturali stanno vivendo un momento molto delicato e quello che pesa e peserà di più sono le mancate entrate che hanno provocato dei buchi nei bilanci anche cospicui. Ognuno di noi si sta assumendo tutti i rischi del caso, perché anche riaprire comporta dei rischi. La creatività e tanta, le idee ci sono ma senza un aiuto economico i problemi rimangono e affrontarli non sarà affatto semplice. Esiste una costellazione di lavoratori che ruotano attorno a tutti gli eventi, mostre e spettacoli che noi programmiamo, penso a curatori, tecnici, allestitori, che ovviamente in questo periodo non hanno potuto lavorare. Noi probabilmente torneremo a regime verso aprile 2021, e perciò tutte quelle figure d’appoggio fondamentali per tutte le istituzioni si trovano inevitabilmente in grossa difficoltà. All’estero, penso a Francia e Gran Bretagna, i governi hanno messo a disposizione delle risorse per sostenere i lavorati dell’arte e dello spettacolo. È auspicabile che qualcosa del genere si faccia anche in Italia. A questo proposito ci sarà una parte di Triennale Estate intitolata L’anno senza primavera, a cura Gianluigi Ricuperati, che parlerà di tutti i libri, eventi, progetti, spettacoli, mostre che non sono state realizzate e che forse non vedranno mai la luce. Noi come istituzione pubblica possiamo supplire solo fin a un certo punto.
Triennale Estate
Un giardino di voci e colori
15 giugno – 30 settembre 2020
Viale Alemagna 6, 20121 – Milano
T +39 02 724341
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www.triennale.org