Graphic designer, editore, collezionista d’arte, appassionato bibliofilo, costruttore di labirinti, Franco Maria Ricci se n’è andato il 10 settembre. Per tutta la vita, durata 82 anni, cercò la Bellezza. In tutti i campi. Quello della posta e della filatelia compresi
C’è stato un tempo, al principio degli anni Novanta del secolo scorso, nel quale Poste Italiane segnalarono il rinnovamento in atto con una nuova immagine, dalla quale dopo tanti anni il corno postale si fece da parte così da far posto ad un’ala nella quale era inscritta una lettera. La realizzò Franco Maria Ricci.
“Come grafico- e io sono tale, anche se – ammise – dedico gran parte delle mie energie all’attività editoriale – sono estremamente felice che mi sia stato richiesto di definire il nuovo volto delle Poste, un lavoro complesso di cui il marchio non è che il primo passo anche se il più importante e delicato”. D’altra parte, proseguì, per “un progettista grafico non esiste impegno più difficile, sfida più bella. ‘Un marchio – scriveva qualche anno fa quel grande storico del design che è Gillo Dorfles- è il punto d’incontro fra due idee: l’una pratica e funzionale, l’altra estetica e simbolica. Da un lato un buon marchio dev’essere facilmente e immediatamente identificato: dall’altro dev’essere bello da vedere e se possibile originale, altrimenti non sarà mai accettato da un vasto pubblico, che è il vero scopo della sua esistenza”.
Insomma, “un marchio è un po’ come una scultura: occorre semplificare, eliminare il marmo che non c’entra, far emergere l’indispensabile tutto e subito in forma semplice e istantanea” così da essere “riproducibile nella sua completezza senza l’impiego di colore, che imporrebbe una servitù inaccettabile all’uso quotidiano”.
Scritto nei caratteri inventati da Giovambattista Bodoni, il nostro più grande artista tipografico, il simbolo di Poste Italiane firmato da Franco Maria Ricci approdò al dentello postali- due valori da 750 lire – il 18 novembre 1994, giorno nel quale venne presentato a Palazzo Querini Dubois, a Venezia. All’atto pratico l’emblema si scontrò con l’uso pratico di oggetti piuttosto piccoli, come sono gli annulli. Di qui il pensionamento, nel 2000, quando Poste Italiane erano diventate società per azioni. Qua e là, tuttavia, l’emblema ricciano persiste.
Su come doveva essere un francobollo Franco Maria Ricci aveva idee chiare, “è un sistema – ricordò – di comunicazione sintetica, deve portare un messaggio immediatamente comprensibile”. Come quello realizzato nel 1987 per la celebrazione dei Bronzi di Pergola, rimasto immeritatamente al palo. Inutilizzato. L’artista fece centro l’anno seguente, il 1989, bicentenario della Rivoluzione Francese, con un valore da 3.150 lire dominato da un grande bicorno con coccarda tricolore, e le scritte “Liberté, égalité, fraternité”, firmato “design Franco Maria Ricci”. Un altro francobollo a firma FMR arrivò a novembre dello scorso anno, a ricordo del ventennale della guida enologica “Bibenda”.
Non meno importanti i contributi postali dell’editore Franco Maria Ricci. Su tutti svetta, anche se da un punto di vista bibliografico è meno pregiato, “La bella posta Viaggio attraverso le collezioni del Museo delle Poste di Roma”, inserito nella collana “Quadreria”. Volume raffinatissimo, stampato in 5.000 copie su carta vergata azzurra di Fabriano, su testi di Enzo Diena e Gianni Guadalupi, con un certo numero di illustrazioni applicate alla pagina con alcuni punti di colla, come si faceva quando la stampa a colore era complicata e costosa.
Più ricercato, anche per la ridotta tiratura (2.000 copie) “Palazzi storici delle Poste Italiane”, un intrigante e al tempo stesso affascinante viaggio alla scoperta di un immenso patrimonio artistico per lo più sconosciuto al quale contribuirono architetti come Marcello Piacentini, Angiolo Mazzoni e Mario Ridolfi, ricchi di opere dei maggiori artisti di allora come Benedetta Marinetti, Enrico Prampolini, Gio Ponti e tanti altri che eseguirono affreschi, statue, mosaici, vetrate, arredi”.