Martedì 7 ottobre 2020, Esh Gallery di Milano ha inaugurato la mostra personale dell’artista piacentina Alice Zanin, intitolata Teatime in Chinatown. La galleria, specializzata in arte orientale contemporanea, si trova a due passi dal Mudec, nel cuore del quartiere dei Navigli milanesi. L’esposizione è patrocinata dalla Fondazione Italia Cina e durerà fino al 20 novembre.
Come spiega il proprietario della galleria Riccardo Sorani nel catalogo della mostra, le sculture della Zanin evocano un tempo sospeso. Leggiadri animali pseudo-fantastici fluttuano nello spazio della galleria regalando allo spettatore visioni surrealiste, in cui tempo e spazio sembrano dissolversi. Animali onirici, quasi fantasmagorici, leggeri, dalle zampe e colli finemente allungati, appesi a sottili fili di nylon, sembrano quasi prendere vita nelle teche in plexiglass.
Entrando nella galleria il visitatore vive un safari in una giungla onirica, popolata da rinoceronti, cavalli, cerbiatti, elefanti e ibis dalle delicate tinte pastello. La mostra raccoglie un nucleo di sculture della Zanin ispirate all’antica tecnica giapponese della carta colla, indurita grazie all’utilizzo di resine speciali. Le sculture, rivestite esteriormente di cartapesta, presentano all’interno un leggero scheletro di ferro, visibile attraverso le fessure cave degli occhi. L’orbita cava, che richiama i ritratti spettrali di Soutine, rende visibile il vuoto che è all’interno delle sculture. I corpi degli animali sono infine ricoperti da finissime decorazioni realizzate con mosaici di carta colorata. Le tinte pastello e le superfici lucide delle sculture sono ispirate alla tecnica degli smalti cloisonné delle ceramiche cinesi. Un gruppo di sculture raffiguranti uno stormo di ibis rosso brillante richiama invece pregiate e rare lacche rinvenute in antiche tombe coreane. Le sottili venature e sporgenze dovute alla lavorazione della cartapesta, enfatizzano la forma volutamente distorta degli animali. Come racconta la Zanin, l’allungamento delle proporzioni è frutto un uno studio meticoloso ed è il tratto caratteristico delle sue opere, ispirate alle sculture di Giacometti e alla Secessione Viennese. Le criniere e le rifiniture sono invece realizzate con passamaneria trovata dall’artista in mercatini vintage.
La tecnica utilizzata dall’artista, Papier-Mâché ha origini antichissime. Le prime tracce della lavorazione della carta ci portano in Cina, nel II secolo a.C., dove era utilizzata per creare vasi, scodelle, suppellettili ed elmi. La cartapesta è un materiale ottenuto dalla mescola di pezzi di carta con sostanze collose. L’amalgama risultante viene poi modellato, lavorato e fatto asciugare. Una volta ottenuta una consistenza solida, simile al legno, il Papier-Mâché può essere lavorato: limato, levigato, laccato, dipinto o sottoposto a qualsiasi trattamento necessario per ottenere l’oggetto che si desidera produrre. Come spiega la Zanin, esistono due tipi di cartapesta: Papier-Mâché (carta masticata, pestata) e Papier-Collé (carta incollata). Quest’ultima è la tecnica utilizzata dall’artista e prevede che la carta non sia ridotta in pezzi e pestata, ma sovrapposta in fogli alternati a strati di colla. L’effetto finale è la realizzazione di corpi fluttuanti, di una leggerezza eterea, quasi bidimensionali. “È proprio la leggerezza che mi ha fatto prediligere questa tecnica sulle altre”, spiega la Zanin. Si tratta dunque di una leggerezza non è solo estetica, ma materica, esistenziale.
Autodidatta di formazione, Alice Zanin (Piacenza, 1987) lavora con diversi mezzi espressivi. Dopo aver frequentato l’istituto di stampe grafiche Gazzola, per diversi anni lavora la terracotta bianca, per poi avvicinarsi alla pittura. Sperimentando, scopre la scultura in cartapesta e fil di ferro, che non abbandono mai più. Come racconta l’artista, l’ispirazione alla Cina deriva da una alla visita fondazione Withaker a Palermo, dove rimase folgorata da una scultura monumentale di un elefante della dinastia Ming.
Finalista del premio Arteam Cup 2016, l’artista nel 2017 è stata selezionata da Exibart tra i “222 artisti emergenti su cui investire”.