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La nuova normalità dei musei. Intervista a Bartolomeo Pietromarchi, MAXXI Roma

MAXXI Roma, MUSEO DEL MAXXI 18 02 2020 ANTEPRIMA E PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA REAL_ITALY INTERVENGONO Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI Nicola Borrelli, Direttore Generale Creatività Contemporanea del MiBACT Bartolomeo Pietromarchi, Direttore MAXXI Arte ©Musacchio, Ianniello & Pasqualini
MAXXI
MAXXI, REAL_ITALY, Leone Contini. Foto Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

Tra le numerose attività di questa Fase due che hanno potuto finalmente riaprire al pubblico ci sono anche i musei. Non tutti hanno potuto e/o voluto farlo dal primo giorno di via libera (lo scorso 18 maggio): le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Bartolomeo Pietromarchi, direttore  del MAXXI Arte.

– Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza. 
Abbiamo deciso di riaprire il museo in modo graduale, iniziando con la mostra Gio Ponti. Amare l’architettura e poi il 2 giugno con il progetto REAL_ITALY. Questa prima fase di ripartenza si conclude il 18 giugno con la presentazione del nuovo allestimento della mostra At Home. Progetti per l’abitare contemporaneo basata su un tema diventato centrale dopo il lockdown: l’abitare e la casa. In queste prime settimane la risposta del pubblico è stata lenta e molto cauta, ce lo aspettavano perché pur avendo adottato tutte le misure di sicurezza è necessario anche del tempo per abituarsi. Stare all’aperto in questo momento è senz’altro un’esigenza generale molto forte, avendo trascorso mesi completamente chiusi in casa, e siamo fortunati perché il museo, insieme al ristorante e alla biblioteca, si affaccia su piazza Alighiero Boetti che è sempre stata un punto di incontro importante per ragazzi e famiglie, non solo del quartiere Flaminio. Per l’estate contiamo di investire molto sui nostri spazi esterni per metterli ancora più a disposizione della collettività.

– Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?     
Non è stato necessario rivedere radicalmente i percorsi di visita perchè il MAXXI ha come sale espositive delle gallerie molto ampie e ariose che rendono il museo una sorta di ‘tempio urbano’ dove è privilegiata la fruizione individuale delle mostre e un movimento continuo del flusso dei visitatori. Questa caratteristica dell’architettura di Zaha Hadid è sicuramente un importante punto di forza in questo momento per dare sicurezza alle persone e quindi un impulso maggiore per tornare al museo. Come sempre anche in questo periodo stiamo offrendo la possibilità di fare delle visite guidate e per mantenere le giuste distanze si privilegiano soprattutto le radio guide.

Bartolomeo Pietromarchi. Foto Giorgio Benni

– Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)? 
Il MAXXI è sempre stato uno spazio molto eterogeneo in cui poter conoscere e approfondire diversi linguaggi della contemporaneità, arte e architettura ma anche fotografia, cinema, musica, letteratura. Inoltre, è nato anche come un progetto per riqualificare un’area della città diventando nel tempo parte della quotidianità di molte persone. Per il futuro puntiamo sul rafforzamento di questi aspetti, ossia diversificazione dell’offerta culturale e concezione del museo come spazio sempre più accessibile per le diverse tipologie di visitatori. Formazione e strumenti didattici è ciò su cui contiamo di investire maggiormente nel futuro. In cantiere abbiamo già dei progetti per le scuole legati alla collezione che soprattutto in questo momento si riconferma uno dei nostri asset più importanti. La collezione rappresenta l’identità del museo e racchiude le sue principali attività – conservazione, acquisizione, ricerca e didattica – che sono rimaste costanti in questi mesi in cui abbiamo continuato a lavorare su un grande riallestimento, con opere di maestri italiani, che inaugureremo il 1 ottobre e sarà visibile per un anno.

– L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
Stiamo ragionando molto su questo tema. Lo spostamento della programmazione dei musei sulle piattaforme digitali è stata una reazione immediata durante il lockdown e ha accelerato incredibilmente un fenomeno già in atto da diversi anni. Il MAXXI era già molto attivo sui social ma durante la chiusura del museo siamo arrivati a numeri davvero importanti come interazione e visualizzazioni. È un momento di grandi sperimentazioni delle istituzioni in questa direzione, non solo in termini di comunicazione ma di veri e proprio progetti che stanno nascendo legati a mostre e nuove produzioni. Gli effetti di questo sviluppo del potenziale degli strumenti digitali sarà sicuramente permanente dopo la fine del distanziamento sociale anche se sono certo che l’online non potrà sostituire l’esperienza fisica del museo. Sicuramente potrà integrarla, sostenerla, prepararla addirittura ma la visione diretta delle opere, l’attività didattica dei laboratori e delle visite restano fondamentali.

MAXXI
MAXXI, ATHOME20.20, Rintala, FilmScreening. Foto Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

– Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Lei ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori? Dal suo punto di vista, di cosa ci sarebbe bisogno?
Questa situazione ha scoperchiato molte fragilità ma ha portato anche a delle risposte abbastanza immediate e collettive che rappresentano un segnale molto positivo. Per le istituzioni una delle questioni principali al momento è il rapporto tra risorse pubbliche e private. Su quest’ultime si è potuto contare molto fino ad oggi, con grande sforzo e poche agevolazioni per chi investe nella cultura, ma una situazione come quella che stiamo vivendo mette ovviamente in standby la possibilità di contare con continuità su sponsor privati. Serve una base economica più stabile per i musei e le risorse pubbliche sono indispensabili non solo per garantire lo svolgimento costante delle attività ma anche per garantire alle istituzioni ricerca, sperimentazione e autonomia nella scelta.
Per chi lavora nella cultura la mancanza di riconoscimento professionale e sostegno è ormai diventata un’emergenza. La questione deve essere portata avanti immaginando nuovi strumenti di supporto come un fondo sociale di riferimento accessibile soprattutto nei momenti di difficoltà. Credo che questo momento sia davvero cruciale per cercare di risolvere mancanze strutturali nel sistema dell’arte, soprattutto italiano. Tornare indietro è impossibile e questo è un bene in fondo, adesso dobbiamo lavorare tutti insieme per creare maggiori certezze.

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