Nominata tra i sei finalisti dell’Hugo Boss Prize 2020, Nairy Baghramian è un’artista iraniana che vive e lavora a Berlino. Nelle sue sculture, realizzate con materiali diversi, sconvolge i confini tra forza e fragilità, organico e meccanico. Il video del Guggenheim Museum.
“Uscire da qualsiasi tipo di meccanismo statico e congelare nuove pose, ripensando la nostra posizione, mi sembra un aspetto importante per poter guardare alla società del domani”. La pratica di Nairy Baghramian mette in relazione sculture e ambienti, partendo dal desiderio di legare problematiche di ordine formale a una ricerca sulla questione di fondo. Interrogando la scultura tradizionale, l’artista si interessa alle realtà istituzionali, al mondo socio-politico e ai precedenti nella storia dell’arte, dell’architettura, del teatro e della danza.
Quel che colpisce nel suo lavoro è una certa sensualità delle forme, a volte sottolineata da sottili giochi cromatici. Sembrano spesso instabili, cercano un loro punto d’equilibrio assumendo la propria fragilità: l’artista convolge le frontiere tra oggetto e senso, forza e fragilità, organico e meccanico.
Nairy Baghramian (1971, Isfahan, Iran) è tra i sei finalisti dell‘Hugo Boss Prize di quest’anno, il premio assegnato ogni due anni dal Guggenheim Museum che celebra le pratiche più innovative degli artisti contemporanei. A contendersi la vittoria insieme a lei sono Adrián Villar Rojas (Rosario, Argentina, 1980), Kevin Beasley (1985, Lynchburg, VA), Deana Lawson (1979, Rochester, NY), Elias Sime (1968, Addis Ababa, Ethiopia) e Cecilia Vicuña (b. 1948, Santiago, Chile). Il vincitore, che verrà annunciato questo autunno, sarà protagonista di una personale al Solomon R. Guggenheim Museum di New York durante la primavera 2021.