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Intervista a Tita Tummillo De Palo e Velia Polito in occasione della quinta edizione di The Next Generation Short Film Festival

Un' immagine del pubblico di The Next Generation 2019 - Courtesy The Next Generation, ph Fabiano Lauciello
Un’ immagine del pubblico di The Next Generation 2019 – Courtesy The Next Generation, ph Fabiano Lauciello

A una generazione giovane, che sperimenti nuove visioni e linguaggi su un futuro “prossimo”, si rivolge The Next Generation Short Film Festival, giunto alla sua quinta edizione. Promosso dalla Fondazione Pasquale Battista e dall’associazione Alice in Cammino e le Arti, in programma a Bari il prossimo autunno, ha indetto un concorso attraverso una open call per cortometraggi, rivolto ad autori e collettivi senza limiti di età, non solo tra le fila della settima arte, ma anche tra quelle degli artisti visivi, con una sezione dedicata “Film d’artista”. C’è tempo fino al 30 settembre per partecipare al concorso. In palio un montepremi totale di cinquemila euro per quattro categorie in gara.

Come un osservatorio sensibile dell’ambiente socioculturale in cui è immerso, il festival ha scelto, per quest’edizione, un tema “indefinito”, che riflette un’epoca di incertezza nel transito sfuggente tra la pandemia e il suo post. Untitled, il tema di ricerca di quest’anno è un invito a spaziare fluidamente nella “scomoda dimensione del dubbio”, come spiegano la direttrice e la co-direttrice artistica, con cui abbiamo dialogato, Tita Tummillo De Palo e Velia Polito.

Lungimiranza e senso della contemporaneità sembrano essere qualità intrinseche alla filosofia di Next Generation. Attenzione per la realtà geografica, storica e architettonica, per le dinamiche di mutazioni sociali e identitarie umane, per scenari possibili prossimi venturi, distopici o no, o per suggestioni di luoghi fisici e della mente. Contenuti e spunti ravvisabili già nei titoli delle vostre precedenti edizioni, come Triggiano. Luoghi, storie e visioni, o (AM)MUT (In) AMENTI, Futuri e Geografie. Untitled, la traccia di quest’anno, sembra soffermarsi sulla diacronicità di uno sfasamento temporale, esercitato in una virtualità in sovraccarico e sfociante in identità sempre più apolidi.

The Next Generation prende forma dal desiderio di costituire un osservatorio annuale sulla produzione cinematografica di “giovani” regist* italian*.

Dalla prima edizione proviamo a stimolare attraverso titoli aperti, indagini visive scomode, calate nel rapporto costante con i territori fisici, virtuali, onirici; progetti in grado di abitare i confini che la contemporaneità lascia indifesi e poco esplorati.

L’opera filmica e visiva deve realizzarsi, a nostro avviso, dai contesti che ci attraversano e superarli. L’edizione 2020 è Untitled, una riflessione cui siamo giunte in tempi non sospetti e che lentamente ha assunto la potenza di un sogno anticipatore.

Abbiamo scelto un titolo/non titolo che fosse per le artiste e gli artisti, parafrasando Umberto Eco in Opera Aperta, una sorta di provocazione ad abbandonarsi al caso, all’indeterminazione, all’ambiguo, al plurale e al disordine; una resa attiva che generi un moto perpetuo e approdi in una libertà d’interpretazione estrema.

Guardiamo a questi giorni come a paesaggi di sabbie mobili in cui bisogna sostare e Untitled, titolo senza perimetro, potrebbe cogliere nicchie di narrazioni inaspettate, riconfigurazioni necessarie, tempi sospesi.

The Next Generation 2019 – Courtesy The Next Generation, ph Fabiano Lauciello

The Next Generation offre spazi espressivi a videomaker emergenti e indipendenti, incoraggiando l’esplorazione, quest’anno, anche delle arti visive. Come siete giunti a questo ampliamento?

L’idea dell’esplorazione dei linguaggi era nello spirito del The Next Generation sin dalle origini e dal piccolo ‘osservatorio’ su Triggiano del primo anno; lentamente si è fatta strada attraverso i diversi temi proposti, che sono sempre stati molto aperti perché servono, nelle nostre intenzioni, ad aprire scenari, non a definirli. Questa apertura riguarda anche i linguaggi espressivi. Nel bando, sin dal 2016, abbiamo spinto i video-maker indipendenti ad usare liberamente tutte le possibili declinazioni del linguaggio video. Per forma mentis, per le diverse formazioni che ci contraddistinguono, con le quali viviamo il cinema e i linguaggi visivi contemporanei, ciascuna a proprio modo, siamo approdate a questo festival con una curiosità soprattutto verso la contaminazione dei linguaggi. Le contaminazioni riescono a generare prospettive nuove, a superare gli steccati che tendono a confinare in modo sempre più netto e codificato i diversi generi (e i relativi contesti di fruizione), quindi a produrre visioni nuove. Quest’anno abbiamo voluto dare un’ulteriore spinta in questa direzione aprendo una sezione dedicata ai linguaggi ibridi e ai film d’arte.

Il vostro festival mette in dialogo diverse realtà che tra loro cooperano e collaborano alla resa del tutto, anche con altri festival. Penso infatti ad Asolo Film Festival con la direzione artistica di Cosimo Terlizzi (regista, fotografo e artista pugliese).

Dalla prima edizione The Next Generation ha chiaramente esercitato una netta vocazione al confronto con altre realtà locali e nazionali; pensiamo al legame con Apulia Film Commission che  sostiene e promuove il festival con sempre rinnovata energia o a quello con l’Accademia del Cinema Ragazzi che ogni anno è ospitata nella programmazione con le produzioni di fine corso. Interessante il confronto continuo con le distribuzioni nazionali e in particolare, nelle edizioni precedenti, con Premiere Film ed Elenfant Film. L’edizione 2020 presenta per la prima volta la sezione film d’artista e questa scelta ha portato con estrema gioia alla cooperazione con l’Asolo Art Film Festival, un’istituzione nell’ambito dei film sull’arte e le biografie d’artista. Cosimo Terlizzi nel 2015 è stato ospite con il documentario L’uomo doppio al Bari International Gender Film Festival diretto da Tita Tummillo De Palo e Miki Gorizia e la relazione di stima nei confronti di quest’artista sensibile e raffinato è continuata nel tempo. Nell’edizione 2019 del The Next Generation è stato invitato a presiedere la giuria e in quest’occasione si è avviato il confronto su una possibile collaborazione tra festival. L’intento che sottende alla partnership con queste e altre realtà è quello della circuitazione delle opere e delle/degli artist*.

Annalisa Zito incontra il pubblico di The Next Generation 2019 – Courtesy The Next Generation, ph Fabiano Lauciello

Dal 2016 il festival è attivo sul territorio pugliese, realizzando un’offerta culturale sui linguaggi indipendenti e contemporanei del visivo. In che modo il contesto “geografico” ha contribuito in questi anni a dare un’identità, se pur aperta, al festival?

Il legame con il territorio è marcato soprattutto dalla Fondazione Pasquale Battista diretta da Annalisa Zito, che è molto attiva in Puglia nel promuovere attività di ricerca in ambito storico, architettonico, scientifico ed economico-sociale e nell’ambito della cultura contemporanea legata alle arti visive, al cinema, alla musica, alle performing arts, alla fotografia, al design, etc. Uno dei primi progetti promossi e finanziati dalla Fondazione è stato il The Next Generation: entrambi nascono nel 2016, infatti. Per questo siamo partiti da Triggiano a cui era legato l’impegno e la sensibilità di Pasquale Battista, storico e Primo Dirigente dello Stato, a cui la Fondazione è dedicata. Ma poi, come si sa, le idee prendono il volo e così il nostro Festival ha voluto lavorare su talenti e prospettive privi di vincoli territoriali stringenti. La Puglia, in ogni caso, è un ricco laboratorio di sperimentazione nell’ambito dei linguaggi visivi e pensiamo soprattutto all’importante lavoro svolto con i più giovani sul territorio dall’Accademia del Cinema dei Ragazzi, orientata alla didattica sperimentale e innovativa in ambito cinematografico.

“Abbiamo bisogno di altri tipi di storie”, dice Donna Haraway davanti alla telecamera, mentre delle meduse entrano in casa sua, in un montaggio surreale. Untitled, il tema di quest’anno, sospinge a lambire territori “altri”, probabili o imprevedibili. Quale, secondo voi, il rapporto tra la “generazione prossima” e il passato?

Grazie per l’incipit della domanda, molto calzante e stimolante! In questo momento storico il pensiero di Donna Haraway risuona cristallino e amplificato, un monito vitale: resistere producendo relazioni e nuove collettività attraverso un processo di riconnessione con quelli che definisce soggetti marginali vale a dire piante, animali, umani e non umani. Abbiamo bisogno di tornare a essere “tentacolari” per abbandonarci a un processo di narrazioni imprevedibili e da qui la possibilità di altri tipi di storie. Questo movimento di destrutturazione è quello che auguriamo a tutt* le e gli artist* che si applicheranno alla call 2020. Untitled è un pretesto per traslare in immagini l’indicibile.

Per intraprendere qualunque percorso con lucidità e consapevolezza, però, dobbiamo sapere esattamente dove ci troviamo e come ci siamo arrivati. Fra futuro e passato c’è un’immagine che ne racconta il nesso meglio di qualunque altra. Ne parlò Walter Benjamin a proposito dell’Angelus Novus di Paul Klee. È un angelo che Benjamin interpreta come angelo della storia, in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha il viso rivolto al passato, vorrebbe trattenersi per ricomporre ciò che è infranto, ciò che si perde, ciò che muore, ma una tempesta spira e si impiglia nelle sue ali e lo trascina verso il futuro, anche se l’angelo non può vederlo perché gli volge le spalle. Noi proveniamo dal passato, possiamo riconoscerci in esso o al contrario disconoscerlo, non conta, il vento in cui veleggiamo deriva da lì, ma la ‘tempesta’ del futuro è irruente, improvvisa, ineluttabile e non ci consente di mettere in ordine consequenziale le cose; spesso ci coglie impreparati non consentendoci di riconoscere un’“unità di senso”. Non ci resta che provare a conoscere il nostro passato, provare a leggere il nostro presente – di entrambi avremo sempre una visione frammentata, discontinua ed evanescente -, ma il futuro resta una forza indomita, senza provare a decifrarla o orientarla possiamo provare a lasciarci andare. È in quest’ottica che ci immaginiamo il rapporto fra la “generazione che verrà” e il suo passato.

The Next Short, premiazione 2019 – Courtesy The Next Generation, ph Fabiano Lauciello

Questo contenuto è stato realizzato da Lara Gigante per Forme Uniche.

https://www.thenextgenerationfilmfestival.it/

https://www.instagram.com/thenextgenerationshort/

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