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La Biblioteca Vaticana ricorre all’intelligenza artificiale per proteggere al propria collezione

La Biblioteca Vaticana, la cui fondazione risale al 1475, continua ad aggiornarsi. E a proteggersi. La Santa Sede ha infatti adottato una sofisticata tecnologia per proteggere la sua collezione digitale.

Negli ultimi dieci anni, la biblioteca ha digitalizzato la sua intera collezione, composta da più di 80.000 manoscritti. Per lo più di epoca medievale, i tomi più antichi risalgono addirittura al I secolo d.C. e nella loro totalità le pagine di tutti questi volumi si sono trasformate in circa 40 milioni di immagini digitali. Ideata da Papa Niccolò V, la biblioteca custodisce la più antica copia conosciuta della Bibbia, l’Eneide di Virgilio, insieme a scritti e disegni di Michelangelo e Galileo. Crescendo a un ritmo di circa 6.000 volumi all’anno, la collezione vanta circa 1.600.000 volumi a stampa antichi e moderni, 9.000 incunaboli (di essi, 65 in pergamena), 150.000 codici manoscritti e carte di archivio, 300.000 monete e medaglie, 20.000 oggetti di arte, 80.000 manoscritti.

“Nell’era delle fake news, queste raccolte svolgono un ruolo importante nella lotta alla disinformazione e quindi difenderle dagli attacchi è fondamentale”

 

Manlio Miceli, chief information officer della biblioteca

La biblioteca è così ricorsa a Darktrace, azienda fondata da matematici dell’Università di Cambridge, che sfrutta un sistema di intelligenza artificiale (modellato sul sistema immunitario umano) per respingere le minacce. Secondo le stime sono circa 100 al mese gli attacchi informatici sferrati ai danni del Vaticano e stanno aumentando di frequenza.

Tra i pezzi più famosi della Biblioteca c’è il Codex Vaticanus, il più antico manoscritto completo della Bibbia che si conosca, la Bibbia Urbinate, il Trattato sulla falconeria, la Geografia di Tolomeo, l’Iliade bilingue con testo greco e traduzione latina del XV secolo, la Bibbia di Gutenberg, il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, la bolla papale Antiquorum habet fida relatio e la moneta d’oro posta da Carlo Magno sulla tomba di San Pietro nel 781.

Purtroppo per gli appassionati, però, l’accesso alla Biblioteca è consentito unicamente a docenti e ricercatori universitari.

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