Il fotografo messicano Alejandro Prieto (1979) ha catturato in alcuni sorprendenti scatti gli animali selvatici minacciati nel loro habitat dall’innalzamento sistematico del muro di barriera promosso dalla politica di Donald Trump, al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, nel Gran Desierto de Altar. Questo progetto, noto come Border Wall, lo ha portato a vincere diversi premi, tra cui il Fritz Pölking prize del 2020.
Alejandro Prieto, fotografo professionista di fauna selvatica e subacquea, ha iniziato a lavorare a questo progetto un anno e mezzo fa, mosso dall’idea che gli animali selvatici in questa area di confine siano totalmente esclusi. È più facile sentir parlare delle persone, del muro, ma nessuno parla di questi animali, che sono invece fortemente colpiti e danneggiati dalla costruzione di questa enorme parete. Ecco allora che questo progetto vuole dar loro voce e chiarire alle persone che la zona è ricca di una biodiversità che è importante proteggere. Inoltre, Border Wall vuole indurre a riflettere e soprattutto offrire una nuova prospettiva sul significato di confine, quando questo è segnato da un muro insormontabile che ostacola o meglio blocca definitivamente scambi e passaggi, con gravissime conseguenze.
Per scattare le fotografie, Prieto ha posizionato diverse macchine fotografiche lungo il confine, lasciandole fisse per un periodo. Così è riuscito a cogliere le reazioni degli animali trovandosi di fronte una barriera insormontabile. Tra le sue fotografie preferite vi è l’immagine in cui un giaguaro appare riflesso, ingigantito, sul muro: ciò che riflette è il cuore di questo progetto, il vero senso, ovvero che queste specie sono in pericolo di estinzione, e solo alcune di esse rimarranno nel territorio americano. Le infrastrutture di frontiera non solo bloccano il movimento della fauna selvatica, ma distruggono e frammentano gli habitat e la connettività che questi animali utilizzano per spostarsi da un luogo all’altro. Con i suoi stessi occhi, il fotografo ha visto questi animali aggirarsi liberi in piccoli spazi sulle montagne, presto anche questi occupati dal muro e così nuovamente attaccati.
Si tratta di una storia di politica e di potere, portata avanti dall’amministrazione Trump ignorando gli avvertimenti sulla minaccia agli habitat e alle comunità di confine. Prieto sostiene, sulla base della storia, che i muri non fermano le persone, il contrabbando di droga o l’insicurezza. E la cosa più triste che osserva è che le specie animali saranno quelle più colpite, poiché esse di natura hanno bisogno di muoversi da un paese all’altro per ottenere cibo, acqua, per accoppiarsi e per raggiungere condizioni climatiche migliori. Ostacolare questi bisogni primari agli animali, significa vederli morire. E anche questo Prieto ce lo mostra con una panoramica a volo d’uccello, in cui vediamo un coyote morto al confine in Arizona, lungo il muro.
Se fino ad ora gran parte della struttura per gli animali risulta ancora attraversabile, passaggio testimoniato da alcuni scatti di forte impatto visivo, non lo sarà quando si aggiungeranno i nuovi segmenti di muro, costituiti da travi in acciaio larghe 9 metri e poste a soli dieci centimetri di distanza l’una dall’altra. Troppo strette per permettere agli animali di passare. Ad oggi ci sono già più di 650 miglia di infrastrutture lungo il confine tra Messico e Stati Uniti.