Nell’intervista concessa al Corriere della sera per i suoi 60 anni Cattelan si mostra persona seria e pure seriosa, razionale nelle analisi e profonda nelle riflessioni
Lui una volta rischiò l’arresto perché rubò delle opere per esporle come sue. Noi, in pieno stile Maurizio Cattelan, “rubiamo” parti della bellissima intervista che lui concede al Corriere della sera, per celebrare i suoi 60 anni. Ma speriamo di non rischiare l’arresto, visto che dichiariamo la fonte. E varrebbe comunque il rischio, visto che permette di scoprire che si può diventare “maturi” anche a questa età.
Già. Chi si aspetti di leggere trovate sensazionalistiche, risposte evasive o improbabili, garbate prese in giro del lettore, rimarrà deluso. Perché al contrario si troverà davanti una persona seria e pure seriosa, razionale nelle analisi e profonda nelle riflessioni, a volte quasi commossa ed emozionata nel ricordare momenti e sensazioni forti.
Eppure, l’inizio faceva presagire altro: alla richiesta di un suo ricordo da bambino, Cattelan risposte “Sospeso in prima elementare, ho passato il pomeriggio in un parco a cercare di falsificare la firma di mio padre. È il giorno in cui ho capito che l’inganno paga”. Ma poi il botta e risposta diventa godibile, e presenta un personaggio alquanto lontano dallo stereotipo offerto dalle cronache, ultima la vicenda della banana proprio in questi giorni al centro dell’attenzione.
Si sente un genio o un imbroglione mitologico o uno Zorro dell’arte, o che prende per i fondelli critici, direttori di musei, collezionisti? “Voglio pensare che in molti abbiano chiamato provocazioni quelle che per alcuni possono diventare riflessioni. Prenda Him, ad esempio, il mio Hitler. Per ritardi nella produzione, l’ho visto solo già dentro al museo: mi ero ripromesso di distruggerlo se non mi avesse convinto. Quando ho visto le reazioni all’apertura della cassa, ho capito che andava oltre la semplice provocazione e poteva innescare qualche considerazione sulla natura umana. L’arte in fondo serve a questo”.
Perché la morte è così presente nelle sue opere? “Uno dei monumenti più visitati al mondo sono le piramidi, lussuosissime, giganteggianti tombe. Il mistero della morte è forse l’unico su cui l’umanità non ha mai smesso di interrogarsi, e con lei l’arte. Non importa quanto possiamo essere evoluti tecnologicamente, la vita è comandata sempre da due leggi basilari: si nasce e si muore. I temi simbolici, universali, sono sempre gli stessi, cambiano i segni in cui questi simboli si traducono, segni che l’artista individua e espone al pubblico. In questo senso, l’arte può avere l’arduo compito di mostrare quello che tutti hanno paura di esprimere”.
Cos’era per lei il Papa abbattuto da un meteorite? “C’è chi sceglie di passare anni in analisi e chi, come me, decide di esorcizzare i propri demoni in autonomia, o autoanalisi. Qualche volta è doloroso, qualche volta è appagante, è comunque sempre un lavoro su se stessi che dura tutta la vita. Vista da questa prospettiva, forse, La Nona Ora è stata un’uccisione del padre, la più classica delle figure psicoanalitiche”.
Perché le sue case sono vuote, hanno due sedie, massimo un divano? “Perché lotto ogni giorno per essere libero e la libertà dalla schiavitù delle cose è una parte sostanziale di questa ricerca. Spero che, superata la pandemia, la sharing economy continui la sua espansione verso un mondo più sostenibile. È il principio dell’ombrello: non appartiene mai a una persona sola per tutta la vita”.
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