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Una riflessione sulla funzione e sul valore del Museo. Intervista a Emma Zanella, Maga di Gallarate

Emma Zanella Emma Zanella
Emma Zanella
Emma Zanella

Finalmente due mesi fa, il 18 maggio, hanno potuto finalmente riaprire al pubblico i musei. Le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un totale ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Emma Zanella, direttore del MAGA (Museo d’Arte di Gallarate), fresco vincitore dell’Italian Art Council.

Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.

Le fasi preparatorie per la riapertura non sono state semplici: abbiamo dovuto comprendere la normativa che stava nascendo e si stava sviluppando di giorno in giorno; equilibrare la sicurezza dei visitatori e dei lavoratori con quella delle opere; riprogrammare nel giro di poche settimane le proposte culturali; comunicare nel modo giusto la riapertura cadenzata in tempi e modi più lenti del solito… Il giorno della riapertura ha evidenziato quanto il museo ci era mancato: siamo stati molto soddisfatti di poter accogliere il pubblico che ha risposto molto ben al nostro invito.

Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?

In questi mesi il visitatore entrerà in museo con regole e tempi precisi; questo significa che per il momento il rapporto “fluido” tra pubblico e museo verrà in qualche modo regolamentato e irrigidito.Il pubblico visiterà le mostre e la collezione, ascolterà conferenze o concerti, incontrerà artisti o parteciperà alle proposte educative, in gruppi piccoli e cadenzati nel tempo, per evitare assembramenti e vicinanze. L’organizzazione dunque sarà più complessa e faticosa: presteremo estrema attenzione alle operazioni di igienizzazione nei luoghi più frequentati, quelli di passaggio, le sedute, i servizi igienici, gli ascensori e molti altri luoghi.

La grande scommessa tuttavia riguarderà il rapporto con le scuole, i bambini, i giovani: stiamo progettando nuovi percorsi in presenza e in digitale, nuove opportunità di didattica dell’arte per piccoli gruppi ed anche per le famiglie, preoccupate di dare ai bambini opportunità di crescita culturale in tutta sicurezza.

Stefano Cagol, Flu Power Flu, 2007, tubo al neon, 3 fasi di lampeggio. MA*GA Museum, marzo-settembre 2019
Stefano Cagol, Flu Power Flu, 2007, tubo al neon, 3 fasi di lampeggio. MA*GA Museum, marzo-settembre 2019
Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?

Le modalità di lavoro sono cambiate, tra di noi e con l’esterno; così come sta cambiando il ruolo del museo, non solo per quello che riguarda le esperienze digitali. La crisi mondiale, anche economica, in cui siamo stati gettati renderà sempre più difficile poter organizzare e offrire al pubblico grandi mostre che chiedono grandi investimenti e grandi spostamenti di pubblico. Per questo e per tanti altri motivi i musei dovranno da un lato tornare a fare ricerca e valorizzazione delle opere in collezione, dall’altro ascoltare il territorio su cui agiscono e dunque lavorare sempre di più con le comunità, le scuole, le altre istituzioni, creare quella tenuta sociale e culturale per la quale l’istituzione museale è nata. Da parte nostra abbiamo deciso di riaprire in tempi brevi proprio per offrire al pubblico nuove mostre, un luogo di incontro sicuro, dove vivere esperienze sociali e culturali intense come gli art camp estivi   per i più piccoli o i concerti serali per il pubblico adulto. La primavera prossima inaugureremo il nuovo polo culturale, che unirà MA*GA e Biblioteca Civica per offrire alla città (e non solo) servizi culturali innovativi, proseguire il confronto tra letteratura e arti visive che tanto caratterizza la ricerca storica e critica del MA*GA. Ospiteremo un’importante biblioteca di oltre 80.000 libri, potenzieremo lo spazio per studio e ricerca;

continueremo infine a mettere al centro delle nostre istituzioni gli artisti, ad ascoltare le loro esigenze e i loro bisogni creativi. Gli artisti (tutti) in questi mesi difficili sono stati ben poco tutelati nel loro lavoro, considerato troppo spesso come un atto creativo volontaristico. Perciò credo che gli artisti debbano poter contare sui musei come luoghi di ricerca, crescita, produzione e lavoro.

L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?

Il tempo della pandemia si è rivelato un incubatore per comprendere, una volta per tutte,  che il museo oggi non solo comunica nello spazio digitale, ma esiste anche attraverso di esso, che lo si voglia o no. A questo cambio di passo il MAGA ha risposto potenziando, per quanto possibile, il proprio spazio digitale trasferendo in esso conoscenze, competenze, progetti culturali e superando così, d’un soffio, le ultime resistenze nei confronti del Game. Ci siamo resi conto nella pratica museale che il digitale  è una questione di natura culturale oltre che tecnologica e che in tempi brevi andrà ripensata l’intera capacità del museo di entrare con voce riconoscibile nel mondo digitale non per comunicare ma per agire e aprire uno spazio sociale e cognitivo e di sperimentazione dei nuovi linguaggi e delle nuove idee.

MA*GA di Gallarate
MA*GA di Gallarate
Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Lei ritiene che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori?

Come ho già detto gli artisti sono stati spesso dimenticati e marginalizzati anche dalle misure di tenuta sociale. Credo  sia determinante sostenere le istituzioni museali (e non solo) per sostenere l’intero comparto dell’arte, soprattutto contemporanea. Da questo punto di vista avremmo bisogno di provvedimenti veloci per permettere alle istituzioni di restare aperte e attive sui territori e soprattutto per avere fondi da destinare alla ricerca degli artisti, alla produzione di nuovi lavori, alla committenza pubblica.

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