Un itinerario alla scoperta delle suggestioni raffaellesche fra Todi, Bettona, Bevagna, Deruta, Foligno, Montefalco. Con sorprese inattese nel verde dell’Umbria
La presenza di Raffaello in Umbria è documentata dal 1498 al 1505 circa. Sette anni dei soli 37 della sua breve ma sfolgorante esistenza, fondamentali – giunse a Perugia quindicenne – per la sua formazione. Sono soltanto due le sue opere oggi presenti nella regione: gli affreschi nella chiesa perugina di San Severo e uno stendardo processionale conservato a Città di Castello. Molti capolavori qui realizzati, dallo Sposalizio della Vergine alla Madonna di Foligno, alla Crocifissione Gavari, sono oggi esposti dai più importanti musei al mondo.
Se dunque della presenza del genio urbinate non restano grandi testimonianze pittoriche, fondamentali furono invece le influenze che Raffaello ebbe su generazioni di artisti umbri. Allievo – o per molti precocissimo collaboratore – del Perugino, con alcuni di questi condivise la bottega dal Maestro, mentre altri li ebbe come seguaci diretti. A tutti trasmettendo le grandi novità da lui innestate sulla maniera peruginesca, dalle dinamiche spaziali al ruolo plastico del colore.
Per rivendicare il ruolo dell’Umbria nel costruirsi dell’identità del grande artista si è mossa la Regione con un comitato scientifico ed un sito web dedicato; e mostre su particolari aspetti si sono inaugurate a Perugia e a Foligno. Ad approfondire e valorizzare questa temperie giunge ora anche uno strutturato itinerario che propone un percorso alla ricerca delle tracce raffaellesche nelle opere di molti di questi artisti operanti nell’Umbria centrale. Da Todi a Bettona, Bevagna, Deruta, Foligno, Montefalco. Conducendo il visitatore alla scoperta di sorprendenti, piccoli e appartati musei, o di affascinanti chiesette immerse nel verde delle campagne.
Suggerendo di puntare l’occhio anche su opere di grandi artisti predecessori, per costruire il contesto trovato da Raffaello al suo arrivo: da Masolino da Panicale a Todi a Benozzo Gozzoli a Montefalco, al Maestro Pietro Vannucci detto Il Perugino, presente a Bettona, ancora a Montefalco, a Foligno. Fino alla curiosità di Deruta, dove il Sanzio impresse il suo stile addirittura su un intero genere creativo, le ceramiche in “stile raffaellesco”.
Un “viaggio” che si arricchisce nella scoperta di artisti spesso ingiustamente trascurati dalla storiografia. E nell’immergersi in dinamiche che legano il loro operare a concatenate affascinanti vicende sociali e politiche o anche dinastiche. A Deruta occorre scorgere l’appartata Chiesa di Sant’Antonio Abate per scoprire l’opera di Giovan Battista Caporali, allievo del Perugino e di Luca Signorelli ma compagno di cavalletto del giovanissimo Raffaello; lo rincontreremo a Montefalco con una più matura “Madonna con la cintola”, nella Chiesa di Sant’Agostino.
Ma la lezione di Raffaello trova tra i suoi migliori interpreti Giovanni di Pietro detto Lo Spagna, come lui allievo del Perugino, e a lui debitore quanto a costruzione spaziale della scena e a realistica eleganza nelle figure: sue importanti opere si trovano a Todi, al Museo Civico – “Incoronazione della Vergine” – e nella Cattedrale (“San Pietro” e “San Paolo”). Cattedrale della Santissima Annunziata dove si incontra un altro importante epigono della filiera Perugino-Raffaello, Giannicola di Paolo.
Allievo dello Spagna, dal quale riuscì a metabolizzare appieno le innovazioni raffaellesche con grande qualità pittorica, fu Dono Doni, molto attivo nei centri toccati dall’itinerario. Una sua splendida “Natività” è visibile nel piccolo ma prezioso Museo della Città di Bettona, una delle più sorprendenti scoperte riservate da questo giro. Oltre a un paio di Perugino di grande qualità, passeggiando fra le sale capita infatti di imbattersi nientemeno che in due bei dipinti di Ribera – lo Spagnoletto – ed in una particolarissima opera di El Greco. Cinque dipinti a olio su tavola con decorazioni in pastiglia dorata. Raffiguranti il Cristo e i quattro evangelisti, elementi di un tabernacolo smembrato solo recentemente attribuiti al grande Domínikos Theotokópoulos.
Dono Doni torna visibile a Bevagna, con una Madonna al Museo Civico e soprattutto con un suadente “Crocifisso adorato da San Francesco” nella Chiesa di San Francesco; Foligno conserva a Palazzo Trinci il “Martirio e gloria di Santa Caterina”, oltre a diversi cicli di affreschi del Doni.
Scorrono le generazioni, resiste l’influenza del Sanzio in Umbria. Allievo di Dono Doni e della sua elegante maniera fu Ascensidonio Spacca, detto Il Fantino di Bevagna per la sua bassa ed esile statura. La sua opera, dove a volte riemergono rigidezze peruginesche, invade la terra natale: fornendo sostanza al vero obbiettivo di questo percorso, quando porta a scoprire chiese isolate nei borghi umbri come la Madonna delle Grazie, la SS. Annunziata o San Lorenzo. Ma questo artista tutto da scoprire, capace di toccare anche pregevoli vette, si incontra anche nel Complesso di San Francesco a Montefalco, a Palazzo Trinci a Foligno, fino alle molte opere presenti al Museo Civico della sua Bevagna.
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