Dopo undici anni sotto l’ottima direzione di Letizia Ragaglia, il Museion cambia. Un avvicendamento che avviene in momento particolarmente delicato per le istituzioni che si stanno confrontando con una situazione inedita e complicata. Ne abbiamo parlato con il neo direttore Bart van der Heide.
– Inizia il suo mandato in un momento particolarmente complicato. Come si approccia a questa situazione inedita?
Certamente, siamo in un momento fuori dall’ordinario e mai vissuto prima, con molti alti e bassi, anche a livello personale. Abbiamo ancora davanti a noi lo scenario fantascientifico del lockdown, in cui abbiamo sperimentato quanto sia precaria la libertà di movimento rispetto a quella di circolazione delle merci. Abbiamo vissuto in prima persona cosa significhi far fronte all’isolamento sociale e quanto sia importante il ruolo di un ecosistema culturale attivo per la creazione di comunità. Il legame tra i musei e la comunità dovrà quindi diventare più forte e crescere – ciò vale naturalmente anche per Museion
Credo che un museo di arte moderna e contemporanea deve essere un partner attivo e in prima linea all’interno di un simile ecosistema sul territorio.
– Che tipo di impronta vorrà dare al museo sotto la sua direzione? Primi progetti in cantiere?
Non posso ancora svelare i nuovi progetti, che ho iniziato a condividere proprio in questi giorni con il team del museo. In questi anni Museion si è costruito un forte profilo internazionale, che naturalmente voglio rafforzare, ma non solo: intendo valorizzare anche altri aspetti riguardo al suo ruolo e alle sue possibilità, che vanno oltre l’attività espositiva.
In questi anni, Museion ha costruito il suo riconoscimento internazionale anche grazie a mostre personali, guest curator e collezioni ospiti; credo che ora abbia raggiunto un punto naturale della sua “maturità” in cui può entrare direttamente in dialogo con le voci e le posizioni esterne invitate e, al contempo, affermare un’idea ben definita sul proprio ruolo all’interno del territorio.
– Lei ovviamente non ha vissuto in prima persona le chiusura al pubblico del Museion perché in carica solamente dal 1 giugno ma com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
Il pubblico ha aspettato oltre 12 settimane prima della riapertura ufficiale. Ora che le porte sono finalmente riaperte, c’è molta voglia di tornare a visitare Museion – naturalmente nel pieno rispetto della sicurezza sanitaria. L’attesa è stata comunque premiata, perché abbiamo riaperto proponendo ben due nuove mostre, quella dell’artista tedesca Karin Sander e il progetto del gruppo di artisti Butch-ennial alla Casa Atelier. Entrambe includono nuove produzioni: è un risultato incredibile essere riusciti ad allestirle nella situazione in cui si trovava il museo, con il team costretto a lavorare da casa.
– Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
Siamo fortunati, perché gli ampi spazi di Museion permettono di gestire al meglio il flusso delle visite, anche in modo che le persone non debbano utilizzare lo stesso percorso per entrare ed uscire. Certo a causa del lockdown la frequenza da parte di alcuni gruppi di visitatori come i giovani adulti, gli anziani o le persone con disabilità si è ridotta drasticamente. Si tratta di un aumento delle disuguaglianze che riflette la nostra società durante il blocco. Stiamo quindi lavorando intensamente per poter riattivare le nostre offerte di mediazione, nel pieno rispetto delle disposizioni sulla sicurezza, sia per il pubblico che per il nostro personale. Già dal 13 giugno abbiamo ripreso i dialoghi sull’arte: mediatori e mediatrici esperte tornano ad essere presenti nelle sale, a disposizione di chiunque desideri un scambio sulle mostre e sull’arte contemporanea in generale. Ho visitato Museion in incognito durante il mio colloquio di lavoro l’anno scorso e devo dire che sono rimasto molto colpito da questo servizio pubblico. Avendo lavorato al museo Stedelijk di Amsterdam, il primo ad aver introdotto l’audioguida, sapevo che un servizio simile non è assolutamente scontato nei musei.
– Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?
Sappiamo che i viaggi rimarranno difficili in futuro, e questo avrà un forte impatto sul mondo dell’arte contemporanea internazionale che vive di fiere, grandi mostre e biennali. Credo che quanto abbiamo vissuto ispirerà il settore museale a ripensare i propri obiettivi e chi saprà adattarsi al meglio ne uscirà vincitore. Per quanto ci riguarda, intendo rafforzare il ruolo del museo come partner attivo nell’ecosistema culturale della regione, anche riguardo alla capacità del territorio di attrarre cittadine e cittadini qualificati, turismo e innovazione. L’Alto Adige è una regione che unisce vocazione territoriale e globalizzazione. Ciò nonostante, quando si tratta di cultura, in un paesaggio così complesso, le persone sono abituate a guardare al passato. Questo è comprensibile, ma il contributo di Museion al territorio è tenere lo sguardo rivolto al futuro, certo con un atteggiamento di massima collaborazione e inclusione.
– L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato fondamentale, ma è emerso chiaramente che la fruizione fisica di opere, spazi e architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono questi due livelli interagire al meglio, per sfruttare al massimo le specificità del digitale? Nell’esperienza museale nessun singolo formato è a sé stante: l’immaginazione si esprime quando i formati sono interconnessi. Ad esempio, i social media non sono un sistema di trasmissione unidirezionale di informazioni istituzionali, ma diventano produttivi quando sono collegati alla collezione e alla ricerca. Fa tutto parte di un unico “pacchetto” attraverso cui i musei generano e distribuiscono contenuti.
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