Le mani di Z di Akab. Dal 26 giugno in libreria l’ultimo lavoro dell’autore di Rubens e Iron Kobra, tra scena Pop e Underground
Le mani di Z è l’ultima opera di Akab (al secolo Gabriele Di Benedetto), uno dei più importanti artisti del fumetto contemporaneo. Akab, morto nel 2019 a soli 43 anni, lascia un’importante eredità alle spalle, una lunga esperienza nel campo della pittura, del fumetto e del cinema; nel corso della sua carriera ha collaborato con le maggiori case editrici italiane ed estere – dalla Marvel alla Sergio Bonelli, dalla Dark Horse alla DC Comics.
Nel 2017 ha fondato Progetto Stigma, un collettivo di fumettisti autogestiti, con l’obiettivo di restituire agli autori il totale controllo sul loro lavoro. Proprio per Progetto Stigma, in collaborazione con Eris edizioni, esce il suo ultimo libro (in libreria dal 26 giugno), un vero e proprio testamento artistico. Il suo è un percorso artistico unico, fatto di contaminazioni ed esperienze tra loro distanti ma sempre coerenti, che ha lasciato un segno indelebile nel panorama del fumetto italiano.
Le Mani di Z è un graphic novel dal cuore oscuro, la sua opera più importante, più meditata, più tribolata; un lavoro a cui ha dedicato quasi dieci anni. Protagonista della storia è Z, un uomo con un ritardo mentale che è ossessionato da Zorro. Dell’eroe, Z possiede qualsiasi feticcio – film, libri, gadget – e passa le giornate indossando maschera e mantello nell’attesa di trovare una nuova puntata in tv di Zorro. Z vive sotto le costanti cure della madre che cerca di proteggerlo da sé stesso e dal passato oscuro e tormentato della loro famiglia su cui aleggiano l’ombra del padre fallito e suicida, e la figura folle dello zio.
Ambientato in una metropoli grigia degli anni ’80 assediata dalla presenza asfissiante della cultura Pop italiana, Le Mani di Z parla della delusione collettiva nei confronti della realtà, del consumismo che distoglie l’attenzione dalla ricerca di sé stessi, di quel continuo rifugiarci nelle opere di fantasia, nei prodotti della cultura Pop. Quel pop che Akab, instancabile agitatore del fumetto italiano, ha smontato pezzo dopo pezzo in più di un quarto di secolo di carriera, conservando sempre la sua poetica radicale con cui è riuscito a dominare con successo underground e mainstream.
Il tratto di Akab è duro, le tinte piatte: volti sfigurati, corpi deturpati si muovono tra opprimenti paesaggi dipinti di angosce e disagio. Quello di Akab è un grafismo spregiudicato, le sue vignette sembrano acqueforti modernissime e spietate. In questa sua ultima graphic novel ci accompagna oltre il limite del fantastico, del disagio, dell’amore, lasciandoci una delle opere più profonde e vitali della storia del fumetto contemporaneo.