Il ministro: “Penso ci sarà una ragionevole ma inevitabile eliminazione del passaggio delle grandi navi da crociera davanti a Venezia”. Ma il problema resta irrisolto da decenni
Lavoriamo nell’informazione del settore artistico ormai da diversi decenni. E in questo tempo non contiamo neanche più le volte che abbiamo sentito un ministro dei Beni Culturali ammettere che le navi da crociera che sfrecciano dentro il bacino di San Marco a Venezia, uno dei sistemi urbani assieme più belli e fragili del globo, sono un insulto alla civiltà. Da Rutelli a Bondi, da Ornaghi a Bonisoli, fino a Franceschini, che l’ha fatto più e più volte: nessun inquilino del Collegio Romano si è sottratto all’inevitabile peana contro i mostri del mare che sconquassano con la loro mole i delicatissimi equilibri geologici e architettonici della Serenissima.
Ma a tutt’oggi, nulla è cambiato. Il ministro per i beni culturali in carica, Dario Franceschini, è tornato sull’argomento anche in questi giorni, rispondendo in audizione in commissione Istruzione al Senato sulle iniziative di competenza del suo dicastero connesse all’emergenza epidemiologica Covid-19. “Penso ci sarà una ragionevole ma inevitabile eliminazione del passaggio delle grandi navi davanti a Venezia“, ha assicurato. Eppure, da decenni il problema è noto, ma non si riesce a risolverlo. Perché?
La risposta è implicita nelle poche parole che il ministro ha accompagnato alla sua ennesima presa di posizione. “Il settore delle navi da crociera è uno dei più colpiti dall’emergenza Covid. Stiamo affrontando con i Ministeri competenti e gli enti locali il tema del passaggio delle grandi navi davanti a San Marco e alla Giudecca”. Sulla questione si scontrano dunque da una parte forti interessi economici: tanto diretti, delle compagnie che organizzano crociere, quanto indiretti, dell’economia veneziana che teme di perdere, o di veder contratti, gli incassi garantiti dai normalmente ricchi crocieristi. Dall’altra, i contrasti, per non dire conflitti, fra i diversi enti che si trovano coinvolti, Stato, Regione, Comune. Risultato? Gattopardescamente, tutto cambia, perché tutto rimanga com’è.