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Voci dal Barco. Realtà in conflitto che si attraggono, la tensione nelle opere di Mattia Sinigaglia

Il labirinto dei Quanti, 200x350, olio su tela, 2020
Mattia Sinigaglia, Il labirinto dei Quanti, 200×350, olio su tela, 2020

Dubbi, incertezze, paure. Ma soprattutto network, confronti, legàmi. A seguito del lockdown da Covid 19, l’esigenza di molti artisti emergenti e operatori nel settore artistico era quella di ripartire. Elisa Mossa e il gruppo OTTN hanno creato BAR.co, un progetto di arte contemporanea presso il complesso storico di Urbania (PU). Abbiamo intervistato i 12 artisti protagonisti della residenza artistica, durata circa due settimane.

Mattia Sinigaglia (Castiglione delle Stiviere, 1989)

Guardando le tue opere si ritrovano vari tipi di immagini e forme che spesso rimandano ad un mondo surreale. Come procedi per creare i tuoi quadri? 

Lavoro con la pittura e il disegno. Ho studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia col professor Carlo Di Raco. Ho iniziato a dipingere in Accademia a 20 anni. Dall’atelier F, negli anni, è nato il collettivo Fondazione Malutta.

Solitamente produco molto. Lavoro con le immagini, pertanto per comprenderle ho bisogno di vederle, ecco perché produco tanto e spesso. Di solito inizio dall’aspetto materico, tangibile dell’opera e poi pian piano capisco dove il mio lavoro si sta dirigendo. Il linguaggio pittorico rispecchia il modo in cui il cervello lavora. Noi pensiamo per immagini e con la pittura si cerca di indagarle. Penso che il ruolo del pittore sia anche questo, riconoscere la direzione che il proprio lavoro e le proprie immagini devono prendere.

Mattia Sinigaglia

Anche il tipo di ricerca che ho intrapreso è stata per me fondamentale e lo è tutt’ora. Dagli errori di percorso, a volte tecnici, ho scoperto cose che mi sono tornate utili per altri tipi di lavori; qui la tecnica  diviene interessante perché frutto di consapevolezza.

Nei miei lavori di grandi dimensioni, quando sorgono varie ma precise idee, necessito di fermarmi un attimo in più sui vari punti, mentre i lavori di piccole dimensioni sono una sorta di alfabeto che mi creo e dove a volte penso di essere più libero. Il piccolo formato mi permette con più facilità di cambiare quello che non funziona. Qui sperimento ciò che mi interessa davvero rispetto agli elementi e alle simbologie che uso.

Nelle mie opere c’è spesso una tensione fra due poli, due realtà in conflitto che si attraggono. L’immagine è in uno spazio, ma non è sempre ben definito, non è uno spazio illusorio, non è una prospettiva univoca. L’idea è donare allo spettatore un’atmosfera. Così la figurazione (l’oggetto in sé, il soggetto), a volte è chiara, a volte si disgrega in un spazio metafisico. Questo rapporto definisce il mio lavoro.

Spesso ragiono sul rapporto tra forma e figura: una semplice forma astratta può diventare un soggetto presente, pesante; mentre la figurazione può diventare a volte vaga. Lo scambio dei ruoli mi permette di sondare nuove connessioni.

Mattia Sinigaglia, Annunciazioni, olio su tela, 40×60 cm Cad., 2019

Al Barco Ducale siete stati un gruppo eterogeneo di artisti che provengono da svariate parti d’Italia. Raccontami la tua storia, come sei arrivato a Urbania?

Giorgia Ori (presidente gruppo OTTN) mi ha contattato invitandomi in residenza. Da gennaio ad aprile ero a Milano in residenza presso Viafarini, poi è subentrato il lockdown con i suoi problemi. Nonostante tutto ho deciso di partecipare, anche perché gli artisti invitati in residenza in parte li conoscevo, in parte no, ma apprezzavo il loro lavoro; qualcosa di interessante poteva succedere.

Mattia Sinigaglia, Apparizione di indeterminate menti gemelle, 160x190cm, olio su tela, 2020

Hai passato due settimane in residenza partecipando ai dibattiti e passando il resto del tempo a dipingere. Che cosa hai prodotto durante questo periodo? Che progetti hai in arrivo?

Ho iniziato a dipingere una tela (“Il labirinto dei Quanti”, immagine di copertina). Questo lavoro non lo finirò ora, probabilmente lo porterò a termine a Venezia. A settembre parteciperò ad un workshop di pittura di un mese e mezzo in uno spazio molto grande, rarità sul territorio veneziano. Ecco perché sto lavorando ad un formato 200 x 180 cm. Sto lasciando pochi elementi sulla tela, anche perché questo sarà solo il bozzetto di un lavoro ancora più grande (200 x 350 cm).

Spesso dipingo anche su carta. Questo mi permette di sperimentare con forme e colori. Ora queste prove stanno diventando lavori a sé stanti, sono carte dipinte, tutte dello stesso formato. C’è tanto del mio lavoro su queste carte, tanta ricerca che poi rifluisce nei dipinti.

Mattia Sinigaglia, Programma androgino, 2001, olio su carta, 29x21cm cad.2019-2020

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