Fate in modo che oggi, da parte dei vostri amanti, mi giunga qua un mucchio di regali; perché se oggi non mi giungono provviste per un anno intero, domani farò di voi delle volgari prostitute.
– Plauto, Pseudŏlus, vv. 178.
Nella commedia di Plauto a parlare è Ballione, uno dei tanti lenoni avidi e crudeli che sfruttavano le prostitute e gestivano i postriboli in cui le lupae offrivano i loro servizi. Un termine sopravvissuto fino al Novecento: si pensi all’omonima novella di Verga in cui la Lupa altri non è che una femme fatale carica di erotismo e sensualità.
Nell’antica Roma praticavano la prostituzione sia donne sia uomini, individui liberi e schiavi, di basso o alto rango (il poeta Giovenale nella Satira VI inveisce contro Valeria Messalina: imperatrice di giorno, prostituta di notte). Rispetto a quello che si potrebbe pensare, il meretricio era una pratica usuale, regolamentata e tassata.
Dove trovare i lupanari? Solitamente siti all’incrocio di strade secondarie o in zone suburbane; non erano aperti di giorno, solo di sera. La prostituzione si praticava anche in altri luoghi, non solo nei bordelli, ma in pensioni, taverne, bagni, case private, angiporti e per strada. Inoltre era facile identificare le prostitute, avevano un codice di abbigliamento.
Come si pagavano le prostitute? Con le spintriae? Dubbi, dubbi, ancora dubbi. Il termine spintriae, inizialmente riferito a persone, viene usato per indicare le tanto celebri quanto misteriose tessere erotiche. Al diritto le spintirae presentano diverse scene eterosessuali, mentre al rovescio vi è un numero coronato da I a XVI (il denario, dopo la ritariffazione, equivaleva a 16 assi). Teoria vuole che servissero per entrare nei lupanari e pagare le prestazioni sotto Tiberio: infatti Svetonio afferma che l’imperatore vietò l’accesso in un postribolo a qualunque oggetto, anello o moneta, con l’effige dell’imperatore stesso.
Un mondo diverso dal nostro con una sensibilità differente: probabilmente la ragion d’essere delle spintriae non era legata alle immagini, molte raffigurazioni erotiche compaiono su coperchi, lucerne, pareti di edifici pubblici (vedasi le Terme Suburbane di Pompei); come altri gettoni numerati al rovescio potrebbero essere pedine di un gioco a noi ancora sconosciuto.
Bibliografia
- Jacobelli, Le pitture erotiche delle Terme Suburbane di Pompei, Roma, «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1995.
- Savio, Monete romane, Jouvence, Milano 2014.