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Art di Yasmina Reza: come è difficile comprendersi anche tra chi si vuole bene

Quando si parla di Yasmina Reza si pensa per lo più a quel testo conosciuto al grande pubblico con cui Roman Polanski nel 2011 ha realizzato lo straordinario film Carnage

Ma questa scrittrice e sceneggiatrice iraniana è autrice di un’altra perla “crudele”: Arte, pubblicato da Adelphi nel 2018, ma apparso la prima volta nell’autunno del 1994. Una sceneggiatura che è stata tradotta in più di trenta lingue, vincendo in Francia, paese di adozione della scrittrice iraniana, il prestigioso Premio Molière.

Le pagine di questo copione sono intense, taglienti, spietate e coniugano il ritratto amaro della società fatta di finzioni fintantochè non scoppia qualcosa che manda in frantumi tutto. Un misto portentoso di ironia e consapevolezza sulla complessità dei rapporti umani. Arte è uno psicodramma che mette in evidenza quanto siano difficile dialogo e comunicazione anche fra chi si vuole bene.

Emanuele Conte, attentissimo alla situazione covid, sistema sul palco della Sala Campana del Teatro alla Tosse i tra protagonisti (Marc, Serge e Yvan), ben distanziati da loro, che si confrontano sulla qualità artistica di un quadro completamente bianco che ha comprato uno di loro pagandolo un prezzo salatissimo.

I tre mantengono la loro postazione malgrado la discussione diventi presto un dibattito dai toni accesi sfociando in un violento litigio che non riguarda più l’arte, ma il loro stesso rapporto di amicizia. E così in un crescendo di battute, i tre protagonisti sveleranno personalità e nevrosi, arrivando ad incrinare, forse in modo irreparabile, il loro rapporto.

Se lo spettacolo inizialmente parte un po’ fiacco, via via, nella seconda parte, quando vediamo tutti e tre i protagonisti davanti ad un grosso schermo in cui si riflettono le loro sagome illuminate in tre colori diversi, il ritmo si fa serrato ed avvincente. Graziano Sirressi, Enrico Pittaluga e Luca Mammoli, tre attori del collettivo Generazione Disagio, giocano sempre più pesante. Il loro è un confronto nudo, crudele, senza mezzi termini, che fino alla fine sembra mettere a rischio la loro quindicinale amicizia.

Non esistono più mezze verità, si va giù pesante in nome dell’arte. Ma è proprio il quadro il pomo della discordia? Diremmo proprio di no. Qui l’arte conquista il campo della metafora, una soggettività assoluta, universale, dove non c’è più spazio nè voglia per comunicare. I rapporti di amicizia vengono condannati al massacro senza ritegno. Il bianco diventa una tabula rasa dove riversare ogni bruttura imbrattando tutto quanto era stato costruito in nome dell’amicizia.

Si arriverà anche alle mani e anche in questo l’escamotage di Conte che terrà gli attori lontani fra di loro anche nella lotta sembra perfetto ed ancora più efficace. Di fronte a quella tela bianca nessuno di loro si riconosce più. Ecco perché poi Serge porgerà il pennarello di Yvan a Marc. Solo mettendo un segno all’interno di quel desolante bianco arriverà la catarsi e finalmente si potrà tutti andare a cena insieme.

Marc disegnerà uno sciatore che scende felice da una pista bianca, naturalmente, e i tre saranno finalmente liberi. Peccato che la commedia non finisca qui. La scrittrice ha voluto calcare la mano e l’epilogo non è molto felice con i tre amici che hann bisogno de vari analisti per ricostruire le loro acciaccate vite. Ma qui non ha colpa la regia.

Lo spettacolo prevede una replica il 30 ottobre al Teatro del Ponente – Piazza Odicini 9 – Genova Voltri, ma per la conferma bisogna attendere i nuovi provvedimenti sanitari.

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