Sulla scottante questione dei rapporti fra arte e lavoro interviene Di Pietrantonio, critico, curatore, saggista, docente all’Accademia di Belle Arti di Brera
Da un episodio, nasce un dibattito. Che spesso – auspicabilmente – si astrae dalla contingenza che l’ha generato. Per diventare momento di analisi e approfondimento su temi di interesse diffuso. È il caso della questione arte-lavoro: aperta – involontariamente, almeno in questi termini – dalla neodirettrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma Cecilia Casorati.
La quale – ne parlavamo annunciando la sua nomina -, nella riunione in cui i candidati presentavano i propri programmi, rispondendo a una professoressa che aveva chiesto opinioni sul ruolo dell’Accademia rispetto alla “formazione di persone che possano essere inserite nel mondo del lavoro”, aveva affermato che “la vera vocazione dell’Accademia è l’arte, che non è propriamente un lavoro”.
Ieri la stessa Casorati ha scritto ad ArtsLife per puntualizzare il suo pensiero, nell’articolo pubblicato qui. Oggi siamo noi a cercare di alimentare l’interessante questione: e lo facciamo ospitando le parole di Giacinto Di Pietrantonio. Critico, curatore, saggista, docente di Storia dell’Arte Contemporanea e Storia e Teoria della Rappresentazione all’Accademia di Belle Arti di Brera. Oltre che una miriade di altre cose, fra cui la direzione della Gamec di Bergamo. Ecco cosa ci ha risposto…
Mi viene chiesto un parere sul dibattito aperto da una frase estrapoltata da un contesto più ampio di Cecilia, nuova Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma. A cui faccio gli auguri per questo importante e difficile compito a cui è destinata per i prossimi anni.
Considerando l’arte come una totalità, non può che essere anche un lavoro. Capisco da dove possano nascere le perplessità: temporalmente parlando, penso da quando l’arte si è affrancata dell’appartenenza all’ambito delle arti meccaniche che voleva dire “artigianato”. La sua progressiva liberalizzazione ed emancipazione ha fatto sì che dal Romanticismo in poi l’arte perdesse apparentemente aderenza nei confronti della società, che non capisce cosa fanno gli artisti, come riescono a sbarcare il lunario, a cosa serve l’arte, eccetera.
Sono convinzioni dure a morire, ancora oggi che gli artisti sono entrati nell’ambito dello star sistem. Dall’altra parte c’è l’idea romantica che l’arte, come spazio della libertà, non possa essere considerata un lavoro, benché nei curricula scriamo sempre: vive e lavora a…, vive e lavora tra…, financo a chiamare molto spesso le opere d’arte lavori.
Inoltre, in molte occupazioni, l’arte oggi è più necessaria che mai, dato che il lavoro stesso è molto cambiato e la creatività ha acquisito una forte centralità. Difatti ai tradizionali indirizzi come pitttura, scultura, decorazione, scenografia, se ne sono aggiunti tanti altri da fotografia, design, moda… Certo molti pensano che questi settori non hanno a che fare con l’arte, dimenticando come nel passato, ma non solo, gli artisti operavano ed operano in più campi espressivi.
L’attuale situazione in cui si è reso necessario il lavoro a distanza ha prodotto ciò che nell’arte si fa da sempre. Vale a dire un lavoro continuo e senza orari. Tuttavia la differenza sta nel fatto che gli artisti, pur lavorando giorno e notte, non si sentono sfruttati, anzi provano piacere perché è marxianamente un lavoro non alienato. Per cui non mi resta che concludere con un: Artisti di tutto il mondo unitevi!
Giacinto Di Pietrantonio
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