Stucchi, affreschi, sculture, mobili, reperti archeologici, dipinti ed arredi. Ad Abano Terme (PD) il Museo Villa Bassi Rathgeb ospita “Seicento-Novecento da Magnasco a Fontana. Dialogo tra Collezioni” (17 ottobre 2020 – 5 aprile 2021).
La mostra, pone a confronto due Collezioni: quella sotto il nome di Bassi Rathgeb, donata dall’omonimo proprietario al Comune di Abano Terme e la collezione d’arte contemporanea di Giuseppe Merlini. Pur nell’evidente diversità, entrambe le collezioni hanno una formazione comune, dettata dal gusto personale del collezionista e dai rapporti di stima e amicizia intrattenuti con gli artisti.
Una mostra fluttuante nel tempo, tra Seicento e Novecento, che vuole individuare le vicende del grande collezionismo ma anche le correlazioni tra storia e creatività, tra realtà e percezione istintiva, all’interno di un set di pregio. Villa Bassi Rathgeb, ponte tra intellettualismo della città e il paesaggio collinare di Abano Terme, una delle più importanti località termali d’Europa.
La collezione Rathgeb, formata da tre generazioni notabili bergamaschi comprende sculture, reperti archeologici, argenti, mobili, arredi e opere pittoriche del ‘600-‘800 lombardo e bergamasco. Roberto Bassi Rathgeb donò la propria collezione al comune aponense a seguito dell’assidua frequentazione delle celebri terme per le proprie cure. All’interno della raccolta troviamo anche la volontà d’approcciarsi allo studio e riscoperta dei maestri vedutisti lombardi del ‘700.
Dal 2011 inoltre, la collezione prende una svolta significativa, divenendo da mera raccolta a collezione strutturata e attentamente esposta. È così che il corpus di opere viene messo a disposizione del pubblico, che può goderne non solo all’interno del Museo stesso, ma anche presso altre istituzioni grazie alla concessione di prestiti gratuiti.
La villa, di impianto cinquecentesco, rimaneggiata e decorata in più epoche, presenta ampi spazi e notevoli affreschi databili dal ‘600 all’800. Il percorso si snoda attraverso tre sezioni che prendono spunto da tre generi: Ritratto, Natura morta e Paesaggio. Il Ritratto introduce il tema della figura, del soggetto particolare, che nell’arte contemporanea si estende alla figura tout court, soggetta a subire profondi cambiamenti riconducibili alle sperimentazioni più ardite.
Così il ritratto della sorella di Cesare Tallone troverà uno stridente controcanto nella scomposizione di Donna e luna di Renato Birolli (1947) e ne La moglie di Picasso di Enrico Baj (1964). Il ritratto maschile trova nell’imprinting cinquecentesco del Moretto una plastica identità sociale, fierezza di timbro e prestanza che eleva la fedeltà ritrattistica a canone di affermazione sulla ribalta del mondo, requisiti che nel Novecento precipitano nella coscienza dell’uomo “senza qualità”, come i piccoli uomini sperduti in una Piazza d’Italia di de Chirico o nell’uomo baconiano di Ferroni.
La Natura morta permette di sondare i valori compositivi della pittura. Si parte dalla natura morta di strumenti musicali del Baschenis della collezione di Villa Bassi per arrivare alla pittura di Soffici, Severini, Tozzi, Melotti, Guttuso, Magnelli, Pirandello, Dorazio, Romiti, Parmiggiani. Dal vigore sintetico di ascendenza cubista di Severini all’esuberanza coloristica di Guttuso, all’astrattismo geometrico.
Ma è nel Paesaggio che Natura e Pittura trovano la loro estrema sintesi. Partendo da una serie di paesaggi (dal ‘600 all’800), la mostra procede verso una progressiva destrutturazione e mutazione delle forme che coinvolge sia la pasta cromatica che la composizione, che tende a raggelarsi in versione astratta. Da Tosi e de Pisis, passando per Morlotti e Mandelli, Rho e Radice, fino ad arrivare alla tela nuda di Fontana, Bonalumi, Castellani.