Ha preso il via lo scorso 26 settembre l’undicesima edizione del Festival della Fotografia Etica: un più che valido motivo per una gita fuori porta in quel di Lodi. Tante e varie le proposte sparse per la città (e non solo), dai parchi ai palazzi, alle chiese: eccone tre da non perdere.
Ogni anno Lodi celebra l’autunno con una kermesse che abbraccia l’intera cittadina e attira visitatori da ogni dove: Fotografia Etica, giunta quest’anno alla sua undicesima edizione. L’obiettivo, comprendere la complessità del mondo in cui viviamo mettendo in dubbio ogni opinione o certezza. Numerose le mostre tra spazi outdoor, chiostri e musei, a comporre un affresco fotografico ad opera di alcuni tra i migliori fotoreporter in circolazione. Tra queste, abbiamo selezionato tre proposte da non lasciarsi sfuggire: c’è tempo fino all’ultimo weekend di ottobre.
Ex Chiesa dell’Angelo – Maggie Steber, Story of a face
Una location suggestiva e intima, quella di una chiesetta sconsacrata che invita al silenzio, per una storia che coinvolge e sconvolge chi vi entra. La fotografa documentarista texana Maggie Steber ha seguito per alcuni mesi la vicenda di Katie Stubblefield, una studentessa che a 18 anni si è sparata un colpo di pistola al viso, sopravvivendo contro ogni previsione. La mostra segue, in ordine cronologico, le varie fasi della battaglia di Katie e dei suoi genitori, che accompagnano la figlia in un lungo processo di guarigione. Di fatto, Katie cambia volto tre volte: all’inizio è una ragazza bionda dal viso dolce e dal sorriso impeccabile, poi è sfigurata e deformata dal colpo, infine assume quello di un’altra giovane donna morta prematuramente, attraverso un prodigioso trapianto di volto. Tra ritratti posati e scatti rubati, Steber penetra l’intimità di una donna che fa di una tragedia una possibilità di riscatto, gettando luce sulla forza dirompente di una famiglia unita. E sui miracoli della medicina moderna.
Palazzo Barni – World Report Award
Livello altissimo per i World.Report Award, i premi assegnati da Fotografia Etica attraverso una giuria composta da Sarah Leen, Peter Bitzer, Aldo Mendichi e Alberto Prina. Quest’anno sono stati 568 i fotografi partecipanti al concorso. Nella cornice nobiliare di Palazzo Barni, sotto i soffitti affrescati, si stagliano serie eterogenee nei soggetti e negli sguardi. C’è Nothing Personal – The Back Office of War di Nikita Teryoshin, geniale progetto con cui il fotografo russo ribalta il punto di vista sulla guerra gettando luce sul business mondiale della difesa. Immagini dai colori saturi e dalle prospettive insolite mostrano le fiere delle armi ai quattro angoli del mondo come grandi parchi divertimento per adulti. Teryoshin non si sbilancia del tutto, ma compone una critica inequivocabile agli occhi di chi vuole vederla: ministri, membri della forze armate o semplici visitatori appaiono tagliati, oscurati dagli oggetti di cui si circondano, in un ambiente artificiale che alterna mitragliatrici e finger food. Il paradosso evidente di una società che fa la guerra in nome della pace.
Una realtà del tutto diversa ma pur sempre nell’ombra quella indagata da Rosa Mariniello. La fotografa napoletana ha girato il mondo per conoscere e ritrarre le persone che soffrono di vitiligine, una condizione cronica caratterizzata da macchie depigmentate della pelle causate dalla perdita di melanociti. Lo scopo, portare l’attenzione su una malattia a cui non esiste una cura e per la quale si fa ancora poco, trascurando le conseguenza psicologiche della stigmatizzazione sui soggetti che ne sono affetti. Dalla Cina a Cuba, questa serie di ritratti posati dai tratti essenziali cattura uomini e donne di tutte le età, che nell’atto di raccontarsi e mostrarsi senza filtri recuperano la propria dignità. Il progetto solleva domande sulle questioni dell’identità e della bellezza: chi dice che sia la normalità a dettare cosa è bello e cosa no?
E ancora, Dispossessed di Mary Turner segue le comunità nel nord-est dell’Inghilterra economicamente e socialmente devastate dalla chiusura delle miniere. Un lavoro che parte nel 2016 ed è tutt’ora in corso ci trasporta nella quotidianità di queste cittadine tra il fumo delle sigarette e una pioggerellina sottile che bagna l’asfalto.
Di un bianco e nero potente sono invece gli scatti di Dario De Dominicis della serie To the left of Christ. Il progetto fa luce sulla tragica situazione della baia di Guanabara a Rio de Janeiro, una terra deturpata dallo sviluppo industriale che inquina l’ambiente e mette a dura prova la vita dei pescatori tradizionali. Per sei anni, il fotografo ha documentato l’effetto delle trasformazioni sociali ed economiche su questa comunità, puntando il dito su uno dei numerosi drammi ambientali contemporanei.
Colori tenui e tagli sobri quelli di Ingmar Björn Nolting, che ha documentato il periodo di lockdown in Germania. Dall’incontro tra fidanzati separati sul confine svizzero-tedesco alle messe organizzate nei parcheggi, il fotografo punta l’obiettivo su una moltitudine di piccole storie accadute in un momento storico straordinario.
Infine, ad aggiudicarsi il Single Shot Award, lo scatto di Francesca Mangiatordi che ha fatto il giro del mondo: l’infermiera accasciata sulla scrivania nell’ospedale di Cremona durante i giorni più difficili dell’emergenza Covid-19: un’immagine emblematica della pandemia che ha sconvolto il pianeta.
Banca Centropadana – Premio Voglino a Giorgio Negro
Presso la Banca Centropadana, il progetto trasversale di Giorgio Negro Pathos, avvolto dalla luce naturale che filtra dalle moderne vetrate al centro dell’edificio. La serie combina un insieme eterogeneo di immagini raccolte negli anni e nel mondo dal fotografo torinese, che lavora per il Comitato Internazionale della Croce Rossa seguendo operazioni umanitarie in diverse zone di guerra. Un viaggio in bianco e nero coglie volti e momenti sparsi, ma legati tra loro da un profondo sentimento umano. Tagli scomposti, soggetti sfocati, luci e ombre: Giorgio Negro non ha paura di osare e in questo turbine disordinato è capace di catturare qualcosa che va oltre l’immagine, come un tuffo nelle anime di coloro che hanno incrociato il suo cammino. Porzioni di mondi, di donne e di uomini compongono un caleidoscopio ricco, appunto, di pathos. Sono immagini che suscitano emozioni contrastanti, e che forse per questo trasportano chi le guarda in una dimensione parallela, una dimensione che ha a che fare con la poesia.
Informazioni
Festival della Fotografia Etica
fino al 25 ottobre 2020, a Lodi e Codogno
Tutti i weekend dalle 9,30 alle 20,00
Su prenotazione anche ogni giovedì