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Il Concilio del cadavere: neanche da morto vi è riposo. Uno storico e surreale Processo…

Jean-Paul Laurens, Concilio cadaverico, 1870, Nantes, Musée des Beaux-Arts Jean-Paul Laurens, Concilio cadaverico, 1870, Nantes, Musée des Beaux-Arts
Jean-Paul Laurens, Concilio cadaverico, 1870, Nantes, Musée des Beaux-Arts
Jean-Paul Laurens, Concilio cadaverico, 1870, Nantes, Musée des Beaux-Arts

Molti secoli fa Roma fu teatro di un macabro e surreale processo in cui l’accusato non solo era un papa, ma anche un cadavere. Il verdetto era già stato preso, come può essersi difeso il defunto Papa Formoso?

Prima del pontificato, Formoso ebbe una vita burrascosa, dalle stelle alle stalle: prima vescovo di Porto degno di fiducia e sostegno incaricato di svolgere diverse missioni (tra cui l’evangelizzazione dei Bulgari), poi un fuggitivo scomunicato accusato di aver abbandonato la sua sede e di ordire trame ai danni del papa e dell’imperatore. Non rimise più piede a Roma finché non ricevette il perdono da papa Martino I (e con esso riottenne il vescovato di Porto).

Quando divenne papa fu solo per qualche anno: dall’ottobre del 891 all’aprile del 896. Mentre i vermi banchettavano col corpo di Formoso, che già da diversi mesi giaceva nella Basilica di San Pietro, papa Stefano VI dichiarò illegittimo non solo il suo pontificato, ma ogni sua decisione invalidando così anche l’incoronazione imperiale di Arnolfo, re di Germania, preferito a Lamberto di Spoleto. Questo fu il suo errore: Formoso preferì il partito tedesco e non gli Spoletini.

Chi tirò i fili? Potrebbe essere stata la vendetta di una madre ferita di non veder riconosciuti i diritti del proprio figlio: Agiltrude desiderava davvero così tanto che il figlio Lamberto ereditasse la corona del padre Guido? Forse. In ogni caso la salma fu riesumata, vestita e, una volta issata sulla poltrona, il processo poté avere luogo: al defunto papa Formoso vennero elencati i vari capi d’accusa, ad esempio aver violato la proibizione canonica che vietava a un vescovo di passare da una sede episcopale a un’altra, da Porto a Roma, nonché aver infranto i successivi giuramenti, come il divieto di far ritorno nella città eterna. I morti non parlano, a difenderlo e rispondere alle accuse c’era un diacono, inutile visto che Formoso venne dichiarato colpevole e condannato: gli vennero strappati di dosso i paramenti pontifici, furono amputate le tre dita della mano destra con cui si benedice e infine, dopo altre peripezie, il corpo venne gettato nel Tevere. Il cadavere di Formoso fu salvato da un monaco probabilmente spaventato, inorridito e insieme impietosito.

Formoso dovette aspettare ancora qualche anno sia per tornare nella Basilica di San Pietro sia per far cessare ogni controversia sul suo nome e sul suo operato. Ma chi la fa l’aspetti, papa Stefano VI non terminò felicemente la sua vita: venne deposto, imprigionato e in seguito strangolato.

Bibliografia

  • Frale, I Templari, Bologna, Società editrice il Mulino, 2004

Sitografia

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