Tra analogie e suggestioni, un quadro di Peter Paul Rubens ritorna spesso all’interno della narrazione di Dark. Ma di che opera si tratta e qual è il suo significato?
Da poco votata dagli utenti come miglior serie di sempre prodotta da Netflix, Dark è già un cult. Le ragioni sono molteplici e vanno intercettate tanto nella vicenda – che intreccia in maniera complessa ma efficace diverse dimensioni e linee temporali – quanto nella fattura tecnica – in particolare si distingue un’eccezionale colonna sonora. Senza addentrarci nel merito della storia, che si perde in una miriade di sentieri narrativi che sarebbero difficilmente riassumibili anche in un libro, ci limitiamo ad accennare all’atmosfera cupa, angosciante, che si condensa attorno ad ogni personaggio (e sono tanti) e che trasuda dallo schermo fino allo spettatore. Così è veramente difficile liberarsi dagli spettri di Winden, la piccola cittadina della Germania dove si evolvono gli eventi, e come nel loop temporale che attanaglia ogni vicenda narrata la serie ti segue anche oltre il suo epilogo. La sentiamo interrogarci incessantemente, ripresentarci dubbi e quesiti.
Uno di questi, che ci interessa particolarmente, riguarda il quadro che spesso ritorna, soprattutto nella seconda stagione, ogni qualvolta compare Adam. Anche qui, sarebbe lungo e difficile spiegare chi sia e che ruolo abbia nella vicenda, oltre che inutile per chi ha già visto la serie e potenzialmente nocivo per chi non ci si è ancora approcciato. Ci limitiamo allora a entrare nel merito dell’opera, per colmare la curiosità di chi, come noi, si è chiesto che dipinto fosse e chi l’avesse eseguito.
Si tratta de La caduta degli angeli ribelli di Peter Paul Rubens. Un groviglio di corpi nudi si dimenano, si urtano, si sovrappongono, cercano di trovare un proprio posto nella fiumana di carne che scorre dall’alto verso il basso. Sono gli angeli ribelli, sono i dannati, che l’arcangelo Michele – lo si può notare nell’estremità superiore sinistra – sta spingendo negli abissi del peccato grazie all’aiuto di alcuni angeli. L’atmosfera tenebrosa si diffonde come una nube per tutto il monumentale dipinto (286.0 cm × 224.0 cm) e ben si allinea al sinistro mistero che Adam emana. Come l’episodio religioso si leghi alle vicende di Dark non viene chiarito – ma nemmeno accennato – nella serie. Per questa ragione appare complesso azzardare delle interpretazioni, anche se il legame con l’inquietante figura che sembra manovrare l’intera storia è innegabile.
Che Adam si riveda forse in San Michele, l’arcangelo incaricato di cacciare i dannati e portare il bene nel mondo? Spesso, di fatti, si riferisce a se stesso come fosse un salvatore, fattosi carico di redimere il mondo secondo la propria visione. Questa interpretazione è rafforzata dall’origine biblica del racconto, che trova posto nell’ultimo libro del Nuovo Testamento: l’Apocalisse. Questione centrale in Dark, quella della fine del mondo, che segna incessantemente le vicende di tutti i personaggi. L’opera potrebbe configurarsi allora come una sorta di monito, un rimando artistico alla tragedia imminente (e continua) a cui l’universo è destinato a soggiacere. Il dipinto – come l’episodio biblico, come la serie – mette dunque in scena la battaglia finale tra bene e male, tra salvezza e perdizione, tra la fine del mondo e il suo miglioramento. Inoltre, seguendo la sua etimologia greca e successivamente l’esegesi cristiana, il termine apocalisse condensa una serie di significati legati al concetto di rivelazione, di via per la rinascita, per la fine del tempo, per la nascita di un nuovo mondo. Si può intendere, in definitiva, come un messaggio di speranza: anche se il Male sembra prevalere, bisogna avere fiducia nella vittoria finale del Bene. Se questo si verifica anche in Dark, è un piacere che non vogliamo esaurire qui.
Ci sono però altri due elementi curiosi da considerare. Il primo riguarda il nome dell’arcangelo, Michele, che rimanda linearmente a Michael, altro personaggio chiave all’interno della serie. Appare però azzardata, nonostante il chiaro riferimento, qualsiasi soluzione che inserisca la sua figura nell’interpretazione del dipinto. Un secondo elemento riguarda il tragico destino del dipinto, ora conservato all’Alte Pinakothek di Monaco. Il quadro è stato infatti vittima di una atto vandalico nel 1959, quando Walter Menzl, un folle filosofo consumato dalle sue inascoltate idee circa un utopistico mondo privo di conflitti, lo danneggiò con l’acido. Una sorte simile, per mano di un personaggio simile, toccherà anche all’opera presente in Dark, una serie che anche in questo caso non ha mancato, come abbiamo visto, di disseminare dettagli e rimandi, collegamenti e suggestioni in grado di continuare a espanderne il fascino anche oltre la conclusione della storia.